sabato 28 giugno 2014

RICUTTARO.

RICUTTARO. Da sempre il lenocinio è stato praticato da piccoli furfantelli e/o camorristi; temporibus illis (fine ‘800) i piccoli furfanti e/o camorristi erano arrestati e spesso finivano sotto processo con minaccia di pena certa; durante tali processi furfanti e camorristi erano difesi da avvocati che (se non appartenenti alla camorra) esigevano congrue parcelle. All’uopo provvedevano i compagni (piccoli furfanti e/o camorristi) dei detenuti che procedevano ad una questua piú o meno vessatoria tra i piccoli commercianti e bottegai che aprivano i loro esercizi o nel rione in cui operavano i furfanti/camorristi finiti sotto processo o anche nelle strade adiacenti il tribunale o le carceri. Tale questua finalizzata fu detta ‘a recoveta (la raccolta); da recoveta a recotta il passo è breve ed ancora di piú lo è da recotta a recuttaro/ricuttaro di modo che con l’espressione fà ‘a recotta (fare la ricotta) non si significò produrre il tipico gustoso latticino ricavato dal latte vaccino o piú opportunamente di pecora, ma si indicò l’azione di coloro che facessero quella vessatoria raccolta rammentata , e giacché poi quei medesimi raccoglitori spesso si dedicavano al lenocinio e sfruttamento della prostituzione, furono indicati con la voce ricuttaro/recuttaro voci che estensivamente furono ed ancora sono in uso nel napoletano per indicare chiunque sfrutti qualcuno in qualsiasi campo. Questo ricuttaro di cui dico è protagonista dell’espressione ‘O scrupolo d’’o ricuttaro. Letteralmente l’espressione di tipo esclamatorio vale:Lo scrupolo del lenone!” Essa viene usata con tono sarcastico a salace commento in talune situazioni, nelle quale soggetti notoriamente insolenti, sfacciati, impudenti, impertinenti, quando non addirittura delinquenti, banditi, furfanti comuni facciano le viste di avere scrupoli o remore nell’affrontare o portare a compimento azioni del tutto normali e piú che lecite laddove quei medesimi soggetti sono adusi normalmente ad azioni illegali espletandole con improntitudine, sfacciataggine, sfrontatezza senza alcun turbamento, incertezza o esitazione, sicchè è lecito pensare che essi pretestuosi scrupoli siano strumentali a fini illeciti o reconditi. Espressione analoga a quella testé esaminata è quella che recita: Aeh! ‘na macchia ‘e grascio ‘nfacci’ô zziro ‘e ll’uoglio! Ad litteram essa è da intendersi: Accidenti, una macchia di grasso sull’orcio dell’olio! ed è usata per sarcasticamente canzonare, burlare o prendersi gioco di chi si adonti per risibili, naturali accadimenti o veniali mancanzi altrui, agendo come chi si dispiacesse di aver riscontrato una macchia di unto sull’orcio dell’olio di sua natura untuoso. scrupulo s.vo m.le [dal lat. scrupŭlus (e anche scrupŭlum, scripŭlum, scriptŭlum), propriam. «piccola pietra, pietruzza», dim. di scrupus «sasso, pietra a punta»] 1 in primis ed in origine Antica misura-base di conto, equivalente a 1,137 grammi (cioè alla ventiquattresima parte di un’oncia), usata per l’oro e per l’argento nei sistemi monetarî etrusco, campano e romano. 2 per traslato come nel caso che ci occupa Incertezza di coscienza, inquietudine morale che porta a considerare come peccato o colpa ciò che tale non è, o a ritenere grave una mancanza anche lieve. -zziro s.vo m.le [dall’arabo zīr.] = Vaso di terracotta, di forma panciuta, per tenere olio o altro, coppo, orcio, doglio. Raffaele Bracale

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