BABÀ NAPOLETANO
per la pasta
•
• 1
etto di strutto, oppure
150
gr. di uva sultanina ammollata in acqua calda zuccherata,
• sale fino – un cucchiaino da caffè,
8 uova,
2 panetti di lievito di birra.
per bagnare
2 l acqua
600 g zucchero
1 buccia intera di limone non trattato,
rum q.s.
Procedimento
Mettere
nella ciotola girevole dell’ impastatrice la farina, lo zucchero, il burro a
pezzettini o lo strutto, il sale ed il lievito sbriciolato. Avviare le fruste e
miscelare il tutto. Aggiungere le uova ad uno ad uno ( e solo quando il
precedente sia stato assorbito)ed alla fine unire i 150 gr. di uva sultanina
ammollata in acqua calda zuccherata, e portare al termine l’impasto; la pasta
dovrà risultare elastica e rimanere
attaccata alle fruste. Per ottenere ciò è importante la quantità di uova:
evitare di sceglierle troppo grandi; se lo fossero mettere le prime sette, sempre uno alla
volta, ed eventualmente aggiungerne solo metà dell’ultimo. Impastare con le fruste fino a che la pasta
non salga sulle fruste sino a ricoprirne quasi le astine e non risulti gommosa.
Per verificarlo prendere un pizzichino di pasta tra l'indice e il pollice ed
allargare le dita: se risulta elastica e quasi gommosa è pronta. Far crescere
la pasta nella ciotola stessa sino a che non raggiunga il bordo. Trasferire in
un unico stampo con buco centrale imburrato (o in piú stampi piccoli a tronco
di cono) e far crescere di nuovo fino a raggiungere i bordi. Infornare in forno
caldo a
nota
il
babà, come è universalmente conosciuto, è un dolce soffice e cedevole principe (accanto
a sfogliatella e pastiera) della cucina/pasticceria partenopea.
Esso
dolce pur essendo originario della Polonia pervenne a Napoli (divenendo uno dei
dolci piú graditi della pasticceria partenopea) attraverso i cuochi francesi (i
famosissimi monzú) chiamati a Napoli
dalla regina Maria Carolina d’Asburgo (Vienna 1752 -† ivi 1814) (sorella della notissima Maria Antonietta, quella che finí i suoi giorni ghigliottinata con
il consorte Luigi XVI al tempo (1793 - rispettivamente 21/1 il re e 16/10 la
regina) della rivoluzione francese in occasione delle proprie nozze ( 7 aprile
1768) con Ferdinando IV Borbone – Napoli. Il dolce deve il suo nome alla
morbidezza e cedevolezza dell’impasto atto alla malferma dentatura delle
persone anziane;baba in lingua
polacca vale:nonna,donna vecchia; quando
poi il baba polacco, al sèguito del
re Stanislao Leszczinski, ((Leopoli 1677 - †Lunéville 1766) che qualcuno vuole ne sia stato casualmente l’inventore)re di Polonia
dal 1704 al 1735, giunse in Francia dapprima a Luneville e di lí a Parigi alla pasticceria Sthorer, dove tutti lo conobbero ed apprezzarono, esso vide il suo nome pronunciato alla francese con
la a finale accentata babà e tale fu a Napoli (che anzi ne raddoppiò
espressivamente la seconda esplosiva labiale e babà diventò babbà e
preceduto dall’articolo addirittura ‘o
bbabbà); a Napoli, come ò detto, prese
stabile dimora per il tramite dei monzú
francesi (cuochi di corte); ed
anzi fu dolce tanto amato ed apprezzato
da pervenire in talune locuzioni napoletane; Cito,ad es. : Sî ‘nu bbabbà! (Sei un babà)
detto di persona (uomo) d’indole buona e mansueta fino alla prona accondiscenza,
mentre riferito ad una donna Sî ‘nu
bbabbà vale Sei tanto bella e buona (che meriteresti d’esser mangiata, come un babà!).
Esiste poi una espressione partenopea che pur nella sua
ruvidezza è icastica e divertentissima; essa recita:
“Aje voglia ‘e mettere rumma: ‘nu strunzo nun addiventa maje
bbabbà!” che tradotto è:
“Puoi irrorarlo con quanto rhum tu voglia, uno stronzo non diverrà
mai un babà!”
Id est: Per quanto tu tenti di
edulcorarlo, uno stronzo non potrà mai diventare un dolce saporito come un
babà; alla stessa stregua: per quanto lo si cerchi di migliorare uno sciocco
non potrà mai cambiare in meglio la propria natura.
Il babà può essere
indifferentemente accompagnato da liquori dolci (rosolî) o secchi (cognac e/o
brandy)
Mangia Napoli: bbona salute e scialàteve!
Raffaele Bracale
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