VARIE 154
1.'A CERA SE STRUJE I 'A
PRUCESSIONA NUN CAMMINA.
Letteralmente: le candele si consumano, e la processione non cammina. La locuzione viene usata quando si voglia con dispetto sottolineare una situazione nella quale, invece di affrontare concretamente i problemi, ci si impelaga in discussioni oziose, vani cavilli e dispersive chiacchiere che non portano a nulla di concreto.
Letteralmente: le candele si consumano, e la processione non cammina. La locuzione viene usata quando si voglia con dispetto sottolineare una situazione nella quale, invece di affrontare concretamente i problemi, ci si impelaga in discussioni oziose, vani cavilli e dispersive chiacchiere che non portano a nulla di concreto.
2.‘O PATATERNO DÀ PANE A CCHI NUN
TENE DIENTE!
Dio dà spesso il pane a chi non à i denti per mangiarlo!
Dio dà spesso il pane a chi non à i denti per mangiarlo!
Id est: a volte accade che iperbolicamente, persino l’Onnipotente erri concedendo benefici a chi
non li meriti e non ne sappia godere.
3.TUTTO PO’ ESSERE, FORA CA
LL'OMMO PRIÉNO.
Tutto può essere, fuorchè l'uomo incinto. La cosa è ancóra vera anche se l'alchimie della moderna scienza non ci permette di esserne sicuri... La locuzione viene usata per sottolineare che non ci si deve meravigliare di nulla, essendo, nella visione popolare della vita, una sola cosa impossibile.
Tutto può essere, fuorchè l'uomo incinto. La cosa è ancóra vera anche se l'alchimie della moderna scienza non ci permette di esserne sicuri... La locuzione viene usata per sottolineare che non ci si deve meravigliare di nulla, essendo, nella visione popolare della vita, una sola cosa impossibile.
4.È FERNUTA 'A ZEZZENELLA!
Letteralmente: è terminata - cioè s'è svuotata - la mammella. Id est: è finito il tempo delle vacche grasse, si appressano tempi grami!
La voce zezzenella è un s.vo f.le collaterale di zezzella s.vo
f.le diminutivo di zizza= mammella (dal lat. titta(m)→zizza.
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5.È MMUORTO 'ALIFANTE!
Letteralmente: È morto l'elefante! Id est: Scendi dal tuo cavallo bianco, è venuto meno il motivo del tuo sussiego, della tua importanza, non conti piú nulla. La locuzione, usata nei confronti di chi continua a darsi arie ed importanza pur essendo venute meno le ragioni di un suo inutile atteggiamento di comando e/o sussiego , si ricollega ad un fatto accaduto nel 1742, sotto il regno di Re Carlo di Borbone[Madrid, 20/1/1716 –† Madrid, 14/12/1788)] al quale il Sultano della Turchia regalò un elefante che venne esposto nei giardini reali e gli venne dato come guardiano un vecchio caporale che annetté al compito una grande importanza mantenendo un atteggiamento spocchioso per questo suo semplice compito. Morto l'elefante, il caporale continuò nel suo spocchioso atteggiamento e venne beffato dal popolo che, con il grido in epigrafe, gli voleva rammentare che non era piú tempo di darsi arie...
6. FÀ A UNO ‘NZOGNA E PUMMAROLA.
Ad litteram: fare
(cucinare) uno con sugna e pomodoro Icastica espressione usata per indicare che si intende maltrattare qualcuno,percuotendolo
violentemente, riducendolo a cattivo stato
fino ad iperbolicamente cucinarlo
in forno dopo averlo schiacciato a dovere come si farebbe con
una pizza condita, a maggior disdoro, non con il tenue olio d’oliva,
ma con la greve sugna e la classica
salsa di pomodoro.
‘a pizza ‘nzogna e pummarola fu
anticamente uno dei piú classici modi di approntare la pizza che veniva appunto
condita con sugna, pomidoro ed
abbondante pecorino prima d’esser cotta in forno; successivamente il
condimento per questa pizza napoletana
mutò e venne usato olio d’oliva, pomidoro aglio ed origano e la pizza cosí
condita non ebbe piú il nome di napoletana, ma divenne â marenara.
