15 DATATE ESPRESSIONI
1.DOPPO MAGNATO E VVÍPPETO,
" Â SALUTE VOSTA!".
Letteralmente: Dopo d'aver mangiato e bevuto:"alla vostra salute". L'espressione in epigrafe si usa a Napoli, per commentare sarcasticamente il comportamento di chi approfitta di una situazione proficua e posticipa gli atteggiamenti augurali, dopo di aver goduto di benefici per i quali la buona norma vorrebbe che gli auguri venissero fatti antecedentemente prima cioè di godere dei frutti di azioni comuni; a mo' d'es.: un brindisi va fatto prima, non dopo una bevuta corale;
Letteralmente: Dopo d'aver mangiato e bevuto:"alla vostra salute". L'espressione in epigrafe si usa a Napoli, per commentare sarcasticamente il comportamento di chi approfitta di una situazione proficua e posticipa gli atteggiamenti augurali, dopo di aver goduto di benefici per i quali la buona norma vorrebbe che gli auguri venissero fatti antecedentemente prima cioè di godere dei frutti di azioni comuni; a mo' d'es.: un brindisi va fatto prima, non dopo una bevuta corale;
vippeto = bevuto
part. pass. collaterale di vevuto dell’infinito vevere← lat. bibere che diede
direttamente vevere con consueta
alternanza partenopea di b/v (cfr.barca →varca,
botte →vótta, basiu(m)→vaso” ecc.), ma forní anche come deverbale il s.vo f.le veppeta=
bevuta attraverso un acc.vo tardo latino
bíbita(m)→*bíbbita→bippta→vippta→veppeta;
è ipotizzabile che da questo s.vo si sia ricato il p.pass. víppeto collaterale di vevuto.
Tuttavia
si può comodamente ipotizzare anche una diretta provenienza da "bíbere (→
vévere)", il cui regolare participio passato *bíbitum →*bíbb(i)tum (col normale
raddoppiamento espressivo di "-b- " intervocalica) → *vipptum
(con "pt" per omorganizzazione e poi con l'inserimento della vocale
evanescente d'appoggio nel nesso consonantico per ovvia facilitazione della
pronunzia)...A meno che un "bíbitu(m)→*vipeto di partenza non abbia subíto
raddoppiamento nella consonante della penultima sillaba "-p-" come
avviene nelle parole sdrucciole di sviluppo popolare nell’idioma
napoletano e nel dialetto fiorentino-italiano: cfr. "fémina(m) →
fémmena/femmina, pàrochu(m)→parroco/parrucchiano, hòmines→*hòmini→ uómmene,
públicu(m)→pubblico" ecc. (senza dimenticare che nel Medioevo anche
la grafia di "Africa" sia risultata il petrarchesco
"Affrica").
2. METTERSE 'E CASA E PPUTECA.
Letteralmente: porsi di casa e bottega. Id est:accingersi ad un lavoro con massima attenzione ed attaccamento puntiglioso come chi dura la propria vita in quella che sia contemporaneamente casa e sede del proprio operare cui potersi dedicare senza soluzione di continuità e senza perdite di tempo che invece ci sarebbero qualora ci si dovesse spostare dalla bottega alla casa e viceversa.
Letteralmente: porsi di casa e bottega. Id est:accingersi ad un lavoro con massima attenzione ed attaccamento puntiglioso come chi dura la propria vita in quella che sia contemporaneamente casa e sede del proprio operare cui potersi dedicare senza soluzione di continuità e senza perdite di tempo che invece ci sarebbero qualora ci si dovesse spostare dalla bottega alla casa e viceversa.
3. FÀ 'O SCRUPOLO D''O RICUTTARO.
Letteralmente: fare lo scrupolo del magnaccia. Id est: scandalizzarsi grandemente al cospetto di altrui veniali mancanze, alla stregua di un lenone che abituato a compiere gravi mancanze si scandalizzasse di piccoli reati compiuti da altre persone.La locuzione è usata a Napoli appunto per bollare il comportamento chiaramente falso di chi abitualmente incline a delinquere mostra di scandalizzarsi davanti a piccole mancanze...
