sabato 23 ottobre 2021

À PERZO 'E VUOJE E VVA ASCIANNO 'E CCORNA.

À PERZO 'E VUOJE E VVA ASCIANNO'E CCORNA.

Letteralmente: À perduto i buoi e va in cerca delle loro corna. Lo si dice sarcasticamente e con del risentimento  di chi, avendo - per propria insipienza o incapacità - perduto cose di valore, ne cerca piccole vestigia, cercando di colpevolizzare, della perdita subìta,  altri completamente estranei,  adducendo sciocche rimostranze e pretestuose argomentazioni.

 

à perzo= à perso, à perduto  voce verbale (3ª pers. sing.passato prossimo ind.) dell’infinito perdere= perdere, smarrire  non avere piú, restare privo di una persona con cui si aveva consuetudine, o di qualcosa che si possedeva, si usava, di cui si aveva facoltà l’etimo è dal  lat. perdere, comp. di per 'al di là, oltre' e dare 'dare'; perzo è esattamente il part. pass. di perdere con normale variazione partenopea di rs→rz;

 

vuoje= buoi, sost. masch. plurale metafonetico  di vojo,   il maschio adulto castrato dei bovini domestici; vojo  etimologicamente è dall’acc. lat. bove(m) con alternanza napoletana b/v (cfr. barca,varca etc.) della consonante d’avvio, sincope della v intervocalica sostituita dal suono di transizione intervocalico  j;

 

va ascianno=va cercando, va in cerca   locuzione verbale

 

formata dall’ ind. pres. (3ª pers. sing.) va  dell’infinito jí= andare  dal latino ire  piú  il gerundio ascianno= cercando  dell’infinito ascià/asciare= cercare con insistenza, ricercare, indagare, investigare; desiderare, agognare; tendere, , aspirare a con etimo forse da un lat. volgare  *anxiare→assiare*asciare= ansimare, ma piú probabilmente dal tardo lat. adflare→afflare→asciare= annusare;

 

ccorna = corna, sost. femm. plur. del maschile  sg. cuorno

 

 prominenza cornea o ossea, di varia forma ma per lo piú approssimativamente cilindro-conica e incurvata, presente generalmente in numero pari sul capo di molti mammiferi ungulati; anche, ognuna delle due analoghe protuberanze sulla fronte di esseri mitologici o, nell'immaginazione popolare, del diavolo con etimo dal lat. cornu(m) con tipica dittongazione della ŏ (o intesa tale)ŏ→uo nella sillaba d’avvio della voce singolare, dittongazione che viene meno, per far ritorno alla sola vocale etimologica o, nel plurale reso femminile (‘e ccorne) laddove nel plurale  maschile è mantenuta (‘e cuorne) ; rammenterò che in napoletano il plurale femm. ‘e ccorne  è usato per indicare le protuberanze cornee reali della testa degli animali, o quelle figurate  dell’uomo o della donna traditi rispettivamente  dalla propria compagna,  o dal proprio compagno, mentre con il plurale maschile ‘e cuorne si indicano alcuni tipici strumenti musicali a fiato o  i piccoli o grossi  amuleti di corallo rosso  usati come portafortuna;ugualmente con valore di portafortuna vengono usati i corni dei bovini  macellati, corni che vengon staccati dalla testa, messi a seccare, opportunamete vuotati  e talvolta tinti di rosso   tali cuorne, non piú ccorna devono rispondere – nella tradizione partenopea a precisi requisiti, dovendo necessariamente  essere russe, tuoste, stuorte e vacante pena la sua inutilità come  porte-bonheur.

 

Russe pl. di russo= rosso  (da non confondere con ruosso  che è grosso)di colore rosso  derivato del latino volgare russu(m) per il class. ruber;

 

tuoste pl- di tuosto= duro, sodo, tosto derivato  del lat. tostu(m), part. pass. di torríre 'disseccare, tostare'con la tipica dittongazione  partenopea  della o→uo;

 

stuorte pl di stuorto = storto, ritorto,non dritto, scentrato  derivato  del lat. tortu(m), part. pass. del lat. volg. *torquere, per il class. torquìre con prostesi di una  s intensiva e  tipica dittongazione partenopea  della o→uo;

 

vacante= cavo, vuoto  ed altrove insulso, insipiente  part. pres. aggettivato del lat. volg. vacare = esser vuoto, mancante, libero di; a margine rammenterò che esiste un altro tipico cuorno  quello de ‘o carnacuttaro (il girovago venditore di trippe bovine che lavate, sbiancate e lessate vengon vendute al minuto opportunamente ridotte in piccoli pezzi serviti su minuscoli fogli di carta oleata, irrorate di succo di limone e cosparse di sale contenuto in un corno bovino, seccato, vuotato, forato in punta, per consentire la fuoriuscita del sale con cui viene riempito, e tappato alla base con un grosso turacciolo di sughero; tale cuorno  viene portato pendulo sul davanti del corpo, legato in vita con un lungo spago, in modo che nel suo pendere insista su di una bene identificata  zona anatomica; ciò è rammentato nell’espressione: Mo t’’o ppiglio ‘a faccia ô cuorno d’’a carnacotta! (Adesso te lo procuro, prendendolo dal corno della trippa) nella quale ‘o cuorno è usato eufemisticamente in luogo d’altro termine becero, facilmente intuibile se si tiene presente la zona su cui insiste il pendulo corno del sale… l’espressione è usata con una sorta di risentimento da chi venga richiesto di azioni o cose che sia impossibilitato a portare a compimento o a procurare, non essendo le une o le altre nelle sue capacità e/o possibilità.

Raffaele Bracale

 

 

 

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