lunedì 3 novembre 2008

VARIE 45

varie 45

1 - Frijenno, magnanno.
Letteralmente: friggendo e mangiando. L'uso, tutto napoletano, di mettere in fila due gerundi, senza un apparente modo finito reggente, sta ad indicare che le due azioni debbono essere eseguite quasi contemporaneamente, senza soluzione di continuità, e - nella fattispecie - il cibo (una volta fritto) deve essere súbito consumato, senza indugio, con immediatezza e rapidità. Il cibo, sottinteso nella locuzione, è rappresentato dalle famosissime paste cresciute, dai tittoli, dai fiori di zucca e numerose altre verdure ed ortaggi: cavolfiore, broccoli, zucchine, melanzane intinti in pastella e fritti in olio profondo, nonché da fette di ricotta, uova sode, animelle (che però non sono intinte in pastella, ma passate in uovo battuto, pangrattato e poi fritte)etc. che concorrono a formare quello che erroneamente si dice fritto all'italiana e che sarebbe piú consono dire fritto alla napoletana, giacchè in Napoli fu ideato questo tipo di preparazione culinaria da consumarsi velocemente all'impiedi (serviti su minuscoli foglietti di carta oleata) davanti ai banchi delle friggitorie (antenate delle moderne pizzerie) esercizi dove detto fritto veniva preparato ed offerto seduta stante all'avventore anche frettoloso. Va da sé che l’espressione in epigrafe non si dice solo del fritto napoletano, ma estensivamente di ogni altra azione fatta in maniera rapida, senza soluzione di continuità etc.
frijenno = friggendo voce verbale (gerundio) dell’infinito frijere= friggere, l’operazione di cuocere ad altissime temperature cibi in olio o grassi bollenti; voce etimologicamente di tipo onomatopeico;magnanno= mangiando voce verbale (gerundio) dell’infinito magnà/ magnare che etimologicamente è lettura metatetica del francese manger→magner originata dal latino manducare incrociata con una voce popolare (gnam, gnam) di tipo onomatopeico.






2 - M''o ssento 'e scennere pe dereto a 'e rine.
Letteralmente: me lo sento di colare lungo il filo della schiena. L'espressione viene usata con senso di rammarico se non di timore, quando si voglia comunicare a terzi di avvertire su se stessi la sensazione di un prossimo imminente disastro e/o pericolo incombenti e di non potervi porre riparo.
‘o ssento ‘e scénnere avverto che un quid sta per colare;
sento= sento, avverto; voce verbale (1° pers. sing. ind. pres.) dell’infinito sèntere/sentí= sentire, avvertire, apprendere, attraverso i sensi, alcuni dati dell'esperienza immediata del mondo esterno; avvertire impressioni suscitate da stimoli stimoli interni o esterni e prenderne coscienza:sia in senso reale che figurato; etimologicamente dal lat. sentíre con cambio di coniugazione ed arretramento dell’accento;
‘e = di, de (dal lat. de) part. o preposizione usata segùita da un sostantivo per significare varie relazioni ed in particolare derivazione, appartenenza,possesso o proprietà; segùita da un verbo ne fa quasi l’ oggetto del verbo reggente;
scénnere= scendere, colare, andare verso il basso, calare, digradare in senso reale o figurato; voce verbale infinito etimologicamente è forma ridotta del lat. (de)scèndere con tipica chiusura della sillaba iniziale scè→scé ed assimilazione progressiva nd→nn;
pe dereto= letteralmente: per dietro, di dietro loc. avverbiale di moto per luogo, formata dalla prep. semplice pe (per) ( al proposito rammenterò che in napoletano i monosillabi apocopati soltanto di consonante o consonanti non necessitano di alcun segno diacritico (ad. es. mo da mox, cu da cum etc.)) e dall’avverbio/ prep. impropria di luogo dereto= dietro, alle spalle con etimo dal lat. de ret(r)o con dissimilazione totale
della liquida r;
rine/i letteralmente reni, ma in genere: schiena, lombi, parte laterale posteriore del busto umano sost. masch. plur. metafonetico di ‘o rene ( ‘e rine/i) con etimo dall’acc. lat. ríne(m).

3 – a) Se so''ncuntrate'o sango e'acapa.altrove
b) Se so'scuntrate'o sango e 'a capa.