Letteralmente: fare lo scrupolo del magnaccia. Id est: scandalizzarsi grandemente al cospetto di altrui veniali mancanze, alla stregua di un lenone che abituato a compiere gravi mancanze si scandalizzasse di piccoli reati compiuti da altre persone.La locuzione è usata a Napoli appunto per bollare il comportamento chiaramente falso di chi abitualmente incline a delinquere mostra di scandalizzarsi davanti a piccole mancanze...
ricuttaro.
Da
sempre il lenocinio è praticato da piccoli furfantelli e camorristi. Temporibus
illis,cioè a fine '800 i piccoli furfanti ed i camorristi venivano arrestati
e finivano sotto processo durante il
quale dovevano esser difesi da avvocati che,qualora non fossero affiliati alla
camorra, volevano esser pagati. A mettere insieme i fondi necessarî
provvedevano i compagni dei detenuti che procedevano ad una questua piú o meno
vessatoria tra piccoli commercianti e bottegai sia adiacenti al Tribunale, sia
operanti nel rione d’origine del/dei furfante/i sotto processo. Tale questua finalizzata era
detta 'a recoveta (la raccolta) da recoveta a recotta il passo è
breve e da recotta a ricuttaro è ancora piú breve;successivamente con il
termine ricuttare si indicarono non
soltanto i questuanti suddetti, ma piú segnatamente i lenoni,i ruffiani,i protettori,i prosseneti
etc. che spessissimo traevano origine dalle schiere di quei camorristi
questuanti.
4. PURTÀ P''E VICHE.
Letteralmente: menare per i vicoli. Id est: comportarsi truffaldinamente nei confronti di qualcuno, imbrogliandolo, confondendolo, rimandando sine die il compimento di promesse formulategli, conducendolo per tortuosi e dispersivi vicoli in luogo della retta e piú breve via maestra. L'espressione è normalmente intesa in senso figurato, ma potrebbe esserlo anche in senso concreto nel deprecato caso del furbo tassista che,invece di andare diritto alla meta, porti il povero passeggero in giro per la città prima di depositarlo a destinazione.
Letteralmente: menare per i vicoli. Id est: comportarsi truffaldinamente nei confronti di qualcuno, imbrogliandolo, confondendolo, rimandando sine die il compimento di promesse formulategli, conducendolo per tortuosi e dispersivi vicoli in luogo della retta e piú breve via maestra. L'espressione è normalmente intesa in senso figurato, ma potrebbe esserlo anche in senso concreto nel deprecato caso del furbo tassista che,invece di andare diritto alla meta, porti il povero passeggero in giro per la città prima di depositarlo a destinazione.
5. 'A RAGGIONE S''A PIGLIANO 'E
FESSE.
Letteralmente: la ragione se la prendono gli sciocchi. La locuzione con aria risentita viene profferita da chi si vede tacitato con vuote chiacchiere, in luogo delle attese concrete opere.
Letteralmente: la ragione se la prendono gli sciocchi. La locuzione con aria risentita viene profferita da chi si vede tacitato con vuote chiacchiere, in luogo delle attese concrete opere.
6. SE SO' STUTATE 'E
LLAMPIUNCELLE.
Letteralmente: si sono spente le luminarie. Id est: siamo alla fine, non c'è piú rimedio, non c'è piú tempo per porre rimedio ad alcunché, la festa è finita.
Letteralmente: si sono spente le luminarie. Id est: siamo alla fine, non c'è piú rimedio, non c'è piú tempo per porre rimedio ad alcunché, la festa è finita.
7.TRÒVATE CHIUSO E PIÉRDETE
CHISTO ACCUNTO.
Letteralmente: Trovati chiuso e perditi questo cliente.La divertita locuzione viene usata in senso ironico a commento della situazione antipatica in cui qualcuno abbia a che fare con persona pronta ad infastidire o a richiedere i maggior vantaggi da un quid senza voler conferire il giusto corrispettivo, come nel caso ad es. di un cliente che pretenda di accaparrarsi la miglior merce, ma sia restio a pagare il giusto prezzo dovuto.
