lunedì 2 maggio 2011

SCIÀSCIA – SCIASCÉLLA - ETC.

SCIÀSCIA – SCIASCÉLLA - SCIASCÈLLA – SCIÚSCIO – SCIUSCÈLLA
CATECATÀSCIA & ALTRO.
La cara amica R.d’A. (di cui per i consueti problemi di riservatezza mi limito ad indicare le iniziali di nome e cognome) mi à proposto un ventaglio di termini (quelli in epigrafe) che – a tutta prima – parrebbero morfologicamente derivare da un medesimo ceppo. L’accontento qui di sèguito chiarendo súbito che la cosa è vera solo per i primi due: sciàscia e sciascella che ne è il diminutivo, mentre per gli altri termini ci troviamo di fronte a semplici assonanze ed ògni termine à significato ed etimo affatto diverso.Entro in medias res e m’auguro che rispondendo all’amica (e conto di farlo in maniera esauriente) possa interessare anche qualcun altro dei miei ventiquattro lettori! Principiamo: sciàscia= sciatta, sciamannata,scioperata,trascurata, negligente, superficiale, svogliata, approssimativa,
agg.vo f.le del m.le sciàscio che ovviamente vale sciatto, sciamannato,scioperato,trascurato, negligente, superficiale, svogliato, approssimativo; etimologicamente è un deverbale di sciascïà = godere a fondo di qualcosa, bearsi con gusto, tranquillità ed abbandono; dal latino volg. *iacíare forma intensiva di iacere; di sciàscio e sciàscia sono molto usati l’accrescitivo m.le agg.vo e s.vo sciascióne che vale uomo, ragazzo placido e tranquillo spesso anche in carne mentre il femminile sciascióna sta per donna grassoccia e simpatica,amabile e piacente; ancóra di sciàscio è molto usato il diminutivo/vezzeggiativo sciascíllo = bimbo, ragazzo grassoccio ed alquanto sciocchino mentre il diminutivo metafonetico femminile sciascélla che dovrebbe valere giovane donna grassottella è pochissimo usato, anzi è usato, come vedremo, in tutt’altro significato e con diverso etimo, preferendoglisi nel medesimo significato di giovane donna grassottella il diminutivo/vezzeggiativo con il suffisso ampliato r-ella sciasciarèlla. Come dicevo sciascélla non è usato come diminutivo/vezzeggiativo di sciàscia nel significato di giovane donna grassottella, ma è usato con cambio d’accento tonico da chiuso ad aperto sciascèlla come collaterale di ciacèlla e derivazione onomatopeica infantile nel significato di carne giovane e tenera.
Proseguiamo e troviamo due termini imparentati tra di essi dall’assonanza, ma non dall’etimo, né – tanto meno – dal significato; abbiamo
sciuscio s.vo m.le = soffio, alito,fiato, respiro voce deverbale di sciusciare che è dal lat subflare→sciusciare.
Nulla a che vedere con
sciuscèlla s.vo f.le voce che traduce in napoletano ciò che in italiano è (con derivazione dall’arabo harruba ) carruba cioè il frutto del carrubo (albero sempreverde con fiori rossi in grappoli e foglie paripennate; i frutti, grosse silique bruno-nere ricche di sostanze zuccherine, si usano come foraggio per cavalli e buoi (fam. Leguminose) ed un tempo vennero usati come passatempo goloso per bambini ; mentre come termine gergale la voce carruba vale carabiniere (per il colore nero della divisa, che richiama appunto quello bruno-nero della carruba). Il frutto del carrubo viene usato però non solo come foraggio per cavalli e buoi, o – un tempo - come passatempo dolcissimo per bambini, ma è usato altresí (per l’alto contenuto di sostanze zuccherine) nella preparazione di confetture e per l’estrazione di liquidi da usarsi in distelleria (rosolî) o quali bevande medicinali.
Nell’idioma napoletano la voce femminile sciuscella conserva tutti i significati dell’italiano carruba, ma è usata anche per indicare qualsiasi oggetto che sia di poca consistenza e/o resistenza con riferimento semantico alla cedevolezza del frutto del carrubo, frutto che è privo di dura scorza, risultando morbido e facilmente masticabile da parte dei bambini sprovvisti di dentature aggressive; infatti ad esempio di un mobile che non sia di stagionato legno pregiato (noce, palissandro etc.), ma di cedevoli fogli di compensato assemblati a caldo con collanti chimici s’usa dire: È ‘na sciuscèlla! che vale: È inconsistente! Alla medesima maniera ci si esprime nei riguardi di ogni altro oggetto privo di consistenza e/o resistenza.
Rammento, prima di affrontare la questione etimologica, che nel napoletano vi fu un tempo una voce maschile (o neutra) ora del tutto desueta che suonò sciusciéllo voce che ripeteva all’incirca il siculo ed il calabrese sciuscieddu, il salentino sciusciille ed addirittura il genovese giuscèllo, tutte voci che rendono, nelle rammentate lingue regionali, l’italiano brodetto, uova cotte in fricassea brodosa etc.
E veniamo all’etimologia della voce in esame.
Dico súbito che questa volta non posso addivenire,circa la voce sciuscèlla , a ciò che nel suo conciso, pur se curato, Dizionario Etimologico Napoletano dice l’amico prof. Carlo Jandolo che elimina del tutto la voce sciusciéllo ed accoglie solo sciuscèlla in ordine alla quale però sceglie pilatescamente di trincerarsi dietro un etimo sconosciuto.né – stranamente per il suo temperamento – azzarda ipotesi propositive!
