giovedì 14 ottobre 2021

19 ICONICHE LOCUZIONI

 

19 ICONICHE LOCUZIONI.

1.DÀ ZIZZA ('E VACCA) PE TARANTIELLO.
Letteralmente: dar mammella (di mucca) per tarantello. La locuzione à una doppia valenza a seconda del significato che si dà al termine tarantello. In una prima accezione tarantello è un pezzo di carne dato come aggiunta  a della carne piú pregiata, al fine di sistemarne il giusto peso. Usandola con tale accezione, figuratamente, la locuzione significa che colui contro cui è rivolta, non si è impegnato molto nel dare il giusto dovuto, ma à rabberciato la prestazione portandola a compimento con l'uso di materiali di scarto. Nel caso che con la voce tarantello si voglia invece indicare il  pregiato salume ricavato dalla pancetta di tonno, figuratamente vuol significare che colui contro cui la locuzione è diretta, si è comportato da gran mistificatore ed imbroglione come chi abbia conferito vilissima mammella di mucca in luogo della dovuta, costosa pancetta di tonno.In ogni caso si tratta di un imbroglio reale o figurato.

La voce zizza, tetta, mammella d’essere umano o bestia,    viene per adattamento                  dall’ accusativo  tardo latino *titta(m)= capezzolo  attraverso una forma aggettivale tittja(m) dove il ttj  intervocalico diede zz  che influenzò anche la sillaba d’avvio ti→zi.

La voce tarantiello in ambedue le accezioni è un denominale (diminutivo) di Taranto
la città pugliese dove si produce il
pregiato salume ricavato dalla pancetta di tonno.

2.MANTENIMMOCE PULITE, CA CE STANNO 'E CCARTE JANCHE!
Letteralmente: manteniamoci netti perché son presenti le carte bianche! Id est: Non affrontiamo argomenti scabrosi o inopportuni; teniamo a mente che sono presenti persone che potrebbero chiederci ragione di taluni nostri comportamenti pregressi e fin qui tenuti nascosti, oppure ci sono presentidei bambini che ci ascoltano ed in loro presenza è sconveniente toccare argomenti che potrebbero provocare domande a cui sarebbe difficile rispondere.

 

3. TENÉ 'A NEVE DINT' Â SACCA.
Letteralmente: tenere la neve in tasca. ma meglio nel sacco. Id est: avere o mostrar d'avere grandissima fretta quale quella che dovrebbe portare chi trasportasse neve tenendola in tasca e volesse evitare di perderla; cosa - peraltro - impossibile giacché basta il calore del corpo per portare alla liquefazione della neve trasportata tenendola in una tasca dei vestiti.

 Questa riportata è la spiegazione che normalmente e popolarmente si dà dell’espressione e non è una spiegazione del tutto erronea: in realtà però piú precisamente la fretta e la dinamicità sottese nell’espressione son quelle dei cosiddetti nevari cioè degli addetti al trasporto  della neve  che prelevata nei mesi invernali  in altura (Vesuvio, Somma, Faito, Matese e monti dell’Avellinese) veniva dapprima conservata in loco  in grotte sottorranee dove gelava e poi all’approssimarsi dell’estate, stipata in sacche di iuta veniva trasporta velocemente a dorso di mulo  nelle città e paesi per rinfrescare l’acqua e fornire la materia prima per la confezione  dei gelati.

Da tanto si ricava che il termine sacca non sta ad indicare la tasca di un abito, quanto (con derivazione da un lat. parlato sacca(m) femminilizzazione del classico lat. saccu(m), che è dal gr. sákkos, di orig. fenicia),quanto un grosso recipiente  di tela lungo e stretto, aperto in alto, usato per conservare o trasportare materiali incoerenti, o comunque sciolti. Il passaggio dal maschile sacco al femminile sacca si rese necessario perché – come ò piú volte annotato - in napoletano un oggetto (o cosa quale che sia) è inteso, se maschile, piú piccolo o contenuto del corrispondente femminile; abbiamo ad . es. ‘a tavula (piú grande rispetto a ‘o tavulo piú piccolo ),‘a tammorra (piú grande rispetto a ‘o tammurro piú piccolo ), ‘a cucchiara(piú grande rispetto a ‘o cucchiaro piú piccolo), ‘a carretta (piú grande rispetto a ‘o carretto piú piccolo ); ),‘a canesta (piú grande rispetto a ‘o canisto piú piccolo ), fanno eccezione ‘o tiano che è piú grande de ‘a tiana e ‘o caccavo piú grande de ‘a caccavella.

