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BRELLOCCO
Mi è stato chiesto, via e-mail, dal
caro amico A. A. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad
indicare solo le iniziali di nome e cognome), , di spendere qualche
parola che sia chiarificatrice per
illustrarne gli esatti significati e
portata del termine in epigrafe stante
la gran confusione che regna intorno al medesimo.Riscontro qui di sèguito, illico et immediate la richiesta.
Con il sostantivo maschile brellocco (che è dal
francese breloque con raddoppiamento espressivo della consonante laterale
alveolare [L]) nell’idioma napoletano si intende 1 in primis ed originariamente
un ciondolo, un ninnolo, un pendaglio, un
pendente,un vezzo prezioso da portare al collo appeso ad una
catenina, catenella, collier, collare e simili, 2 per estensione
qualsiasi spilla, anello, gioiello,monile munito di luccicante
pietra preziosa e segnatamente smeraldo, topazio o soprattutto sfavillante brillante solitario
montati su castoni di metalli nobili quali oro o platino; infine 3 per
traslato con il termine in esame si fa riferimento, nel linguaggio
popolare e familiare a qualsisi
soggetto,[e segnatamente si vuole intere un/una figlio/figlia] che nella ambiente,nel giro,nella cerchia domestico/a sia considerato al
confronto di suoi omologhi , amato/a, amatissimo/a, caro/a, carissimo/a,
beneamato/a, favorito/a, prediletto/a, preferito/a da un o ambedue i genitori con riferimento soprattutto
alla mamma donde la locuzione: essere ‘o brellocco ‘e mammà [essere
il ciondolo prezioso di mamma ]ed il riferimento semantico di questa terza
accezione sta nel fatto il/la prediletto/a sarebbe portato/a al collo a guisa di un pendaglio prezioso. A margine e
completamento di quest’ultimo
significato in esame ricordo qui la differenza che
intercorre tra le espressioni tené a
uno appiso 'ncanna e purtà a uno appiso 'ncanna che ad litteram valgono rispettivamente : tenere
uno appeso alla gola e portare uno
appeso alla gola; la prima locuzione à una
valenza negativa mentre la seconda ne à una positiva e si usa per significare di avere una
spiccata preferenza per una persona, quasi portandola al collo a mo' di
preziosa pietra o medaglia benedetta;
nella valenza negativa la locuzione è usata per indicare una situazione
completamente opposta a quella testé illustrata, quella cioé in cui una persona
generi moti di repulsione e di fastidio a mo' di taluni pesanti, tronfi monili
che messi al collo, finiscono per infastidire chi li porti.Chiarisco qui che
per meglio determinare la valenza della locuzione, quella positiva è segnalata
dall'uso del verbo purtà[ dal lat. pŏrtare = portare] comportante una scelta
volontaria, mentre quella negativa è connotata dall'uso del verbo tené[ dal lat.
tĕnēre =tenére, mantenere, reggere, sostenere ]che include una
sorta di sopportazione dovuta ad una imposizione.
E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito
l’argomento, soddisfatto l’amico A. A.
ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú
genericamente chi dovesse imbattersi in
queste paginette.Satis est.
Raffaele Bracale
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