Mi pare invece che sia correttamente perseguibile l’idea sposata da Cortelazzo, D’Ascoli ed altri i quali per la voce sciusciello rimandano ad un lat. iuscellum = brodetto Partendo da tale iuscellum→sciusciello congetturo che, per sciuscella, si possa correttemente pensare ad un derivato neutro plur. iuscella→sciuscella=cose molli, cedevoli, lente come brodi, neutro poi inteso femminile.
Semanticamente forse la faccenda si spiega (a mio avviso) con il fatto (come ò già accennato) che dalla carruba (sciuscèlla) si traggono liquidi e bevande medicinali che posson far forse pensare a dei brodini.
Come si vede non v’à modo di apparentare sciuscella con sciúscio e men che meno è da apparentarvi sciuscia s.vo f.le che a tutta prima parrebbe adattamento al femminile di sciúscio e che invece è tutt’altro vocabolo con diverso significato e diverso etimo; in effetti il s.vo femm.le sciuscia voce domestica,epperò intesa quasi volgare (ma non penso lo sia ) è uno dei numerosissimi, icastici sinonimi con i quali, con linguaggio piú o meno colorito e volta a volta mutuato da riferimenti storici o da osservazioni visivo-gastronomiche, si è soliti indicare la vulva della donna, l’organo femminile esterno della riproduzione. Come ò già detto è voce generica che vale vulva, vagina, organo riproduttivo esterno della donna il tutto senza particolari specificazioni concernenti l’età o la destinazione d’uso, ed è voce colloquiale privata in uso tra contraenti (sposi, amanti, fidanzati etc.) dei due sessi di qualsiasi ceto sociale.
Per la verità dico súbito che solo tre calepini della parlata napoletana ( l’antico D’Ambra,ed i piú vicini Altamura e D’Ascoli che vi attingono spudoratamente) dei numerosi in mio possesso e che ò potuto consultare, prendono in considerazione la voce a margine, e però a malgrado che tali vocabolaristi àbbiano il merito di considerare la voce, per ciò che riguarda l’etimo non ànno merito alcuno, in quanto copiandosi l’un l’altro optano,ma a mio avviso, maldestramente, per un inconferente generico idiotismo (.s. m. (ling.) locuzione, voce o costrutto caratteristici di una lingua o di un dialetto) fatto scaturire con un arzigogolo fastidioso ed inattendibile da far risalire a cíccia→ciàccia→sciàscia→sciúscia … che pasticcio!
Personalmente penso di poter proporre altri due etimi di cui il primo, pur essendo perseguibile quanto alla morfologia, convengo che zoppichi e non poco quanto alla semantica; a mio avviso si potrebbe morfologicamente pensare al solito latino ad un part. pass. femm. fluxa dell’infinito fluere atteso che il gruppo latino fl evolve sempre nel napoletano sci (vedi alibi flumen→sciummo, flos→sciore etc.) e ugualmente x=ss seguito da vocale diventa sci e dunque fluxa=flussa potrebbe aver dato morfologicamente sciuscia; ma, come ò io stesso notato, vi si oppone la semantica: una cosa scorsa, fluita poco o nulla à che spartir con una vulva… Occorre tenere altra via! È ciò che faccio e prendendo per buona un’idea dell’amico prof. Carlo Jandolo, la faccio mia e dico che partendo dalla considerazione che la voce sciuscia termina con il suff. latino/greco di appartenenza ia e che d’altro canto la voce classica latina sus indicò indifferentemente il maiale, la scrofa e la vulva, e tenendo presente che la sibilante s anche scempia seguíta da vocale evolve, come la precedente doppia ss in napoletano nel gruppo palatale sci, ecco che da un origianario sus addizionato del suffisso d’appartenenza ia si è potuto avere súsia→sciúscia e non susía→sciuscía ponendo bene attenzione che il suffisso latino ia comporta la ritrazione dell’accento tonico sulla sillaba radicale, mentre è il corrispondente ía greco che sposta l’accento sul suffisso come si ricava osservando la voce filosofia che in lat. è philosòphia(m), mentre in greco è philosophía; e posta l’ipotesi in questi termini, possiamo dire che anche la semantica (ramo della linguistica e, piú in generale, della teoria dei linguaggi (anche artificiali e simbolici), che studia il significato dei simboli e dei loro raggruppamenti e, nel caso delle lingue, studia il significato delle parole, delle frasi, dei singoli enunciati) possa esser contentata.
Senza dilungarmi oltre, correndo il rischio di chiamare in causa altri vocaboli assonanti ed allungare il brodo, passo a dire dell’ultima voce di cui mi à chiesto l’amica R.d’A. e cioè parlo di
catecatascia s.vo f.le colleterale di ascecatascia voci ambedue usate per indicare la lucciola, piccolo insetto coleottero, con corsaletto e zampe gialle, caratterizzato dalla luminosità, intermittente nelle specie alate, degli ultimi segmenti dell'addome; per ciò che concerne l’etimo, ambedue le voci sono da ricollegarsi all’agg.vo greco katabásios = che cala giú che diede origine ad un latino regionale *catabasĭa→cata(ba)sia donde catascia che in catecatascia fu addizionata in posizione protetica di un rafforzativo cata→cate; nel collaterale ascecatascia, catascia fu fantasiosamente addizionata in posizione protetica di uno specificativo asce riflesso di un lat. *axiu(m)→ascio→asce=uccello in quanto l’insetto lucciola nella specie alata fu pensato fantasiosamente, quanto erroneamente, uccello.
E qui faccio punto convinto di aver contentato l’amica R.d’A. ed interessato qualche altro dei miei ventiquattro lettori.
Satis est.
R.Bracale Brak

Nessun commento: