mercoledì 1 marzo 2017

VARIE 17/264

1.TENÉ ‘A CÓRA ‘E PAGLIA. Ad litteram: Avere la coda di paglia. Id est Avere un comportamento tale da indurre i terzi a sospettare di trovarsi ad avere a che fare con persona che non abbia la la coscienza pulita,in quanto ci si allarmara alla prima allusione sfavorevole, ci si discolpa senza essere stati accusati, reagendo con eccessiva ed inusitata velocità o violenza verbale a critiche od osservazioni, quasi si prenda celermente fuoco", proprio come la paglia. Si raccontava, in un’antica favola contadina che una giovane volpe fósse caduta disgraziatamente in una tagliola; pur riuscendo a fuggire, gran parte della coda le rimase presa e l’animale la cui bellezza stava tutta nella coda si vergognava di farsi vedere in giro con quell’antiestetico brutto mozzicone. Gli animali amici che la conoscevano e sapevano del suo disagio ne ebbero pietà e le costruirono una coda di paglia. Pare che tutti mantenessero il segreto tranne un galletto che disse la cosa in confidenza a qualcuno e, di confidenza in confidenza, la cosa fu saputa dai padroni dei pollai, i quali accesero un po' di fuoco davanti ad ogni stia. La volpe, per paura di bruciarsi la coda, evitò di avvicinarsi alle stie. Da quel momento si usò dire che avesse la coda di paglia chiunque,commessa una qualche birbonata, temesse di essere scoperto e si comportasse guardingamente, come pure si usa dire che abbia la coda di paglia chiunque ritenga e tema che taluni inusitati atteggiamenti e/o comportamenti di un suo contrattante siano aqscrivibili a Lui (responsabile di una qualche malefatta tenuta nascosta e di cui declini la paternità). 2.TENÉ ‘E BBELLIZZE D’ ‘A SCIGNA Ad litteram: Avere le bellezze di una scimmia; id est: comportarsi cosí come una scimma. Espressione ironica usata a dileggio di chi pensi di essere avvenente, ma che in realtà non lo è e tenti, con scarso successo di imitare chi in realtà lo sia, tentando di copiarne l’incedere o il proporsi comportandosi ad un dipresso come fa la scimmia (animale affatto bello) la cui avvenenza e /o simpatia consiste soltanto nel fatto ch’esso tenta di imitare le movenze dell’uomo. bellizze s.vo m.le pl. e solo pl. = cose belle, le bellezze, le qualità di ciò che è bello (ma non in senso morale); il valore estetico delle cose; voce adattamento al m.le pl. dal lat. volg.neutro pl.inteso prima f.le e poi m.le bellitia scigna s.vo f.le sg 1scimmia, nome generico di mammiferi superiori, per lo piú arboricoli, con quattro o due estremità prensili, dentatura completa, occhi frontali, arti anteriori piú LLUnghi dei posteriori; si distinguono in catarrine e platirrine (ord. Primati) 2 (fig.) persona brutta, dispettosa e maligna: è ‘na vera scigna! | fà ‘a scigna a quaccuno, imitarlo in quello che fa, che dice; scimmiottarlo | 3 ubriacatura, sbornia: pigliarse ‘na scigna; voce dal lat. simia→simja, con un consueto passaggio di s+ vocale a sci: (vedi altrove semum→scemo) e mj→gn (come in ca(m)mjare→cagnà) 3.TENÉ ‘E BBELLIZZE D’ ‘O CIUCCIO Ad litteram: Avere le bellezze di un asino ; id est: non avere altra avvenenza che quella della giovinezza. Altra icastica e spressione ironica usata a dileggio di chi pensi di essere avvenente, ma che in realtà non lo è; a costui/costei si attribuisce un’unica grazia, quella della gioventú, la medesima che s’usa attribuire all’asino che (cfr. alibi) essendo animale da lavoro esprime, in termine di fatica, il meglio di sé soltanto quando è ancóra giovane e prestante e non ancóra stremato o ridotto a mal partito dal peso degli anni e dalla fatica (cfr. alibi: ‘o ciuccio ‘e Fechella). 4.TENÉ ‘E PECUNE Letteralmente si può rendere con: avere, mostrar di avere i piconi (sorta di punte presenti sulla pelle dei volatili; non esiste un termine corrispondente nell’italiano); ma vale: essere ormai o finalmente cresciuto/maturato mentalmente e/o caratterialmente; lo si dice di solito degli adolescenti che si mostrino piú maturi di quel che la loro età farebbe sospettare; di per sé ‘o pecone(che per etimo è un derivato in forma di accrescitivo (cfr. il suff. one) del francese pique/piqué= punta/tessuto a rilievo) è una sorta di punta che appare sulla pelle del corpo dei volatili, punta prodromica dello spuntar delle piume/penne; l’apparire di tali punte dimostra che il volatile non è piú un giovanissimo impLLUme, ma è cresciuto e fisicamente evoLLUto, pronto ad affrontar la vita; per similitudine degli adolescenti che siano già o ormai maturi e si dimostrino scafati e cioè attenti, svegli e smaliziati, si dice che abbiano ‘e pecune (pl. di pecone), quantunque realmente sulla pella degli adolescenti non si riscontrino punte simili a quelle dei volatili. A margine rammento che il termine pecune è usato anche nell’espressione tené ‘e ccarne pecune pecune che rende l’italiano rabbrividire. 