Letteralmente: si sono uniti il sangue e la testa. altrove si sono scontrati il sangue e la testa
Id est: a) si è verificato l'incontro positivo di due elementi ugualmente necessarî al conseguimento di un quid; ma anche in senso negativo e marcatamente dispregiativo ( sub b) per sottolineare l'incontro di due poco di buono dalla cui unione deriverà certamente danno per molti. La locuzione, in senso positivo, fa riferimento all'incontro liturgico della teca contenente i reperti ematici del sangue di san Gennaro con il busto contenente il cranio del santo; solo dopo detto incontro infatti per solito si verifica il miracolo della liquefazione del sangue.Anticamente il cranio del Santo e le ampolle con il sangue erano conservati in luoghi diversi (oggi si trovano ambedue nelle casseforti della Cappella del Tesoro del Duomo di Napoli) e solo in occasioni particolari erano condotte in due distinte processioni che ad un certo punto finivano per convigliare in un medesimo punto determinando quell’incontro dal quale spessissimo sortiva il miracolo della liquefazione del sangue:
se so’ ‘ncuntrate=si sono incontrati voce verbale (3° pers. plur. pass. prossimo) dell’infinito ‘ncuntrarse rifless. di ‘ncuntrare/’ncuntrà= incontrare, trovare sulla propria strada, davanti a sé, trovarsi, vedersi con qualcuno, imbattersi in qualcuno;nel riflessivo: confluire, unirsi l’etimo è dal tardo latino (i)ncontrare, deriv. di in-contra;
se so’ scuntrate=si sono scontrati voce verbale (3° pers. plur. pass. prossimo) dell’infinito scuntrarse rifless. di scuntrare/scuntrà= scontrare, urtar contro, nel riflessivo: incontrarsi, imbattersi. ma anche entrare in dissidio l’etimo è dal tardo latino (in)-contrare, deriv. di (in)-contra; con sostituzione (s) del prefisso (in);
sango = sangue qui palese metonimia trattandosi come è facile intendere non di sangue, ma delle ampolle che lo contengono; l’etimo della voce napoletana sango è dall’acc. lat. sangue(m) coll. del class. sanguine(m) base del metaplasmo volgare partenopeo sangu(m);
capa= testa, capo e qui sono le ossa del cranio la voce capa à il suo etimo nell’ acc. lat. volg.*capa(m) per il class. caput.

4 - Signore 'e unu cannelotto.
Letteralmente: signore da un solo candelotto. Cosí a Napoli viene appellato chi millanta di avere nobili ascendenti, ed invece risulta essere di nessuna nobiltà. La locuzione risale al tempo in cui l'illuminazione dei palchi del teatro san Carlo, massimo teatro lirico della città partenopea, era assicurata da alcuni candelabri che venivano noleggiati dalla direzione del teatro agli spettatori che ne facessero richiesta. Il prezzo del noleggio variava con il numero dei candelabri richiesti e questo numero, ovviamente, dalle possibilità economiche dello spettatore. Va da sé che minore era il numero di candele, minore era la possibilità economica dimostrata e conseguenzialmente minore il grado di nobiltà; per cui un signore da un candelotto era da ritenersi proprio all'infimo gradino della scala sociale.
signore= signore, uomo in genere ma pure appellativo di riguardo e di cortesia con cui ci si rivolge o ci si riferisce a un uomo e che si premette al cognome, al nome e a eventuali titoli: la voce partenopea signore etimologicamente è dal francese seigneur forgiato sul latino seniore(m) comparativo di senex=vecchio,anziano;
unu/o = uno agg. num. card. , pron. indef. , art. indeterm; come art. ind. si trova nella forma aferizzata ‘nu/’no (che molti usano scrivere, ma – a mio avviso – poco correttamente, senza il segno d’aferesi) con etimo dal lat. unu(m);
cannelotto letteralmente candelotto, candela corta e spessa ma estensivamente candelabro a piú fuochi; etimologicamente la voce cannelotto quale accrescitivo di cannéla (candela) è dal lat. candíla(m), deriv. di candíre 'splendere, ardere'con consueta ass. progress. nd→nn.

5 - Carta vène e ghiucatore s'avanta.
Letteralmente: carta (vincente) viene e giocatore (vittorioso) si vanta. La locuzione prendendo spunto dal giuoco delle carte stigmatizza il comportamento ridicolo e pretestuosamente vacuo e presuntuoso (tipico peraltro di coloro che ànno scarse capacità intellettive) - di chi tenti di farsi merito di successi ottenuti non per propria capacità, intelligenza e valore, ma per mera fortuna che lo abbia condotto al primato, come avviene in taluni giuochi di carte dove basta il possesso di determinate carte (di per sé vincenti) per conquistar la vittoria e conta veramente poco il modo di giocare le predette carte.
carta di per sé genericamente carta,( materiale ottenuto dall'opportuna lavorazione di fibre cellulosiche, che si presenta in forma di fogli sottili e pieghevoli, adatti a vari usi; il foglio stesso così ottenuto) ma nell’espressione in epigrafe carta (da gioco), cartoncino rettangolare per giochi da tavolo, su cui sono impressi semi o figure diverse, e che corrisponde a un determinato punteggio; l’etimo della voce carta è dal lat. charta(m) 'foglio di carta di papiro', dal gr. chàrtís;
vene= viene, si presenta, si appalesa voce verbale (3° pers. sing. ind. pres.) dell’infinito venire/vení = venire, giungere, arrivare etc. con etimo dal lat. venire;
ghiucatore/jucatore= giocatore, chi (talvota addirittura per professione) si dedica al gioco o pratica assiduamente un gioco; sost. masch. derivato dall’acc. tardo lat. jocatore(m) deverbale di jocare con tipica chiusura u

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