Letteralmente: Trovati chiuso e perditi questo cliente.La divertita locuzione viene usata in senso ironico a commento della situazione antipatica in cui qualcuno abbia a che fare con persona pronta ad infastidire o a richiedere i maggior vantaggi da un quid senza voler conferire il giusto corrispettivo, come nel caso ad es. di un cliente che pretenda di accaparrarsi la miglior merce, ma sia restio a pagare il giusto prezzo dovuto.
La voce accunto deriva dal latino: adcognitus→accognitus=
conosciuto, ben noto poi che chi è cliente per ovvi motivi di frequentazione
quotidiana è ben noto al bottegaio.
8. FÀ TRE FICHE NOVE RÒTELE.
Letteralmente: fare con tre fichi nove rotoli. Con l'espressione in epigrafe, a Napoli si è soliti bollare i comportamenti o - meglio - il vaniloquio di chi esagera con le parole e si ammanta di meriti che non possiede, né può possedere. Per intendere appieno la valenza della locuzione occorre sapere che il rotolo era una unità di peso del Regno delle Due Sicilie e corrispondeva in Sicilia a gr.790 mentre a Napoli e suo circondario,ad 890 grammi per cui nove rotole corrispondevano a Napoli a circa 8 kg. ed è impossibile che tre fichi (frutto, non albero) possano arrivare a pesare 8 kg. Per curiosità storica rammentiamo che il rotolo, come unità di peso, è in uso ancora oggi a Malta che, prima di divenire colonia inglese, apparteneva al Regno delle Due Sicilie. Ancora ricordiamo che il rotolo deriva la sua origine dalla misura araba RATE,trasformazione a sua volta della parola greca LITRA, che originariamente indicava sia una misura monetaria che di peso; la LITRA divenne poi in epoca romana LIBRA (libbra)che vive ancora in Inghilterra col nome di pound che indica sia la moneta che un peso e come tale corrisponde a circa 453,6 grammi, pressappoco la metà dell'antico rotolo napoletano.
Letteralmente: fare con tre fichi nove rotoli. Con l'espressione in epigrafe, a Napoli si è soliti bollare i comportamenti o - meglio - il vaniloquio di chi esagera con le parole e si ammanta di meriti che non possiede, né può possedere. Per intendere appieno la valenza della locuzione occorre sapere che il rotolo era una unità di peso del Regno delle Due Sicilie e corrispondeva in Sicilia a gr.790 mentre a Napoli e suo circondario,ad 890 grammi per cui nove rotole corrispondevano a Napoli a circa 8 kg. ed è impossibile che tre fichi (frutto, non albero) possano arrivare a pesare 8 kg. Per curiosità storica rammentiamo che il rotolo, come unità di peso, è in uso ancora oggi a Malta che, prima di divenire colonia inglese, apparteneva al Regno delle Due Sicilie. Ancora ricordiamo che il rotolo deriva la sua origine dalla misura araba RATE,trasformazione a sua volta della parola greca LITRA, che originariamente indicava sia una misura monetaria che di peso; la LITRA divenne poi in epoca romana LIBRA (libbra)che vive ancora in Inghilterra col nome di pound che indica sia la moneta che un peso e come tale corrisponde a circa 453,6 grammi, pressappoco la metà dell'antico rotolo napoletano.
9. 'A DISGRAZZIA D''O 'MBRELLO È
QUANNO CHIOVE FINO FINO.
Letteralmente: la malasorte dell'ombrello è quando pioviggina lentamente. Va da sè che l'ombrello corre i maggiori rischi di rompersi allorché debba essere aperto e chiuso continuamente, non quando debba sopportare un unico, sia pure violento, scroscio temporalesco; cosí l'uomo(che nel proverbio è adombrato sotto il termine di 'mbrello) soffre di piú nel sopportare continuate piccole prove che non un solo , anche se pesante danno.