7. FÀ ‘O MANTESENIELLO
Letteralmente: fare il grembiulino. Id est:
comportarsi come chi indossi il grembiulino; locuzione usata a dileggio di certi uomini che,
dimenticando la loro (supposta) mascolinità, si comportino da donnetta mostrandosi pettegoli e linguacciuti, ciarlieri al punto di propalare notizie
apprese: fatto di per sé disdicevole,
ma che lo è ancora di piú quando le
notizie (che ci si diverte a portare in giro) sono state apprese in “camera caritatis” per le pubbliche
funzioni che svolge il manteseniello della locuzione.
manteseniello= grembiulino s.vo m.le diminutivo (cfr. il suff. iello) di mantesino= grembiule, zinale; la voce mantesino è dal tardo lat. mantu(m)+ ante+ sinu(m)→mantesinu(m).
8. FÀ ‘O MASTO ‘E FESTA.
Ad litteram: fare il maestro della festa Locuzione
da intendersi sia in senso
strettamente letterale che in senso figurato;
intesa in senso letterale si fa
riferimento a chi, sia pure dispoticamente,
si impegna ad organizzare feste
pubbliche o private conferendo spesso
il proprio danaro oltre che il proprio tempo ed impegno;in senso
traslato la locuzione si usa con
dispetto nei confronti di chi, senza esserne né invitato, né delegato a
farlo pretende di organizzare
l’altrui esistenza; costui con
incredibile faccia tosta si presenta non richiesto in casa altrui e disponendosi ad agire tamquam un fac-totum dispensa sgraditi
consigli sul modo migliore di
comportarsi ed agisce quasi alla medesima stregua del tipo detto spallettone o
mastrisso(cfr. ultra).
9. FÀ ‘O GALLO ‘NCOPP’Â MMUNNEZZA
Ad litteram: fare il gallo sull’immondizia Id est: assumere gratuitamente arie di
superiorità, montare saccentemente in
cattedra cercando di imporsi su tutti
gli altri che però a ragion veduta non sono altro che un cumulo di
rifiuti di talché, solamente messo al
loro confronto, il gallo può primeggiare; altrove non conterebbe nulla, potendosi quasi definirlo: monoculo in
terra coecorum.
10. FÀ ‘O NNACCHENNELLO
Ad litteram: fare il cicisbeo
Il vocabolo in epigrafe è oggi
fra i napoletani piú giovani quasi
sconosciuto, mentre persiste nella memoria e nell’uso di quelli piú avanti
negli anni. Con tale vocabolo si indica il lezioso, lo svenevole, lo eccessivamente
complimentoso, il vagheggino, il manierato cicisbeo; è chiaro che in un’epoca
come la nostra che à statuito la
parità dei sessi sarebbe impensabile un uomo che si comportasse verso il
gentil sesso in maniera tale da esser
paragonato a quei settecenteschi cavalier serventi che solevano
portare lunghe capigliature spartite sulle fronte e portate
sul volto a coprire un occhio, mentre con l’altro, attraverso un
occhialetto,spesso colorato, sogguardavano le dame ; tale postura faceva
pensare che i suddetti cavalieri non avessero che un occhio;in francese la
cosa suonava: il n’à q’un oeil che letto rapidamente diveniva il n’à che n’el da cui i napoletani
trassero nnacchennello.
11. FÀ ‘O PRUTUSENIELLO
Ad litteram: fare il prezzemolino; id est: fare il
ficcanaso, voler partecipare ad ogni
conversazione esprimendo la propria opinione, specialmente se non
sollecitata o richiesta; comportarsi cioè come fa il prezzemolo erba
aromatica largamente presente nelle
minestre della cucina partenopea; è chiaro che la locuzione in epigrafe si
riferisce agli uomini ed è usata a mo’
di dileggio, ritenendosi che normalmente un uomo non debba
tenere simili comportamenti, piú consoni alle donne.
Prutuseniello =
prezzemolino s.vo ed ag.vo m.le diminutivo (cfr. il suff. iello) di prutusino s.vo neutro = prezzemolo, come détto
famosissima erba aromatica largamente
presente nelle minestre della cucina partenopea; la voce prutusino è una lettura metatetica del tardo lat *petrosinu(m) che è dal gr. petrosélinon, comp. di pétra
'roccia, pietra' e sélinon 'sedano'; propr. 'sedano che cresce fra le
pietre'.
