MEZZANO, RUFFIANO & dintorni
Anche questa volta faccio sèguito ad un quesito rivoltomi dall’amico N.C. (al solito,
motivi di riservatezza mi impongono di riportar solo le iniziali di nome e cognome di
chi mi scrive per sollecitar ricerche) occupandomi delle voci italiane in
epigrafe, di altri eventuali sinonimi, voci collegate e delle corrispondenti voci del
napoletano.
Entro súbito in medias res cominciando
con
mezzano/a
agg.vo e s.vo m.le o f.le;
1)come aggettivo indica
ciò che è in mezzo, di mezzo; che occupa un posto intermedio in una
gradazione: statura, età, grandezza mezzana; figlio,
fratello mezzano, di età intermedia tra il maggiore e il minore;
2)come sostantivo (ed è di questo che mi à chiesto l’amico
N.C.) indica
1 intermediario,
mediatore
2 chi favorisce illeciti amori; la voce è dal lat. medianu(m),
deriv. di medius 'mezzo';
il sinonimo di questa voce nell’accezione sub 2 è la voce che segue:
ruffiano/a s.vo m.le o
f.le
1 mezzano dei proibiti amori altrui.
2 (estens.) chi aiuta altri in un intrigo
3 persona che ricorre all'adulazione e ostenta modi servili per ottenere
il favore altrui; la voce (che – con tutta probabilità - è pervenuta nell’italiano partendo dal napoletano come si evince dal tipico
raddoppiamento espressivo della consonante fricativa labiodentale sorda (f))
è
dal lat. volg. *rufianu(m) 'dai capelli rossi', o vestito di rosso ,
derivato – come ò détto - con
raddoppiamento espressivo della consonante fricativa labiodentale sorda (f)
da rufus 'rosso' addizionato del suff. anu(s) suffisso di aggettivi, spesso anche sostantivati, derivati
dal latino o formati direttamente in italiano, che indicano pertinenza per
tipologia, appartenenza a nazione,
città, gruppo, partito oppure mestiere, classe, categoria e similari.
Rammento che nel tardo ‘800 a Napoli, nella città bassa, con
il nome in esame s’usò indicare anche un garzone di maniscalco atteso che
colui, tal quale uno che aiuti chi intrighi,
era addetto a distogliere l’attenzione del cavallo affinché non scalciasse
al momento della ferratura.
Altro sinonimo della voce
mezzano, quantunque d’uso letterario e non del parlato è
prosseneta s.vo m.le in
primis sensale, mediatore; nell'antica Grecia, colui che assisteva i
sacerdoti |
( poi spreg.) mezzano,
ruffiano.
La voce è dal lat. proxeníta(m), che è dal gr. proxenítés,
deriv. di proxenêin 'ospitare, procurare', a sua volta deriv. di próxenos
'ospitante';
Ciò détto aggiungerò che per estensione le voci esaminate vengon rese
anche con
intrigante, agg.vo
m.le e f.le
1 che à l'abitudine di tramare imbrogli per ottenere qualcosa; che si
impiccia degli affari altrui: un avvocato intrigante; una persona
pettegola e intrigante
2 (figuratamente) che
incuriosisce, attira, cattura l'attenzione; accattivante;
usato anche come s.vo m.le e f.le vale
persona intrigante: essere un intrigante; comportarsi
da intrigante
la voce è il part. pres. di intrigare v. tr.
1 avviluppare, intricare: intrigare una matassa
2 (fig.) turbare, imbarazzare:
3 (fig.) affascinare, interessare,
incuriosire: un film che intriga lo spettatore; come v.
intr. vale darsi da fare, tramando imbrogli, per ottenere qualcosa;
macchinare: intrigare per avere un posto, una nomina;
quanto all’etimo intrigare è una variante di intricare (dal
lat. intricare, comp. di in illativo ed un deriv. di tricae
-arum (pl) 'intrighi, imbrogli'; variante di origine sett. (per l'occlusiva velare sonora g
al posto della occlusiva velare sorda c); nel sign. 3 si avverte l’influsso del fr. intriguer;
sempre per estensione le voci esaminate vengon rese
anche con
intrallazzatore/trice agg.vo
e s.vo m.le o f.le
1 che, chi fa
intrallazzi, scambi illeciti di beni o di favori,intrighi, imbrogli; voce
denominale di intrallazzo dal sicil. 'ntrallazzu 'intreccio, intrigo',
deriv. del lat. volg. *interlaceare, comp. di intra 'tra' e laqueus
'laccio';
andiamo oltre e diciamo che tutte le voci prese in
condirezione si ritrovano anche in senso
spregiativo come manutengolo, o paraninfo, mentre estensivamente ed in senso grandemente spregiativo si ànno
lenone, magnaccia e gergalmente pappone; esaminiamo le singole voci:
manutengolo/a s.vo m.le
o f.le
In
primis Chi tiene mano a malviventi,
aiutandoli in azioni illecite o delittuose senza avervi parte determinante.