Letteralmente: la malasorte dell'ombrello è quando pioviggina lentamente. Va da sè che l'ombrello corre i maggiori rischi di rompersi allorché debba essere aperto e chiuso continuamente, non quando debba sopportare un unico, sia pure violento, scroscio temporalesco; cosí l'uomo(che nel proverbio è adombrato sotto il termine di 'mbrello) soffre di piú nel sopportare continuate piccole prove che non un solo , anche se pesante danno.
10.
AVIMMO FATTO: CUPINTE, CUPINTE: 'E CAVÉRE 'A FORA E 'E FRIDDE 'A DINTO.
Letteralmente: abbiamo fatto cúpidi, cúpidi: i caldi (son restati) di fuori ed i freddi(sono entrati) dentro. Icastica espressione napoletana che fotografa una realtà nella quale stravolgendo la logica e l'attesa, si dia via libera a chi non è all'altezza della situazione e si lascia a bocca asciutta chi meriterebbe la priorità nel godimento di un quid (che - nella fattispecie - sono i favori di una donna).Tuttavia preciso che è inutile come che non significante la traduzione letterale; in senso ampio, come ò détto, la locuzione è usata per indicare l’incongruente azione di chi premi qualcuno oltre i propri meriti e al contrario lesini il plauso o il premio a chi invece spetterebbero; in senso piú strettamente letterale la locuzione si attaglia a quelle occasioni allorché spinti dalla cupidigia si siano concessi i favori di una donna a coloro che (freddi) non mostravano i necessarii requisiti fisici, e si siano erroneamente negati ai piú meritevoli caldi tenuti ingiustamente fuori sebbene mostrassero di essere adeguatamente... armati.
Letteralmente: abbiamo fatto cúpidi, cúpidi: i caldi (son restati) di fuori ed i freddi(sono entrati) dentro. Icastica espressione napoletana che fotografa una realtà nella quale stravolgendo la logica e l'attesa, si dia via libera a chi non è all'altezza della situazione e si lascia a bocca asciutta chi meriterebbe la priorità nel godimento di un quid (che - nella fattispecie - sono i favori di una donna).Tuttavia preciso che è inutile come che non significante la traduzione letterale; in senso ampio, come ò détto, la locuzione è usata per indicare l’incongruente azione di chi premi qualcuno oltre i propri meriti e al contrario lesini il plauso o il premio a chi invece spetterebbero; in senso piú strettamente letterale la locuzione si attaglia a quelle occasioni allorché spinti dalla cupidigia si siano concessi i favori di una donna a coloro che (freddi) non mostravano i necessarii requisiti fisici, e si siano erroneamente negati ai piú meritevoli caldi tenuti ingiustamente fuori sebbene mostrassero di essere adeguatamente... armati.
Letteralmente, di solito, in napoletano la parola cupínto sta per Cupído, miticologico nume dell’amore;
ma penso che riferirsi a lui per la locuzione in esame sarebbe errato, non esistendo un nesso tra il benevolo nume suddetto e l’errato, inesatto comportamento ricordato nella seconda parte della
locuzione; ò reputato piú giusto pensare, nella fattispecie della
locuzione, che il termine cupinte
(pl. di cupinto), oltre a fornire una adeguata rima con il termine
dinto, sia stato usato come corruzione del termine cúpido: bramoso, agognante,
desideroso, quella brama o desiderio che
può spingere all’errore.
11. 'A PECORA S'À DDA TUSÀ, NUN
S'À DDA SCURTECÀ!
Letteralmente: la pecora va tosata, ma non scorticata!
Letteralmente: la pecora va tosata, ma non scorticata!
Id est: est modus in rebus:
non bisogna mai esagerare; nel caso : è giusto che una pecora venga tosata, non
è corretto però scarnificarla; come è giusto pagare i tributi, ma questi non
devono essere esosi.
12. - SI' PRE' 'O CAPPIELLO VA
STUORTO... - ACCUSSÍ À DDA JÍ!