12. FÀ ‘O PORTAPULLASTE.
Ad litteram: fare il porta pollastri Id est: agire da mezzano, da ruffiano che
rechi messaggi alternativamente all’ amoroso o all’amorosa; per traslato fare il propalatore di notizie, per il solo
gusto di portarle in giro senza neppure
riceverne alcun sia pure piccolo vantaggio quale ad es. una mancia che si è soliti dare ad un
garzone di macellaio che rechi effettivamente dei polli acquistati e non
bigliettini amorosi. Interessantissima l’etimologia del sostantivo ricavato
con traduzione pedissequa dell’espressione francese porte-poulet (portapolletto) ma che in realtà non si riferiva a
qualcuno che realmente portasse dei polli, bensí a chi favorisse,recandoli,
lo scambio di bigliettini amorosi tra
gli innamorati; la particolare piegatura dei foglietti li faceva assomigliare
a dei piccoli polli con le alucce donde il nome di poulet (polletto) ed ovviamente chi recava quei bigliettini fu
détto porte-poulet (portapolletto);
originariamente tale scambio di bigliettini amorosi avveniva tra innamorati della medio-alta
borghesia partenopea adusa alla lingua francese usata anche nella corte per
cui il mediatore fra innamorati, piú
che esser détto semplicemente portabigliettini,
fu détto alla francese porte-poulet; quando poi la medesima
abitudine passò tra gli innamorati del popolo che non avevano dimestichezza
con la lingua d’oltralpe, ma solo con l’idioma partenopeo ecco che porte-poulet (portapolletto)diventò portapullaste restando acquisito come
sostantivo per indicare il mezzano, il ruffiano etc.
13. FÀ ‘O PÍRETO
CCHIÚ GGRUOSSO D’’O CULO.
Ad litteram: fare il peto piú grande del culo.
Versione piú prosaica, ma quanto piú icasticamente viva dell’algido italiano:
fare il passo piú lungo della gamba; in effetti il massimo danno che potrebbe
derivare dall’operare secondo la locuzione italiana sarebbe quello di
dover sopportare il dolore di uno strappo muscolare; nel caso della locuzione napoletana i danni sarebbero ben piú gravi ed ignominosi.
14. FÀ ‘O VIAGGIO D’’O MISCHINO
Ad litteram: fare il viaggio del Meschino Id est:
impegnarsi in una faticosissima attività, un’improba impresa, ma totalmente
inutile vuoi per le ragioni che la
promuovono, vuoi per i risibili risultati che si raggiungono; la locuzione in
epigrafe richiama le avventure di uno degli eroi del ciclo carolingio :
Guerino detto il Meschino protagonista di numerose dure ma inutili
avventure narrate dallo scrittore italiano Andrea da Barberino e riprese oltr’ alpi da
narratori francesi.
15. FARNE CCHIÚ ‘E CATUCCIO.
Ad litteram: farne piú di Catuccio Id est:
comportarsi, per iperbole, in maniera
piú truffaldina e delittuosa di quel
tal Luigi Filippo Bourguignon celebre bandito parigino (La Courtille, Belleville,
1693 -† Parigi 1721); tale noto masnadiero francese fu soprannominato
Cartouche corrotto nel napoletano Catuccio, e sin da
giovanissimo operò in Francia e prima di finire i suoi giorni sulla forca
ne combinò di tutti i colori, compiendo scelleratezze e nefandezze
efferate.
16. FÀ ‘O PUCCHIACCHIELLO
Espressione analoga a quella
sub 7.(cfr. antea) da riferirsi per dileggio ad un uomo che si comporti come
una donnetta quasi che fósse provvisto non del membro maschile, ma
dell’organo riproduttivo femminile che nel napoletano, tra i tanti (cfr.
alibi),è indicato con il s.vo purchiacca/pucchiacca donde l’improprio
diminutivo maschile pucchiacchiello
dell’epigrafe. il s.vo f.le purchiacca/pucchiacca è voce derivata dal greco pyr(fuoco) + koilos(faretra,
vagina)+ il suff. dispreg. acca (femminilizzazione del maschile acco/accio suffisso che
continua il lat. -aceu(m), usato per formare sostantivi e aggettivi
alterati con valore peggiorativo . ),secondo un percorso
morfologico che da koilos, attraverso
un *koleaca porta a cljaca→chiaca
e dunque: pyr+cliaca+acca= purcliacca→
puccliacca→pucchiacca con tipica assimilazione regressiva rc→cc.
Brak
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