10 DATATI PROVERBI NAPOLETANI.
1 ‘A RAGGIONA S''A PIGLIANO 'E
FESSE.
Letteralmente: la ragione se la prendono gli sciocchi. La locuzione con aria
risentita viene profferita da chi si vede tacitato con vuote chiacchiere, in
luogo delle attese concrete opere.
2 SE SO' STUTATE 'E LLAMPIUNCELLE.
Letteralmente: si sono spente le luminarie. Id est: siamo alla fine, non c'è
piú rimedio, non c'è piú tempo per porre rimedio ad alcunché, la festa è
finita.Da notare che la parola lampiuncelle è il plurale della voce femminile
lampiuncella derivata dal fr. lampe, che è dal lat. lampada; e come tale
se preceduta dall’articolo ‘e (le) va correttamente scritta con la geminazione
della elle iniziale ‘e llampiuncelle esiste poi una voce simile maschile lampiunciello
che al plurale fa lampiuncielle ma che preceduto dall’art. ‘e (i) non comporta
geminazione della elle iniziale; pertanto in napoletano ‘e llampiuncelle (voce
femminile) sono le luminarie,oggi
elettriche ed anticamente a gas e/o
petrolio, mentre ‘e lampiuncielle (voce
maschile) sono i lampioncini di carta colorata
3 TRUÓVATE CHIUSO E PIÉRDETE CHISTO
ACCUNTO.
Letteralmente: Tròvati chiuso e pèrditi questo cliente.La divertita locuzione
viene usata in senso ironico a commento della situazione antipatica e fastidiosa
in cui qualcuno abbia a che fare con
persona pronta ad infastidire o a richiedere i maggior vantaggi da un quid
senza voler conferire il giusto corrispettivo, come nel caso ad es. di un
cliente che entri in negozio solo per curiosare e senza decidersi ad un
acquisto o pretenda di accaparrarsi la
miglior merce, ma sia restío a pagare il giusto prezzo dovuto.La voce accunto
deriva dal latino: adcognitus →accognitus= ben conosciuto atteso che chi
frequenti con continuità una bottega diventandone fisso cliente è ovviamente
ben conosciuto.
4 FÀ TRE FICHE NOVE ROTELE.
Letteralmente: fare con tre fichi nove rotoli. Con l'espressione in epigrafe, a
Napoli si è soliti sarcasticamente bollare i comportamenti o - meglio - il
vaniloquio di chi borioso saccente
esageri con le parole e si ammanti di meriti che non possiede, né può possedere.
Per intendere appieno la valenza della locuzione occorre sapere che il rotolo
era una unità di peso del Regno delle Due Sicilie e corrispondeva in Sicilia a
gr.790 mentre a Napoli e suo circondario,ad
5 'A DISGRAZZIA D''O 'MBRELLO È
QUANNO CHIOVE FINO FINO.
Letteralmente: la malasorte dell'ombrello è quando pioviggina lentamente. Va da
sé che l'ombrello corre i maggiori rischi di rompersi allorché debba essere
aperto e chiuso continuamente, non quando debba sopportare un unico, sia pure
violento, scroscio temporalesco; cosí l'uomo(che nel proverbio è adombrato
sotto il termine di 'mbrello) soffre di piú nel sopportare continuate piccole
prove che non un solo , anche se pesante danno.
6 AVIMMO
FATTO: CUPINTE, CUPINTE: 'E CAVÉRE 'A FORA E 'E FRIDDE 'A DINTO. Inutile come che non significante la traduzione
letterale; in senso ampio la locuzione è usata per indicare l’incongruente azione di chi premi qualcuno oltre i propri meriti e al contrario lesini il plauso o il premio a chi invece
spetterebbero; in senso piú strettamente
letterale la locuzione si attaglia a
quelle occasioni allorché spinti dalla cupidigia si siano concessi i favori di una donna a coloro che (freddi) non mostravano i necessarii requisiti fisici, e
si siano erroneamente negati ai piú meritevoli caldi tenuti ingiustamente fuori
sebbene mostrassero di essere adeguatamente...
armati.
