domenica 5 dicembre 2021

ALCUNE PARTICOLARITÀ DELL’IDIOMA NAPOLETANO

 ALCUNE PARTICOLARITÀ DELL’IDIOMA NAPOLETANO

1 = In napoletano    un oggetto di genere femminile viene  inteso di genere maschile se diminuisce  di dimensioni e versa vice un oggetto  di genere maschile diventa femminile se aumenta di dimensioni (cfr. ad es.: cucchiaro (piú piccolo) e cucchiara (piú grande) carretto (piú piccolo) e carretta (piú grande) tina (piú grande) e tino( piú piccolo)etc. ;fanno eccezione caccavo (piú grande) e caccavella ( piú piccola) e tiano (piú grande) e tiana( piú piccolo)).

2 = Le diversità fra lingua italiana ed idioma napoletano sono moltissime.Per esemplificare scelgo, fra gli innumerevoli tipi fonetici, quelli riguardanti i suoni:

A)“ls, ns, rs” riletti e riprodotti  lz, nz, rz” (polsino→pulzino→puzino, insalata→’nzalata, salsoso→sarzuso); a tal proposito rammento che spesso  quando nel napoletano una voce  etimologicamente  nella prima sillaba à la consonante esse, quest’ultima viene  letta zeta determinando talora  una confusione tra voci diverse ed inducendo in errore, come capita ad es. con i sostantivi  signore e signora che (apocopati rispettivamente  in  si’= si(gnore) e sié  = signora (sié è l’apocope ricostruita della voce francese femminilizzata e metatetica di seigneur seigneuse→ sie-(gneuse)= signora; queste apocopi per errore (in luogo di si’ e sié) vengon letti zi’ e zié→zi’ che sono invece l’apocope di zio e zia che sono dal lat. thiu(m)/thia(m) e dunque voci affatto diverse da signore e signora  che son voci sí di rispetto, ma generiche rispetto a zio/zia che indicano un chiaro rapporto parentale  che di norma manca nel rapporto interpersonale dei soggetti indicati come signore o signora; rammento al proposito l’espressione essere ‘o si’ nisciuno che ad litteram è : essere il signor nessuno. Espressione usata nei confronti di chi sia ritenuto un’autentica nullità, un essere di nessuna valenza e/o importanza un autentico signor nessuno.Rammento che  spesso anche tra napoletani di vecchio conio la locuzione in epigrafe suona, per la ragione ricordata  come: essere ‘o zi’ nisciuno  sostituendo la sibilante fricativa dentale sorda S con una piú dura, ma inesatta affricata alveolare sorda...  Z e persino il grandissimo don  Peppino Marotta(Napoli, 5 aprile 1902 – †Napoli, 10 ottobre 1963),si lasciò confondere ed  incolse nell’errore di tradurre l’espressione in maniera errata: essere lo zio nessuno , laddove la parola esatta da usarsi nella locuzione  è, come ò détto :  si’  cosa che comporta la traduzione in signore e non in zio e dunque: essere il signor  nessuno.  In effetti usando lo scorretto zi’ nisciuno ci troveremmo ad avere a che fare con la parola zi’  come già détto, forma apocopata della voce zio(zio)  che è dal lat. thiu(m) e l’espressione in un certo senso si snaturerebbe del suo significato giacché usando zi’ nisciuno (zio nessuno) non si raggiungerebbe l’icastica espressività che è contenuta nell’esatta locuzione che prevede l’uso di si’ nisciuno (signor nessuno) dove si’  - ripeto! -  è la forma apocopata della parola si(gnore).

 

B)le costanti doppie fra vocali “bb”, “gg+e,i”, “zzi” (nobile→nobbile, libro→libbro,cugino→cuggino, vizio→vizzio, estrazione→strazzionaed ogni altra voce terminante in italiano in zione preceduto da vocale (e non da consonante!) , in napoletano comporta il raddoppiamento della zeta e termina cioè in zzione/zziona); preciso che per terminare in zzione/zziona  con la zeta doppia zione/ziona  deve esser preceduto da vocale e non da consonante ad es. azione→ azziona,  ma intenzione→ ‘ntenzione;  ugualmente in napoletano le voci terminanti in gione comportano il raddoppiamento in ggione se l’iniziale gione è preceduto da vocale, mentre mantengono lo scempio gione se questo è preceduto da consonante.

C)lo sviluppo locale di originari nessi consonantici quali “fl, pl, mb,nd” ecc. (sciummo←flume(n), chiano←planu(m), chiummo←plumb(e)u(m), onna←unda(m));

D)le doppie consonanti iniziali anche in forma scritta (’e ssarte, ’o llardo,’o ppane, ‘o ppepe ogge e ddimane);

E)la riduzione di nessi consonantici “str, gr” (canestro→canisto,finestra→ fenesta,

allegria→allería, negro→niro, grosso→gruosso o ruosso );

F)la metafonia, cioè un cambio della vocale tonica influenzata dalla qualità della vocale finale del lemma risultante (sg. ’o pere – pl.’e piere/i, ’o ggiovane ’e ggiuvane/i; m.le ’o russo – f.le ’a róssa, ‘o niro –‘a  nera,

‘o luongo –‘a  longa;

1ª sg. i’ corro – 2ª sg. tu curre, 1ª sg.  i’ vengo –2ª sg.  tu viene) ecc.

 Esamino ora alcuni differenti aspetti sintattici fra le innumerevoli diversità fonetiche tra lingua italiana ed idioma d napoletano e mi soffermo  su cinque differenti aspetti sintattici.

1)Innanzitutto alle coppie italiane “un altro, pur io, nessún altro,  qual è, tal è”(senz’apostrofo: e dunque troncamenti, non elisioni!), corrispondono nel napoletano

n’ato, pur’io, nisciun’ato, qual’ è, tal’è  e ciò per il semplice motivo che in napoletano mancano del tutto le corrispondenti forme tronche: in napoletano non troviamo mai pur facenno (pur facendo)o altro accostamento consonantico: qual fosse,tal saciccio, ma sempre davanti a consonante la forma intera e non tronca pure facenno,quale fosse, talu saciccio  mentre davanti a vocale giustamente si elide: n’ato, pur’io, nisciun’ato, qual’ è, tal’è  

2)cosí in italiano  è erroneo dire “piú meglio” (quest’ultimo avverbio è già un

comparativo), laddove l’idioma napoletano  usa tranquillamente e non per errore, ma per ridondanza espressiva “cchiú mmeglio”;

3)rimarchevole la grafia partenopea  ngigniere = ingegnere ( dove è in evidenza il suffisso “-iere” di elegante  derivazione francese :ier per i nomi indicanti arti o mestieri, suffisso non lecito nel lemma italiano);

4)circa la posizione contestuale, ecco la tipica. puntuale inversione sia nei

superlativi perifrastici tipo “assai bello” (che in napoletano è  bbello assaje”),

sia con aggettivi possessivi (“la mia donna” → ’a fémmena mia),

sia coi pronomi personali in forma enclitica al posto dei possessivi italiani fíglieme, pàtete...(dal latino volgare “filius mihi, pater tibi = figlio a me, padre a te = mio figlio, tuo padre).

g) la zeta , e  la g palatale, come ò già ricordato,   soprattutto nelle parole che in italiano terminano in zione o gione  in napoletano vanno rese, se precedute da vocale in zzione e ggione mentre conservano la zeta o la gi scempia nel caso zione o gione siano precedute da consonante: ad es:attenzione, ma cullabburazzione etc.

Brak

 

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