STRANGULAPRIEVETE
AI QUATTRO FORMAGGI
Ingredienti
e dosi per 6persone
1 kg. Strangulaprievete freschi, per i quali occorrono:
1 kg. Strangulaprievete freschi, per i quali occorrono:
1
kg. piú tre pugni di farina di grano duro,
¾
di litro d’acqua bollente,
due
cucchiaini di sale fino.
2
etti di ricotta di pecora stemperata,
50
gr. di di provolone (del monaco) dolce
grattugiato grossolanamente
50
gr. di formaggio pecorino grattugiato,
50
gr. di provolone (del monaco) piccante
grattugiato grossolanamente,
½
bicchiere d’olio d’oliva e.v.
1
bicchiere e mezzo di latte intero caldo,
1
una tazzina di cognac,
pepe
bianco macinato a fresco q.s.,
alcune
foglie di basilico lavate asciugate e spezzettate a mano,
1
fetta (alta 1 cm.)
di prosciutto cotto di circa 150 gr.
tagliata dapprima in bastoncini di 5 x 1 cm. e poi in dadini di cm. 1 x 1.
PROCEDIMENTO
Cominciamo
preparando gli strangulaprievete nel modo che segue: approntare un capace,
ampio polsonetto ad un solo manico, riempirlo d’acqua (3/4 di litro per un kg.
di farina di grano duro) e portarla ad ebollizione; fuori dal fuoco, ma quando
la temperatura dell’acqua sia ancóra elevata, versare nell’acqua, a pioggia il
chilo di farina ed il sale, rimestare
velocissimamente, indi rovesciare d’un sol colpo su di un tagliere cosparso di
due pugni farina asciutta l’impasto e
cominciarlo a lavorare a mani nude molto velocemente(la cosa sarà favorita dal
fatto che l’impasto risulterà bollente…) fino a che non abbia incorporato tutta
la restante farina e non si sia ottenuto una palla di pasta soda ed elestica
che si farà riposare per circa mezz’ora; indi si lavorerà ancóra un po’ la
pasta ed aggiungendo un pugno di farina si ricaveranno dalla pasta dei
bastoncelli cilindrici dello spessor d’un indice dai quali si taglieranno tanti
cilindretti di circa 2 cm. d’altezza che verranno pigiati con i polpastrelli
dell’indice e del medio ed incavati strusciandoli sul tagliere; alla fine si
disporranno tutti questi strangulaprievete (gnocchi napoletani) distesi, ad
asciugare, su di un canevaccio pulitissimo cosparso con pochissima farina. Dopo
mezz’ora si porta ad ebollizione una pentola d’acqua fredda ed appena l’acqua bolle vi si versano, pochi
per volta, gli strangulaprievete che vanno prelevati dalla pentola con un
mestolo forato appena riaffiorino tornando a galla, e messi in una zuppiera
cald dove verrano tenuti in caldo. A seguire,
Ponete
al fuoco una grossa padella con fondo antiaderente, versatevi l’olio e fatelo
andare a temperatura; prelevate gli strangulaprievete tenuti in caldo e poneteli nell’olio bollente; rimestate
alcuni minuti, poi bagnateli con un
bicchiere di latte caldo ed il cognac, alzate il fuoco lasciando
asciugare il latte ed evaporare il cognac; aumentate il fuoco ed aggiungete il
provolone piccante e continuate a rimestare fino a che il formaggio sia sciolto
e si attacchi a gli strangulaprievete a
e non al fondo della padella, sempre continuando a rimestare aggiungete il provolone
dolce e lasciate che si sciolga
attaccandosi a gli strangulaprievete; abbassate il fuoco ed aggiungete la
ricotta stemperata con mezzo bicchiere di latte caldo e continuate a rimestare
accuratamente, ma delicatamente ;
spegnete i fuochi, rimestate ancora ed aggiungete la dadolata di
prosciutto cotto e le foglie di basilico spezzettate rigorosamente a
mano;spolverizzate con il pecorino grattugiato ed impiattate caldissimo
aggiungendo il pepe bianco macinato a fresco.