Letteralmente, di solito, in napoletano la parola cupínto sta per Cupído, miticologico nume dell’amore;
ma penso che riferirsi a lui per la locuzione in epigrafe sarebbe errato, non esistendo un nesso tra il benevolo nume suddetto e l’errato, inesatto comportamento ricordato nella seconda parte della
locuzione; ò reputato piú giusto pensare, nella fattispecie della
locuzione, che il termine cupinte,
oltre a fornire una adeguata rima con il termine dinto, sia stato usato come
corruzione del termine cúpido: bramoso, agognante, desideroso, quella brama o
desiderio che può spingere all’errore.
7 'A PECORA S'À DDA TUSÀ, NUN S'À
DDA SCURTECÀ
Letteralmente: la pecora va tosata, ma non scorticata. Id est: est modus in
rebus: non bisogna mai esagerare; nel caso : è giusto che una pecora venga
tosata, non è corretto però scarnificarla; come è giusto pagare i tributi, ma
questi non devono essere esosi.
8 - SI' PRE' 'O CAPPIELLO VA
STUORTO... – ACCUSSÍ À DDA JÍ!
- Signor prete, il cappello va storto - Cosí deve andare. Simpatico duettare
tra un gruppetto di monelli che - pensando di porre in ridicolo un prete - gli
significavano che egli aveva indossato il suo cappello di sgimbescio, e si
sentirono rispondere che quella era l'esatta maniera di portare il suddetto
copricapo. La locuzione viene usata quando si voglia fare intendere che non si
accettano consigli non richiesti soprattutto quando chi dovrebbe riceverli ha -
per sua autorità - sufficiente autonomia di giudizio.
Faccio notare che nell’espressione, cosí come ci è giunta ed è
riportata, è impropriamente usato il
termine zi’ (apocope di zio che è dal basso lat. thíus modellato sul greco theîos); in realtà in origine
l’espressione suonò Si' pre' 'o cappiello va stuorto... - Accussí à dda
jí!
ed in essa il si’ fu l’esatta apocope di si(gnore) derivato dal francese seigneur a sua volta marcato sul lat. seniore(m) comparativo di senex. Solo in prosieguo di tempo per
corruzione popolare l’originaria Si' pre'
'o cappiello va stuorto... fu letta Zi'
pre' 'o cappiello va stuorto...e cosí è giunta sino a noi, ma l’esatta
lettura e significato devono intendersi Si'
pre' 'o cappiello va stuorto...
9 DICETTE NUNZIATA: CE PONNO CCHIÚ
LL'UOCCHIE CA 'E SCUPPETTATE!
Letteralmente: Disse Nunziata: Ànno piú potenza gli occhi (il malocchio) che le
schioppettate.Il napoletano teme piú il danno che gli possa derivare dagli
sguardi malevoli di taluno (iettatura), che il danno che possono arrecargli
colpi di fucile: dalle ferite da arma da fuoco si può anche guarire,non è possibile sottrarsi ai nefasti
influssi della iettatura.
10 'E MACCARUNE SE MAGNANO
TENIÉNTE, TENIÉNTE.
Letteralmente: i maccheroni vanno mangiati molto al dente. La locuzione a
Napoli oltre a compendiare un consiglio gastronomico ineludibile, viene usata
anche per significare che gli affari devono esser conclusi sollecitamente,
senza por troppe remore in mezzo.
la voce teniénte non è
il sostantivo tenente (grado
militare) ma è una voce verbale aggettivata e cioè il part. presente del verbo tené/tènere= mantenere, reggere (in
questo caso la cottura...) verbo che deriva dritto per dritto dal lat. teníre,
corradicale di tendere 'tendere'.
Raffaele Bracale
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