 

 

4. A LLIETTO ASTRITTO, CÓCCATE 'MMIEZO. Letteralmente: in un letto stretto, coricati nel mezzo. Il consiglio della locuzione non è quello di sapersi adattare alle situazioni, quanto quello di ricercare in ogni occasione la soluzione migliore; in un letto stretto, perché piccolo o perché già occupato da altri, è consigliabile coricarsi al centro, il posto piú sicuro,quello  che può preservare da rovinose cadute laterali.

5.ESSERE DITTO TÒRTANO E SENZA 'NZOGNA.
Letteralmente: esser chiamato tortano, ma esser sprovvisto di sugna.Colui che viene indicato responsabile di qualcosa di cui - comprovatamente - non sia stato autore suole ribellarsi con la locuzione in epigrafe affermando cioè che non lo si può chiamare tortano, dal momento che egli è privo di strutto, ossia non à commesso ciò che gli viene addebitato.Per intendere a pieno il significato della frase bisogna sapere che il tòrtano è una grossa ciambella rustica tipica del periodo pasquale, ricca di uova, salumi, provolone e formaggi, ma soprattutto di strutto che se manca non permette alla preparazione culinaria di esser détta: tortano, alla stessa stregua, non si può dare del ladro ad uno se non si à la prova provata del suo ladrocinio.

6. LL'ACQUA 'NFRACETA 'E BASTIMIENTE A MMARE.
Letteralmente: l'acqua rende fradice le navi in mare. Cosí gli accaniti bevitori di vino sogliono respingere un bicchiere d'acqua che venga loro offerto, volendo significare che mutare le abitudini buone può essere pernicioso, se non deleterio.

7.AIZAMMO 'STU CUMMÒ!
Letteralmente: solleviamo questo canterano! Id est: sobbarchiamoci questa fatica. A Napoli questa esclamazione viene pronunciata mo' di incitamento quando ci si trovi a principiare un'operazione materiale o meno, che si presuma faticosa e perciò scarsamente accetta quale quella di sollevare un pesante canterano in noce massello resi più ponderoso da un ripiano superiore in marmo cipollino. Figuratamente poi a Napoli quando qualcuno impalma una donna tutt'altro che avvenente e, magari, molto anziana, si suole commentare con un sarcastico: s'è aizato 'stu cummò (à alzato questomobile pesante!)

cummò s.vo m.le = canterano (dal fr. commo(de))

8. È GGHIUTO 'O CCASO 'NCOPP' Ê MACCARUNE.
Letteralmente: È finito il formaggio sui maccheroni. Id est: la faccenda à avuto la sua logica, giusta  e sperata conclusione, allo stesso modo come una spolverata di formaggio conclude nel miglior dei modi la presentazione di un fumante piatto di maccheroni. È da rammentarsi che un tempo, a Napoli, quando i maccheroni venivano ammanniti per istrada a frettolosi avventori da appositi rivenditori detti "maccheronari" un piccolo piatto (in istagno) di maccheroni in bianco servito solo con l'aggiunta di poco formaggio ed un po' di pepe si vendeva per due soldi ed era appunto detto 'o doje allattante cioè il due al latte, mentre i medesimi  maccheroni  conditi con del sugo di pomidoro costavano tre soldi ed erano detti 'o tre garibbalde con riferimento al rosso della camicia del masnadiero nizzardo.

9.VA TRUVANNO CHI LL'ACCIDE.
Letteralmente: va in cerca di chi lo ammazzi. Lo si dice di chi, sciocco e masochista provochi il prossimo, lo stizzisca al punto da provocarne gli istinti omicidi nei propri confronti.

10.'A VECCHIA Ê TRENTA 'AUSTO, METTETTE 'O TRAPANATURO Ô FFUOCO.

Letteralmente: la vecchia ai trenta d'agosto,  (per riscaldarsi) mise nel fuoco l'aspo. Il proverbio viene usato a mo' di avvertenza, soprattutto nei confronti dei giovani o di coloro che  si atteggino a giovani,soggetti cioè  che si lasciano cogliere impreparati alle prime avvisaglie dei freddi autunnali che già si avvertono sul finire del mese di agosto, freddi che - come dice l'esperienza - possono essere perniciosi al punto da indurre i piú esperti (la vecchia) ad usare come combustibile per riscaldarsi  persino un utile oggetto come un aspo, l'arnese usato per ammatassare la lana filata. Per estensione, il proverbio si usa con lo stesso fine di ammonimento, nei confronti di chiunque, in qualsiasi occasione,  si lasci cogliere impreparato non temendo un possibile inatteso rivolgimento di fortuna, rappresentato nel proverbio dall’improvviso freddo in un mese ritenuto caldo.

