sabato 4 marzo 2017

VARIE 17/276

1.TIÉNEME CA ME TENGO Ad litteram: Règgimi, ché mi reggerò Locuzione usata per sarcasticamente descrivere il pessimo stato di salute di qualcuno, cosí debole e male in arnese che solo se retto da un soccorritore potrà reggersi in piedi. 2.TINCO TINCO soprattutto nella locuzione VENIRSENE TINCO TINCO Modo di dire che è impossibile tradurre ad litteram, non esistendo un vocabolo preciso in italiano che ne indichi il significato, ma che si può rendere con un: venirsene alla maniera del tincone id est in maniera sollecita, ma subdola. Rammenterò qui che il napoletano non conosce il superlativo assoluto e lo rende con l'iterazione dell'aggettivo di grado positivo; ciò premesso dirò che la locuzione è usata per descrivere il comportamento pronto e sollecito, sebbene imperturbabile di chi, senza darlo a vedere o ad intendere persegue scaltramente uno scopo che si sia prefissato . 3.TIRÀ ‘O SPAVO Ad litteram: Tirare lo spago. Antica colorita espressione usata per significare l’atteggiamento ansioso preoccupato, ma fattivamente operativo di chi si applica con forza e volontà pur di raggiungere uno scopo prefissosi;l’espressione venne modellata sul lavoro manuale degli antichi funai che per produrre una corda o fune erano soliti attaccare al muro i capi di matasse di spago e poi tirandolo ed intrecciandolo ad arte, procedendo a mo’ di gamberi, costruivano una robusta corda o fune. Quando poi la corda era stata fabbricata i cordari, divelti i chiodi di sostegno lasciavano che i capi delle corde ottenute cadessero in terra con le corde ammatassate, donde nacque l’espressione: TIRÀ ‘O CAPO ‘NTERRA per indicare d’aver terminato alcunché, espressione usata anche nella forma dell’imperativo TIRAMMO ‘STU CAPO ‘NTERRA per esortare qualcuno a terminare qualcosa o a por fine ad una questione. 4.TIRA A CCAMPÀ! Ad litteram: continua a vivere! Invito perentorio ad andare avanti, senza mollare, procedendo per la strada intrapresa, senza lasciarsi condizionare né dalle persone, né da imprevisti accadimenti ostativi, senza dar peso a nulla e non ostante tutto, senza fermarsi. Tirammo ‘stu capo ‘nterra! Espressione usata a mo’ di incentivo a portare sollecitamente a termine un’opera intrapresa. Vedi antea sub TIRÀ ‘O SPAVO 5.TIRARSE ‘A CAUZETTA Ad litteram: tirar su la calza Id est: estraniarsi da una vicenda, star sulle proprie, disinteressandosi di ciò che avviene attorno; ma anche: lasciarsi molto pregare o attendere prima di concedere alcunché; la locuzione richiama l'abitudine che avevano le iberiche persone di medio-alto rango che negli anni del 17ª secolo, erano usi indossare lunghe calze di seta, e per distinguersi da quelli di piú basso ceto, che indossavano calze corte o cadenti, usavano tirarle continuamente verso il ginocchio. Tali altolocati personaggi erano quelli che, per abitudine evitavano di interessarsi a ciò che accedeva intorno a loro sia per non lasciarsi coinvolgere sia per non esser fatti destinatari di richieste o aiuti ai quali - comunque - avrebbero provveduto solo dopo molte preghiere. tirarse forma riflessiva del verbo tirà = tirare, imprimere a qualcosa o a qualcuno un movimento per tenderlo, avvicinarlo a sé, trascinarlo nella propria direzione (voce dal lat. volg. *tirare, alterazione del class. trahere 'trarre'; cauzetta s.vo f.le dim. di calza 1calza lunga da uomo | fà ‘a cauzetta (fare la calzetta), lavorare a maglia; (figuratamente) si dice di donne che si dedicano esclusivamente alle faccende domestiche; 2 calza di seta da donna; 3 meza cauzetta (mezza calzetta), (fig. spreg.) persona di scarse capacità, di modesta levatura. etimologicamente diminutivo (cfr. il suff. etta) del lat. mediev. calcea(m), dal class. calceus 'scarpa, stivaletto';normale nel napoletano l’evoluzione del nesso al + consonante in au (cfr. caldaia→caurara, gelsa→ceuza, altus→auto. BRAK

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