- NOTA
1)Non si sa bene a quale regione attribuire la nascita degli strangulaprievete protagonisti di questa ricetta; se la contendono Puglia, Basilicata, Campania e Calabria In realtà questi piccoli gnocchi di farina di grano duro e acqua bollente, sale sono molto semplici, e son molto popolari in tutta l'Italia del Sud e vengono addirittura conditi a volte in modo spartano, solo con olio e aglio e peperoncino soffritti. In Puglia e Calabria spesso usano preparli con la rucola e le olive, in Basilicata con le cime di rapa. In Campania gli strangulaprievete vengono spesso conditi con il mitico ragú, o con il cosiddetto sugo finto (salsa di pomidoro senza carne) e cubetti di mozzarella o provola di bufala; la ricetta a margine non può comunque avere una precisa regione d’origine; nelle cucine regionali meridionali c’è una continua osmosi e/o contaminazione, ma i risultati son sempre ottimi!
1)Non si sa bene a quale regione attribuire la nascita degli strangulaprievete protagonisti di questa ricetta; se la contendono Puglia, Basilicata, Campania e Calabria In realtà questi piccoli gnocchi di farina di grano duro e acqua bollente, sale sono molto semplici, e son molto popolari in tutta l'Italia del Sud e vengono addirittura conditi a volte in modo spartano, solo con olio e aglio e peperoncino soffritti. In Puglia e Calabria spesso usano preparli con la rucola e le olive, in Basilicata con le cime di rapa. In Campania gli strangulaprievete vengono spesso conditi con il mitico ragú, o con il cosiddetto sugo finto (salsa di pomidoro senza carne) e cubetti di mozzarella o provola di bufala; la ricetta a margine non può comunque avere una precisa regione d’origine; nelle cucine regionali meridionali c’è una continua osmosi e/o contaminazione, ma i risultati son sempre ottimi!
2) Con il
sostantivo strangulapriévete, nell’idioma napoletano, si designano degli
gnocchi semplici, fatti in casa con acqua, farina e sale. È vero che sia
nell’uso quotidiano che in certa letteratura deteriore ò trovato pure — per
indicare la medesima pasta — il termine strangulamuónece, ma si tratta
chiaramente di un vocabolo pretestuoso, teso a prendersi gioco dei monaci,
oltre che dei sacerdoti richiamati a torto nel primo lemma. Nella storia della
parola, in realtà, il clero non c’entra affatto, se non per una gustosa omofonia
che vi risuona o, se si vuole prendere per buona una notizia suggestiva del
fantasioso Nicola Vottiero(1780 ca) ,
il quale riferisce che strangulapriévete chiamavano nel Settecento gli gnocchi
i monaci e strangulamuónece a rimbrotto i preti.
Disdicevole
è peraltro che, partendo da strangulapriévete, l’italiano mediatico abbia
tratto fuori uno ‘strozzapreti’ da far venire i brividi all’ascolto o sobbalzar
dalla poltrona. Vuoi vedere che aumme
aumme e tenendomene all’oscuro son
tornati tra di noi i lanzichenecchi?! È ben vero che tra gli studiosi
dell’ idioma napoletano non è mancato, non so se per distrazione o per un
eccesso di laicismo malinteso, chi accredita una semantica da serracollo, come
per esempio fanno il D’Ascoli e il Santella, ma mi sto ancora chiedendo chi sia
stato il primitivo ignorante che, non conoscendo l’etimologia della prima parte
del termine strangula-priévete, à creduto di fare cosa intelligente
(lasciandosi fuorviare dallo strangula d’avvio sostituendolo con ‘strozza’,
(dal verbo strozzare, sinonimo in toscano di ‘strangolare’) e dimostrando,
invece, d’essere un asino integrale.