Per
estensione, chi favoreggia altri nel compimento di attività o imprese giudicate
comunque condannabili moralmente o idealmente;
ma anche
(come nell’accezione che ci occupa) mezzano, ruffiano; etimologicamente derivazione semidotta della locuz.manu tenere= tener
mano.
Paraninfo/a s.vo m.le o f.le
1 nell'antica Grecia, colui che conduceva la sposa in
casa del marito; pronubo
2 (estens.) chi combina matrimoni;
anche (ed è il nostro caso) mezzano, ruffiano.
Voce dal lat. tardo paranymphu(m), dal gr. paránymphos,
comp. di para(primo elemento di parole composte di origine greca o di
formazione moderna, dal gr. pará 'presso, accanto, oltre'; può indicare
(come nel caso che ci occupa) vicinanza, oppure somiglianza, affinità o
deviazione, alterazione, contrapposizione (paramilitare, paranormale);
in chimica compare nei composti derivati dal benzene per sostituzione di due
atomi di idrogeno dell'anello benzenico quando gli atomi sostituiti sono
distanziati fra loro da altri due) e ny/mphí 'sposa';
lenone, s.vo m.le
e solo maschile; non è attestato un corrispondente femminile
1 nell'antichità romana, mercante di schiave
2 (lett.) favoreggiatore, sfruttatore della prostituzione;
ruffiano, mezzano. Voce dal lat. lenone(m) 'mercante di schiave';
magnaccia s.vo m.le invar. e
solo maschile; non è attestato un femminile; ed
è
voce essenzialmente dei linguaggi regionali centro-meridionali; sfruttatore
di prostitute (estens.) uomo che vive alle spalle di una donna. Voce
deriv. dal romanesco magnà
'mangiare' con riferimento al comportamento di chi sfrutta qualcuno vivendone
alle spalle;
pappone s.vo m.le
e quasi esclusivamente maschile benché sia attestato il f.le pappona:
1 (fam.) persona ingorda;
mangione
2 ( quale voce gergale) sfruttatore di
prostitute; Voce deriv. dal romanesco pappare
' verbo scherzoso che vale mangiare
con riferimento al comportamento di chi sfrutta qualcuno vivendone alle spalle.
Esaurite le voci dell’italiano, passiamo ora al napoletano dove abbiamo:
caicco s.vo m.le e
solo maschile; non è attestato al femminile
in primis indica
un’imbarcazione piccola, leggera ed armata capace di incunearsi facimente in
porticcioli o rade;
per traslato persona
che si intromette, spesso con violenza,
in affari poco leciti; semanticamente il significato traslato è da
collegarsi alla morfologia dell’imbarcazione che piccola, leggera ed armate
facilmente e rapidamente si insinua dove sia necessario operare; cosí con non
diversa facilità e rapidità la persona
che prende il nome a margine, riesce ad insinuarsi in affari poco puliti;
etimologicamente la voce deriva dal turco kayik = imbarcazione piccola, leggera ed
armata;
portapullaste s.vo m.le
e f.le indeclinabile
ruffiano, mediatore fra innamorati, procacciatore di matrimoni;
interessantissima l’etimologia del sostantivo ricavato con traduzione
pedissequa dell’espressione francese porte-poulet
(portapolletto) ma che in realtà non si riferiva a qualcuno che realmente
portasse dei polli, bensí a chi favorisse,recandoli, lo scambio di bigliettini
amorosi tra gli innamorati; la
particolare piegatura dei foglietti li faceva assomigliare a dei piccoli polli
con le alucce donde il nome spiritoso di
poulet (polletto) ed ovviamente chi
recava quei bigliettini fu détto porte-poulet
(portapolletto); da rammentare che originariamente tale scambio di
bigliettini amorosi avveniva tra
innamorati della medio-alta borghesia partenopea avvezza alla lingua francese usata anche nella corte
per cui il mediatore fra innamorati, piú
che esser détto semplicemente portabigliettini,
fu détto alla francese porte-poulet; quando poi la medesima
abitudine passò tra gli innamorati del popolo che non avevano dimestichezza con
la lingua d’oltralpe, ma solo con l’idioma partenopeo ecco che porte-poulet (portapolletto)diventò portapullaste restando acquisito come
sostantivo per indicare il mezzano, il ruffiano etc. e venne usato
nell’espressione tipica Fà ‘o
portapullaste.
