‘O RAMMARO
Eccoci innanzi ad un’altra antica parola partenopea che fu in uso
sino a circa sessant’anni orsono e poi sparí dal lessico e dal parlato popolare
insieme alla sparizione dell’attività commerciale che svolgeva ‘o
rammaro. Tale voce in origine tradusse
esattamente l’italiano ramaio e cioè
l’artigiano che fa e vende oggetti di rame il calderaio;
etimologicamente la voce rammaro
è un derivato del lat. (ae)rame(n)
con raddoppiamento espressivo della consonante nasale bilabiale (m)
piú il suff. di pertinenza arius (in
napoletano aro, in italiano aio).
Da tutto ciò si evince che in origine ‘o
rammaro era colui che lavorava, produceva e vendeva al minuto sia in una propria bottega, sia molto spesso a
domicilio utensili di rame (pentole, padelle, vasellame etc.) per i bisogni
quotidiani; ed era tale medesimo artiere,
quando facesse anche le funzioni dello stagnino, che
con cadenza settimanale al grido: Stagnàteve
‘a ramma! (Fate ricoprir di stagno gli utensili di rame!) si recava presso
i suoi clienti per coprire le parti degli utensili di rame che andavano a contatto con il cibo, con un sottile strato di stagno (elemento
atossico) (per rendere nuovamente
utilizzabili le pentole, le padelle,il vasellame etc. di rame
ed impedire che il cibo potesse diventare tossico stando a diretto contatto
con il rame che – per logorio d’uso – avesse perduto lo strato protettivo di
stagno; in effetti il quotidiano uso delle stoviglie di rame procurava appunto la consunzione o logoramento dell’originario strato di stagno ed occorreva
ricostituirlo ed a ciò provvedeva o il medesimo rammaro (nella speranza che, se le stoviglie fossero troppo
rovinate, ne potesse vender di nuove) o un altro artiere detto stagnaro = stagnaio; il nome napoletano fu poi assegnato
estensivamente all’idraulico per la
frequentazioni di quest’ultimo con lo stagno usato per saldare i tubi di piombo;
da notare che anche in un corretto
italiano, mutuandolo dal napoletano stagnaro,
la voce stagnaio è usata per indicar l’idraulico.
In prosieguo di tempo, quando poi l’alluminio entrò
prepotentemente, soppiantando il rame, nella formazione degli utensili da
cucina, ecco che ‘o rammaro perdette quella sua esigua fonte settimanale
di guadagno (le stoviglie di rame non si vendevano piú, né era necessario
stagnare l’alluminio, atossico di suo) e per non perdere la clientela che aveva
acquisito vendendo e stagnando rame, egli fu costretto ad operare una sorta di
riconversione commerciale; continuò a girar di casa in casa, ma invece di utensili
di rame, prese a vendere capi di biancheria personali e/o per la casa
(corredi matrimoniali etc.) ed operò détta
vendita non pronti contanti, ma con
contenute rate settimanali o
talvolta mensili e con l’avvenuta riconversione commerciale mutò anche il nome;
non fu piú ‘o rammaro ma divenne ‘o rammariello anche quando, per l’età, non fosse cosí tanto giovane da giustificare il diminutivo rammariello usato quasi ad indicare la
giovane nuova attività del vecchio rammaro.
A completamento di tutto quanto detto rammento un’espressione che
un tempo settimanalmente si poteva udire con diversa intonazione: o di
sollecitudine o di… cruccio nelle case partenopee, specialmente sulla bocca
della padrona di casa: Ogge à dda passà
‘o rammaro!... (letteralmente: Oggi
passerà il ramaio) ; spieghiamo la duplice valenza: A(nel caso che si
usassero ancóra stoviglie di rame) Prepariamo
le stoviglie da far stagnare ché oggi passa il ramaio.. B (nel caso che il rammaro fosse diventato rammariello) Ohibò, oggi è giornata di
esborso delle rate!
Oggi che il rame non si usa piú soppiantato da alluminio, teflon,
plastica ed altre schifezze consimili, è normale che la voce in epigrafe sia
sparita, come è altresí sparito il diminutivo rammariello atteso che
nessuna padrona di casa acquista piú
biancheria personale e/o di casa a rate e men che meno il corredo da sposa per
le proprie figlie che se anche optano per il matrimonio e non per la convivenza(divenuta
costume abituale dei giovani), non si curano né di coperte, né di lenzuola
ricamate, né d’altra biancheria di casa ed a nessuna ragazza d’oggi interessa piú di ricevere (per tramandarla ad
una futura figlia)la cassa del corredo da sposa che dapprima fu della bisnonna, poi di sua nonna ed infine di sua madre e avimmo cassato n’atu rigo ‘a sott’ ô sunetto
(abbiamo ulteriormente accorciato il sonetto!).
Raffaele Bracale
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