5. SPAGNOLA o SEGA SPAGNOLA Spagnola (trattasi del di coito intermammario): piú esattamente occorrere dire SEGA SPAGNOLA in quanto che spagnola è soltanto un aggettivo; ad ogni buon conto la masturbazione (sega) intermammaria prende il nome di spagnola in quanto metodo di soddisfazione sessuale maschile ideato ed attuato dalle prostitute partenopee di stanza in bassi e fondaci presso quelli che sarebbero stati gli acquartieramenti dei soldati spagnoli (XVI sec.), ma che già nel XV sec. ospitavano (1495)i soldati francesi di Carlo VIII (Amboise, 30 giugno 1470 – † Amboise, 7 aprile 1498) che fu Re di Francia della dinastia dei Valois dal 1483 al 1498. Salí alla ribalta cominciando la LLUnga serie di guerre Franco-Italiane; Carlo entrò in Italia nel 1494 con lo scopo preciso di metter le mani sul regno napoletano e la sua avanzata scatenò un vero terremoto politico in tutta la penisola. Incontrò nel viaggio di andata timorosi regnanti, che gli spalancarono le porte delle città pur di non aver a che fare con l'esercito francese e marciò attraverso la penisola, raggiungendo Napoli il 22 febbraio 1495. Durante questo viaggio assediò ed espugnò il castello di Monte San Giovanni, trucidando 700 abitanti, e assediò, distruggendone i due terzi e uccidendone 800 abitanti, la città di Tuscania (Viterbo).Incoronato re di Napoli, fu oggetto di una coalizione avversa che comprendeva la Lega di Venezia, l'Austria, il Papato e il Ducato di Milano. Sconfitto nella Battaglia di Fornovo nel LLUglio 1495, fuggí in Francia al costo della perdita di gran parte delle sue truppe. Tentò nei pochi anni seguenti di ricostruire il suo esercito, ma venne ostacolato dai grossi debiti contratti per organizzare la spedizione precedente, senza riuscire a ottenere un sostanziale recupero. Morí due anni e mezzo dopo la sua ritirata, per un banale incidente, sbattendo la testa contro l’architrave d’ un portone.) ; i quartieri spagnoli, o pi ú semplicemente i quartieri, presero questo nome intorno alla metà del XVI secolo (1532 e ss.) per la vasta presenza delle guarnigioni militari spagnole, voLLUte dal viceré don Pedro di Toledo, destinate alla repressione di eventuali rivolte della popolazione napoletana. All'epoca, come già precedentemente al tempo di Carlo VIII, comunque tali quartieri siti a Napoli a monte della strada di Toledo erano un Luogo malfamato dove prostituzione e criminalità la facevano da padrone, con malgrado del viceré di Napoli, Don Pedro di Toledo (Pedro Álvarez de Toledo y Zuñiga (Salamanca, 1484 –† Firenze, 22 febbraio 1553) che fu marchese consorte di Villafranca e dal 1532 al 1553 viceré di Napoli per conto di Carlo V d'Asburgo , da cui il nome della strada; questo viceré emanò alcune apposite leggi tese a debellare il fenomeno,senza riuscirvi; torniamo dunque alla cosiddetta sega spagnola che fu un accorgimento adottato [al tempo(1495) della discesa di Carlo VIII e delle sue truppe] dalle meretrici allorché si diffuse nella città un pericoloso morbo: la LLUe o sifilide (détto comunemente: mal francese o morbo gallico) e si ritenne che tale morbo fosse stato portato e propagato nella città, attraverso il contatto con le prostitute locali,appunto dai soldati francesi al sèguito di Carlo VIII ; da notare che – per converso – i francesi dissero la LLUe: mal napolitain nella pretesa che fossero state le prostitute partenopee a diffonderlo fra i soldati carlisti; fosse francese o napoletano le prostitute invece di soddisfare i clienti soldati con un normale coito, si limitarono ad un contatto superficiale con quell’esercizio che successivamente [all’epoca cioé dell’arrivo ed acquartieramento dei soldati spagnoli]fu detto (sega) spagnola in quanto le prostitute esercitavano in tuguri (bassi e fondaci) di quei quartieri dapprima francesi, ma poi, nel XVI sec. détti spagnoli. BRAK

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