Del proverbio in esame ne esiste un’altra lezione che suona: 10bis 'A VECCHIA Ê TRENTA 'E MAGGIO, METTETTE 'O TRAPANATURO Ô FFUOCO. che letteralmente vale: la vecchia ai trenta di maggio,  (per riscaldarsi) mise nel fuoco l'aspo.Va da sé che il significato, anche quello estensivo, d’ambedue le lezioni è il medesimo atteso che non è improbabile che sia un mese primaverile, prodromico dei mesi estivi (maggio), sia un mese autenticamente estivo (agosto)possano, sia pure inopinatamente,presentare una situazione climatica diversa da quella attesa o in corso. Dovendo operare una scelta opto, anche per esperienza personale  per la versione in epigrafe, quella cioè che chiama in causa il mese di agosto che è solito tradire le attese piú che non lo faccia il mese di maggio!    

trapanaturo = aspo, bindolo per ammatassare derivato dal greco  trypanon, deverbale  di trypân=girare, forare

 

vecchia = vecchia, s. f.

 donna di età molto avanzata, che si trova nell'ultimo periodo della vita naturale; con significato piú ampio, anziana (in contrapposizione a giovane), ma anche emblema di persona esperta; etimologicamente la voce vecchia è un adattamento al femminile  del lat. tardo maschile *veclu(m)→*vecla(m), per il class. *vetulu(m), ed al f.le  *vetula(m) dim.f.le del m.le vetus 'vecchio'.

 

11. JÍ ZUMPANNO ASTECHE E LAVATORE.

Letteralmente: andar saltando per terrazzi e lavatoi. Id est: darsi al buon tempo, trascorrendo la giornata senza far nulla di costruttivo, ma solo bighellonando in ogni direzione: a dritta e a manca, in altoed in basso ;

asteche=lastrici solai,terrazzi dal greco astrakon=coccio) 

lavatore (lavatoi) (dal lat. tardo lavatoriu(m), deriv. di lavare 'lavare' erano olim ubicati in basso - per favorire lo scorrere delle acque - presso sorgenti di acque o approntate fontane, mentre l'asteche, ubicati alla sommità delle case,erano i luoghi deputati ad accogliere i panni lavati per poterli acconciamente sciorinare al sole ed al vento, per farli asciugare.

12. PARE CA MO TE VECO VESTUTO 'A URZO.

Letteralmente: Sembra che ora ti vedrò vestito da orso. Locuzione da intendersi in senso ironico e perciò antifrastico. Id est: Mai ti potrò vedere vestito della pelle dell'orso, giacché tu non ài né la forza, né la capacità fisica e/o morale di ammazzare un orso e vestirti della sua pelle. La frase viene usata a commento delle azioni iniziate da chi sia ritenuto inetto al punto da non poter mai  portare al termine nulla di ciò che intraprende.

13.'O CUCCHIERE 'E PIAZZA: TE PIGLIA CU 'O 'CCELLENZA E TE LASSA CU 'O CHI T'È MMUORTO.

Letteralmente: il vetturino da nolo: ti accoglie con l'eccellenza e ti congeda bestemmiandoti i morti.Il motto compendia una situazione nella quale chi vuole ottenere qualcosa, in principio si profonde in ossequi e salamelecchi esagerati ed alla fine sfoga il proprio livore represso, come i vetturini di nolo adusi a mille querimonie per attirare i clienti, ma poi - a fine corsa - pronti a riversare sul medesimo cliente immani contumelie, in ispecie allorché il cliente nello smontare dalla carrozza questioni sul prezzo della corsa, o - peggio ancora - non lasci al vetturino una congrua mancia.

14.JÍ CASCIA E TURNÀ BAUGLIO oppure JÍ STOCCO E TURNÀ BACCALÀ.

