1.Taglià ‘o strunzo cu ‘o filo 'e seta
Tagliare lo sterco col filo di seta. Riferito ad una persona noiosa, pedante ed inutilmente precisa che usa metodi raffinati e/o costosi per cose di scarso valore.
2. Aje voglia ‘e mettere rumma: ‘nu strunzo
nun addiventa maje bbabbà
È inutile aggiungere rum, uno stronzo non diverrà mai un babà.
Id est: Per quanto tu tenti di edulcorarlo, uno stronzo non potrà mai diventare un dolce saporito come un babà; alla stessa stregua: per quanto lo si cerchi di migliorare, uno sciocco non potrà mai cambiare in meglio la propria natura;
aje voglia ‘e locuzione verbale, in uso anche nella lingua italiana nella valenza di insistere inutilmente in un tentativo: ài voglia a (o di) strillare, tanto non ti sente nessuno, per quanto tu possa strillare, non ti sentirà nessuno; anche ellittico: ài voglia!: è inutile;
mettere = mettere, porre, aggiungere, disporre collocare dal Lat. mittere 'mandare' e 'porre, mettere';
rumma = rum acquavite ottenuta per lo più dalla distillazione della melassa di canna da zucchero fermentata.la voce inglese rum è derivata da rum- bustious 'chiassoso, violento', con allusione al comportamento degli ubriachi bevitori della suddetta acquavita; la voce napoletana rumma è coniata su quella inglese con una tipica paragoge, ma qui di una a finale (invece della consueta e semimuta) e raddoppiamemento della m etimologica fino a formare la seconda sillaba ma della voce rumma, come altrove tramme←tram,barre←bar etc.
strunzo = stronzo, escremento solido di forma cilindrica e figuratamente persona stupida, odiosa etimologicamente dal longobardo strunz 'sterco';
addiventa =diventa voce verbale (3° pers. sing. ind. pres.) dell’infinito addiventà = divenire, venire a essere, trasformarsi in derivato dal lat. volg. ad+ *deventare, forma rafforzata (vedi prep. ad) di quella intensiva deventare del lat. devenire = divenire; da notare la particolarità che la voce verbale a margine (indicativo presente) è resa in italiano con il futuro, tempo che – quantunque esistente nelle coniugazioni dei verbi napoletani – è pochissimo usato, preferendogli un presente in funzione futura o altrove costruzioni del tipo aggi’ ‘a = devo da;
maje = mai, in nessun tempo, in nessun caso derivato dal latino mag(is)= piú con caduta della g intervocalica sostituita da una j e con paragoge della semimuta finale ;
babbà = babà tipico dolce partenopeo (pare importato a Napoli, sotto il regno di Ferdinando I di Borbone da pasticcieri francesi (chiamati a Napoli da Maria Carolina e richiesti a sua sorella Maria Antonietta)che l’avevano mutuato da dolcieri polacchi) di pasta soffice e lievitata, intrisa di uno sciroppo al rum. La voce è dal fr. baba, che è dal polacco baba '(donna vecchia').
3. Vene meno dint' ê cuseture
Viene meno(id est: cede, si allenta) nelle cuciture. Modo di dire usato per mettere alla berlina chi cura più l’apparire che l’essere; è riferito infatti ad una persona che si presenti apparentemente molto bene ma che dimostri poca consistenza e contenuto (tal, quale un bel
vestito, ma di scarsa qualità che appena indossato corre il rischio di scucirsi).
Cuseture s.vo f.le pl. di cusetura= cucitura, l'insieme dei punti che tengono unite le parti cucite; il luogo stesso dove passa la cucitura; quanto all’etimo è un deverbale di cósere= cucire dal lat volg. *cósere per il class. consuere;
la voce a margine non va confusa con l’omofona ed omografa cuseture s.vo m.le pl. metafonetico di cusetóre = cucitore, colui che cuce; che è per l’etimo anche esso un deverbale del lat volg. *cósere per il class. consuere.
Raffaele Bracale
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