domenica 14 febbraio 2016

MARAMMÉ, MARUMMÉ, SI’ MARUMMÉ e SIÉ MARAMMÉ


 

 

MARAMMÉ, MARUMMÉ, SI’ MARUMMÉ e SIÉ MARAMMÉ

Anche questa volta è stato il  caro amico A. M. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) a  chiedermi via e-mail di chiarirgli  significato e portata delle voci/espressioni partenopee   in epigrafe. L’ò accontentato rapidamente nel modo che segue:

Maramé o piú esattamente marammé è voce/locutiva  femminile  che al maschile è marummé  che son  collaterali del f.le nira me/niscia me  e del  m.le  niru me/nisciu me e valgono tutti  povera/o me,  me misera/o, me tapina/a; etimologicamente marammé e marumme  è l’agglutinazione di (a)mara/u + me con raddoppiamento espressivo della bilabiale (M); si’ marummé e sié marammé (rispettivamente signor povero me  e signora povera me) sono voci locutive usate a dileggio di chi,uomo o donna, volendosi far commiserare quale derelitta/o, si lamenti sempre – anche a sproposito ed ingiustificatamente – della propria condizione. A margine ti rammento che   si’   è l’apocope di si(gnore)si’ e pertanto esige il segno diacritico dell’apostrofo finale;  viene usato per solito davanti ad un sostantivo comune o davanti a nome proprio di persona (ad es.: ‘o si’ prevete= il signor prete, ‘o si’ Giuanne = il signor Giovanni.) L’etimo del lemma signore da cui l’apocope a margine si’ è dal francese seigneur forgiato sul latino seniore(m) comparativo di senex=vecchio,anziano.

 Ricordo che càpita  spesso che   sulla bocca  del popolino, meno conscio  o attento  del/al proprio idioma, (la qual cosa non fa meraviglia)ma – inopinatamente – pure sulle labbra e sulla punta della penna  di taluni  pur grandi e grandissimi autori partenopei accreditati d’essere esperti e/o studiosi della parlata  napoletana  la voce a margine  è resa con la trasformazione del corretto si’ (che è di per sé – come ò sottolineato - è l’apocope di si(gnore) ) con uno scorretto zi’ (zio) apocope appunto di zio che è dal lat. thiu(m)

sié  è usato per indicare la voce signora; per il vero non si tratta   dell’apocope di si(gnora) che se cosí fósse non sarebbe sié ma ancora si’ ed esigerebbe il segno diacritico dell’apostrofo, ma, derivando – come qui di sèguito vediamo -  da altro   gli si preferisce l’accento per evitare che si possa leggere síe piuttosto che correttamente sié. Questa voce  etimologicamente deriva da una voce francese femminilizzata e metatetica di seigneur→seigneuse→ sie-(gneuse). Purtroppo anche per il caso di questo sié càpita   spesso che   sulla bocca  del popolino, meno conscio  o attento  della/alla propria lingua, (la qual cosa non fa meraviglia)ma – inopinatamente – pure sulle labbra e sulla punta della penna  di taluni  pur grandi e grandissimi autori partenopei accreditati d’essere esperti e/o studiosi della parlata napoletana  la voce a margine  è resa con la trasformazione del corretto sié= signora  con uno scorretto

zi’= zia; mi è infatto occorso di lèggerlo recentemente  in una pubblicazione sui proverbi napoletani  (di cui per carità di patria taccio il nome del compilatore)! E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico A.M. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú genericamente  chi dovesse imbattersi in queste  due paginette.Satis est.

 Raffaele Bracale

 

 

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