Letteralmente: andar cassa e tornare baúle oppure andare stoccafisso e tornare baccalà. Id est: non trarre profitto alcuno o dallo studio intrapreso o dall'apprendimento di un mestiere, come chi inizi l'apprendimento essendo una cassa e lo termini da baúle ossia non muti la sua intima essenza di vacuo contenitore, o - per fare altro esempio - come chi inizi uno studio essendo dello stoccafisso e lo termini diventando baccalà, diverso in forma, ma sostanzialmente restando un immutato merluzzo. Con il proverbio in epigrafe, a Napoli, si è soliti commentare le maldestre applicazioni di chi non trae profitto da ciò che tenta di fare, perchè vi si applica maldestramente o con cattiva volontà. Cascia: etimologicamente dal latino capsa (da capio) attraverso uno spagnolo caja

Baúglio: etimologicamente deverbale metatetico del latino bajulare=portare s.m. = baúle,  contenitore usato per portare merci o altro;altrove estensivamente gobba che insiste sul petto.

Stocco: etimologicamente dallo spagnolo/portoghese estoque =bastone

Baccalà: etimologicamente dallo sp. bacalao, e questo dal fiammingo kabeljauw.

 

15.TU MUSCIO-MUSCIO SIENTE E FRUSTA LLA, NO!

Letteralmente: Tu senti il richiamo(l'invito)e l'allontanamento no. Il proverbio si riferisce a quelle persone che dalla vita si attendono solo fatti o gesti favorevoli e fanno le viste di rifiutare quelli sfavorevoli comportandosi come gatti che accorrono al richiamo per ricevere il cibo, ma scacciati, non vogliono allontanarsi; comportamento tipicamente fanciullesco che rifiuta di accettare il fatto che la vita è una continua alternanza di dolce ed amaro e tutto deve essere accettato, il termine frusta (lla) discende dal greco froutha-froutha col medesimo significato di :allontanati, sparisci.

16.'E DENARE SO' COMM'Ê CHIATTILLE: S'ATTACCANO Ê CUGLIUNE.

Letteralmente: i soldi son come le piattole: si attaccano ai testicoli. Nel crudo, ma espressivo adagio partenopeo il termine cugliune è pl. di cuglione(dal t. lat. coljone(m) per il class. coleone(m)) viene usato per intendere propriamente i testicoli, e per traslato, gli sciocchi e sprovveduti cioé quelli che annettono cosí tanta importanza al danaro da legarvisi saldamente.

Chiattille s.vo. m.le pl. di chiattillo= blatta, piattola (dal lat. blatta +suff. dim. illo: blattillo→chiattillo.

17.HÊ 'A MURÍ RUSECATO DA 'E ZZOCCOLE E 'O PRIMMO MUORZO TE LL'À DA DÀ MAMMÈTA

Che possa morire rosicchiato dai grossi topi di fogna ed il primo morso lo devi avere da tua madre. Icastica maledizione partenopea giocata sulla doppia valenza del termine zoccola (dal tardo lat. sorcula(m) che, a Napoli, identifica sia il topo di fogna che la donna di malaffare. è chiaro che la frase in esame  compendia una gratuita offesa alla mamma di colui contro cui è lanciata la maledizione, mamma che viene accreditata di essere ovviamente una meretrice e non un topo di fogna!

18.MA TE FÓSSE JUTO 'O LLICCESE 'NCAPO?

Letteralmente: ma ti fosse andato il leccese in testa? Id est: fossi impazzito? Avessi perso l'uso della ragione? Icastica espressione che, a Napoli, viene usata nei confronti di chi, senza motivo, si comporti irrazionalmente. Il liccese= leccese dell'espressione non è - chiaramente - un abitante di Lecce, ma un tipo di famoso tabacco da fiuto, prodotto, temporibus illis, nei pressi del capoluogo pugliese; l'espressione paventa il fatto che il tabacco fiutato possa- ma  non si sa bene come! - aver raggiunto, attraverso le coani nasali il cervello e leso cosí le facoltà raziocinanti del... fiutatore.

19. FÀ 'E SCARPE A CQUACCHED'UNO.oppure FARLE ‘NU VESTITO

Letteralmente: Fare le scarpe a qualcuno.oppure confezionargli un vestito. Id est: conciar male, ridurre a cattivo partito qualcuno fino al punto di approntargli la morte. L'espressione deriva dall'antica usanza che si teneva a Napoli, per l'ultimo viaggio, -   di fare indossare un vestito nuovo  e/o di far calzare scarpe nuove  ai morti in origine  di un certo rango, poi a quelli appartenenti  alla media borghesia ed infine  a chiunque a qualunque ceto sociale appartenesse; vestito  e  scarpe nuovi erano conservati all'uopo dai familiari.

 

Brak

 

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