- Signor prete, il cappello va storto - Cosí deve andare. Simpatico duettare tra un gruppetto di monelli che - pensando di porre in ridicolo un prete - gli significavano che egli aveva indossato il suo cappello di sgimbescio, e si sentirono rispondere che quella era l'esatta maniera di portare il suddetto copricapo. La locuzione viene usata quando si voglia fare intendere che non si accettano consigli non richiesti soprattutto quando chi dovrebbe riceverli à - per sua autorità - sufficiente autonomia di giudizio.Rammento che nel parlato comune dei meno consci o attenti della/alla parlata napoletana, l’espressione viene riportata erroneamente come: Zi' pre' 'o cappiello va stuorto... - accussí à dda jí! con un’evidente colpevole confusione tra il si’ e zi’ che comporta la trasformazione del corretto si’ (che è di per sé l’apocope di si- gnore ) con lo scorretto zi’ (che è l’apocope di uno zio/a etimologicamente derivante da un tardo latino thiu(m) e thia(m) da un greco tehîos ) per cui si ottiene lo scorretto zi’ prevete in luogo del corretto si’ prevete dove il si’ (ò detto) è l’apocope di si-gnore (che etimologicamente è dal francese seigneur forgiato sul latino seniore(m) comparativo di senex=vecchio,anziano mentre alibi per indicare la voce signora si usa un sié che è l’apocope ricostruita di signora dalla medesima voce francese femminilizzata e metatetica di seigneur → sie-gneuse.
- Signor prete, il cappello va storto - Cosí deve andare. Simpatico duettare tra un gruppetto di monelli che - pensando di porre in ridicolo un prete - gli significavano che egli aveva indossato il suo cappello di sgimbescio, e si sentirono rispondere che quella era l'esatta maniera di portare il suddetto copricapo. La locuzione viene usata quando si voglia fare intendere che non si accettano consigli non richiesti soprattutto quando chi dovrebbe riceverli à - per sua autorità - sufficiente autonomia di giudizio.Rammento che nel parlato comune dei meno consci o attenti della/alla parlata napoletana, l’espressione viene riportata erroneamente come: Zi' pre' 'o cappiello va stuorto... - accussí à dda jí! con un’evidente colpevole confusione tra il si’ e zi’ che comporta la trasformazione del corretto si’ (che è di per sé l’apocope di si- gnore ) con lo scorretto zi’ (che è l’apocope di uno zio/a etimologicamente derivante da un tardo latino thiu(m) e thia(m) da un greco tehîos ) per cui si ottiene lo scorretto zi’ prevete in luogo del corretto si’ prevete dove il si’ (ò detto) è l’apocope di si-gnore (che etimologicamente è dal francese seigneur forgiato sul latino seniore(m) comparativo di senex=vecchio,anziano mentre alibi per indicare la voce signora si usa un sié che è l’apocope ricostruita di signora dalla medesima voce francese femminilizzata e metatetica di seigneur → sie-gneuse.
Rammenterò a margine di tutto ciò un’altra tipica espressione
partenopea che è ‘o si’ nisciuno usata per dileggio nei confronti di chi sia
uomo di nessuna valenza teorica e/opratica; a tale insignificante individuo
s’usa dire: sî ‘o si’ nisciuno(sei il
signor nessuno, non vali o conti nulla!); l’espressione ‘o si’ nisciuno,
spessissimo scorrettamente suole rendersi con‘o zi’ nisciuno
incorrendo maldestramente nell’equivoco di cui ò già detto; in tale equivoco
incorse inopinatamente anche il famosissimo scrittore partenopeo don Peppino
Marotta (Napoli,
5 aprile
1902 -† Napoli, 10 ottobre
1963), che tradusse in un suo scritto l’espressione‘o
si’ nisciuno con un inconferente lo zio Nessuno invece dell’atteso il
signor Nessuno… Ma Marotta fu cosí grande scrittore e napoletano da
pietra di paragone, che gli perdono e gli dobbiamo perdonare tutto!
13.DICETTE NUNZIATA: NCE PONNO
CCHIÚ LL'UOCCHIE CA 'E SCUPPETTATE!