Cerchiamo
d’esser seri. Il termine strangulapriévete, unico originale vocabolo che possa arrogarsi il diritto di significare gli
gnocchi napoletani, viene da secoli lontani e nasce dalla lingua greca, tanto
da far sospettare che tale preparazione sia d’origine se non greca, certamente
delle zone della Magna Grecia Dall’impasto di acqua, farina e sale si ricavano,
arrotolandoli sul tagliere cosparso di farina asciutta, dei bastoncelli a
sezione cilindrica, spessi un centimetro, che vengono tagliati in piccoli
cilindretti di un paio di centimetri ognuno. I cilindretti vengon poi incavati,
facendoli strusciare sul tagliere e tenendoli premuti contro il medesimo col
polpastrello o dell’indice o del medio. Questa doppia operazione
dell’arrotolamento e della incavatura ci fa comprendere perché il verbo greco
straggalào, con i significati di arrotolare, attorcere, curvare, ed il verbo prepto con quelli di comprimere, incavare,
siano all’origine del termine napoletano strangulaprievete voce con cui designiamo i nostri gnocchi
napoletani. Rammento che tali
strangulaprievete greco-napoletani nella zona dell’avellinese prendono il nome
di trille poi che l’operazione dell’incavatura è fatta contemporaneamente con i
polpastrelli di tre dita: indice, medio ed anulare strusciando i cilindretti di
pasta sul tagliere cosparso di farina, quel tagliere che in napoletano è détto laganaturo e nell’avellinese tumpagno.
Piú
chiaramente dirò che per
il tagliere, i napoletani usano il generico
termine di laganaturo (che
deriva , come il sostantivo femminile lagana = sorta di larga fettuccina di
pasta fresca ed estensivamente anche la intera sfoglia di pasta fresca da cui
si ricavano le lagane o laganelle se piú strette, su cui è forgiato - con il
concorso di un suffisso turo (atto a, per) - dal greco làganon ma che i
napoletani utilizzarono attraverso un neutro latinizzato lagana inteso
femminile; per verità con il termine laganaturo a Napoli si indicò ( ed ecco il motivo per cui l’ò detto:
generico) alternativamente sia il tagliere, che il bastone cilindrico con cui
si spiana la pasta per cavarne le lagane; tale bastone fu ed è quello che in
toscano dovrebbe correttamente dirsi matterello
(diminutivo di
màttero che è da congiungersi al latino matéola= mazza, bastone), ma che
qualcuno e segnatamente chi parla dalla televisione..., si ostina a dire, impropriamente, con voce
romanesca mattarello. Atteso dunque che sia il tagliere
che il matterello sono due strumenti
utili alla produzione delle lagane, poco male che avessero il medesimo nome.
Quanto al tagliere dell’avellinese dirò à il nome di tumpagno ed è, contrariamente al tagliere napoletano che è
rettangolare, di forma circolare, né piú,
né meno cioè che un fondo di botte che
noi, figli di Partenope, usiamo dire appunto ‘o tumpagno (dal greco
tympànion che sta giustappunto per chiusura).
Ma
torniamo a gli strangulaprievete ed annotiamo che
come ò chiarito i
sacerdoti non c’entrano nulla e di conseguenza men che meno i monaci chiamati
in causa da qualche buontempone che non aveva di meglio cui pensare... Quanto
allo stravolgimento di strangulaprievete in strozzapreti non posso che ribadire
l’ignoranza e l’imbecillità di chi à fatto un simile strazio, ed à trovato sedicenti studiosi della lingua
italiana pronti ad accoglierlo nei dizionarî in uso, diventati oramai il
secchio della spazzatura in cui vien recepito di tutto, asinerie e capocchierie
comprese. Si consideri la voce strangolapreti come appare in uno dei piú
diffusi dizionarî: «Gnocchetto duro e compatto, che, essendo di difficile
masticazione, rischia di far morire soffocati». Ben tre stupidaggini infilate
in una sola frase e che rischiano di farci soffocare dal ridere. Una cosa di
cui ci si può solo vergognare.
Vini: secchi e profunati bianchi campani (
Solopaca, Capri, Ischia, Falanghina, Fiano, Greco di Tufo) freddi di frigo
Mangia
Napoli, bbona salute!
Raffaele
Bracale
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