Letteralmente: Disse Nunziata: Ànno piú potenza gli occhi (il malocchio) che le schioppettate.Il napoletano teme piú il danno che gli possa derivare dagli sguardi malevoli di taluno, che il danno che possono arrecargli colpi di fucile: dalle ferite da arma da fuoco si può guarire, piú difficile sfuggire alla jettatura.
Letteralmente: Disse Nunziata: Ànno piú potenza gli occhi (il malocchio) che le schioppettate.Il napoletano teme piú il danno che gli possa derivare dagli sguardi malevoli di taluno, che il danno che possono arrecargli colpi di fucile: dalle ferite da arma da fuoco si può guarire, piú difficile sfuggire alla jettatura.
14. Â NNOTTE SE 'NZURAJE
CATIELLO.
Letteralmente: Catello (inguaribile scapolo) prese moglie di notte. La locuzione fotografa una situazione che in italiano è resa con: meglio tardi che mai; il Catello, infatti procrastinò tanto il suo matrimonio che quando fu celebrato era oramai notte. Nella locuzione partenopea si tenga presente la geminazione iniziale della lettera N nella parola notte che lascia capire che la A iniziale non è l'articolo femminile ('A) ma una preposizione articolata: â = crasi di a+ ‘a= alla che introduce un concetto temporale reso con la doppia N di notte; se la A fosse stato un articolo la successiva parola notte sarebbe stata scritta in maniera scempia con una sola N.Si sarebbe potuto pure usare la preposizione semplice A che comunque avrebbe comportato la geminazione della N di notte, ed avrebbe introdotto un concetto temporale; ò preferito l’uso della preposizione articolata: Â= alla per riportare correttamente il pensiero napoletano che non articola mentalmente a notte, ma alla notte per cui è giocoforza scrivere â nnotte e non a nnotte.
Letteralmente: Catello (inguaribile scapolo) prese moglie di notte. La locuzione fotografa una situazione che in italiano è resa con: meglio tardi che mai; il Catello, infatti procrastinò tanto il suo matrimonio che quando fu celebrato era oramai notte. Nella locuzione partenopea si tenga presente la geminazione iniziale della lettera N nella parola notte che lascia capire che la A iniziale non è l'articolo femminile ('A) ma una preposizione articolata: â = crasi di a+ ‘a= alla che introduce un concetto temporale reso con la doppia N di notte; se la A fosse stato un articolo la successiva parola notte sarebbe stata scritta in maniera scempia con una sola N.Si sarebbe potuto pure usare la preposizione semplice A che comunque avrebbe comportato la geminazione della N di notte, ed avrebbe introdotto un concetto temporale; ò preferito l’uso della preposizione articolata: Â= alla per riportare correttamente il pensiero napoletano che non articola mentalmente a notte, ma alla notte per cui è giocoforza scrivere â nnotte e non a nnotte.
15.'E MACCARUNE SE MAGNANO
TENIÉNTE, TENIÉNTE.
Letteralmente: i maccheroni vanno mangiati molto al dente. La locuzione a Napoli oltre a compendiare un consiglio gastronomico ineludibile, viene usata anche per significare che gli affari devono esser conclusi sollecitamente, senza por troppe remore in mezzo.
Letteralmente: i maccheroni vanno mangiati molto al dente. La locuzione a Napoli oltre a compendiare un consiglio gastronomico ineludibile, viene usata anche per significare che gli affari devono esser conclusi sollecitamente, senza por troppe remore in mezzo.
teniente o tenente
ag.vo m.le = tenente, che mantiene
(la cottura); non si tratta ovviamente del s.vo m.le usato per indicare
quel militare che nell'esercito,
nell'aeronautica, nell'arma dei carabinieri e nella guardia di finanza è
un ufficiale di grado superiore a
sottotenente e inferiore a capitano; si tratta di un agg.vo m.le che nell’
espressione e nell’iterazionesuperlativa vale molto pronto, quasi duretto come
cosa che abbia tenuto la cottura evitando di ammollarsi eccessivamente;
letteralmente le voci a margine sono il participio presente del verbo tené (tenere) che è dal latino teníre, corradicale di
tendere 'tendere'.
Brak
Nessun commento:
Posta un commento