Ad litteram: fare il
porta pollastri Id est: agire da
mezzano, da ruffiano che rechi messaggi alternativamente
all’ amoroso o all’amorosa; per traslato fare il propalatore di notizie, per il solo
gusto di portarle in giro senza neppure
riceverne alcun sia pure piccolo vantaggio quale ad es.
una mancia che si è soliti dare ad un garzone di macellaio che rechi
effettivamente dei polli acquistati e non bigliettini amorosi.
Ruffiano/a s.vo m.le
o f.le di questo s.vo ò già détto precedentemente;
qui aggiungo solo che un tempo la suddetta funzione di
intermediario, mediatore, ma di quelli onesti e non di quelli illeciti amori tra giovani coppie borghesi o
piú spesso popolane, la funzione di procacciatore di matrimoni, era svolta da taluni canonaci/confessori del
duomo napoletano che si prestavano, compensati con una piccola offerta, a
queste mansioni e poiché costoro indossavano delle calze tassativamente rosse
ecco che la parola ruffiano che aveva un suo aspetto negativo atteso che –
come ò détto – costui spesso era un mezzano di
amori illeciti e/o proibiti ed estensivamente addirittura un
intrallazzatore, ecco che con riguardo ai canonaci/confessori del duomo
napoletano che si prestavano a far da intermediarî, mediatori, procacciatori di
matrimoni, si dismise l’uso della voce ruffiano
e si coniarono le semplici cauzerosse/cauzetterosse
(calze rosse) con evidente riferimento a quelle indossate dai canonaci/confessori del duomo napoletano;
tale clero era solito indossare non solo calze, ma anche talari di una
particolare tonalità di rosso (diverso da quello cardinalizio),ma cosí
brillante che li faceva riconoscer anche
di lontano. Costoro oltre il generico nome di ruffiano o cauzarossa/cauzettarossa
si ebbero anche quello intraducibile
di rucco-rucco
voce che ripeteva il suono onomatopeico ruc-ruc tipico dei colombi in amore e
ciò non perché i canonaci/confessori del duomo napoletano amoreggiassero tra
loro o con le fedeli, ma solo perché, con la loro azione, si impegnavano a
favorire incontri d’amore tra nubendi.
Ricuttaro/a s.vo m.le
o f.le Con il s.vo a margine che solo iperbolicamente
rientra tra i sinonimi delle voci in epigrafe,
si rende in napoletano il termine lenone dell’italiano. Al proposito
dirò che a Napoli da sempre il lenocinio è praticato da piccoli furfantelli e/o
camorristi, uomini o donne. Temporibus illis,cioè a fine '800 i piccoli
furfanti ed i camorristi venivano arrestati e finivano sotto processo durante il quale
dovevano esser difesi da avvocati che,qualora non fossero affiliati alla
camorra, volevano esser pagati. A mettere insieme i fondi necessarî
provvedevano i compagni dei detenuti che procedevano ad una questua piú o meno
vessatoria tra piccoli commercianti e bottegai sia adiacenti al Tribunale, sia
operanti nel rione d’origine del/dei furfante/i sotto processo. Tale questua finalizzata era
detta 'a recoveta (la raccolta) da recoveta a recotta il passo è
breve e da recotta a ricuttaro è ancora piú breve;successivamente con il
termine ricuttare si indicarono non
soltanto i questuanti suddetti, ma piú segnatamente i lenoni,i ruffiani,i protettori,i prosseneti
etc. che spessissimo traevano origine appunto
dalle schiere di quei camorristi questuanti.
rucco-rucco s.vo m.le
e solo m.le; non è attastato un corrispondente femminile mezzano, ruffiano, paraninfo
e per estensione furbesca anche prosseneta,
protettore, lenone, pappone; il s.vo è dato dalla reiterazione d’una voce
onomatopeica (rucc→rucco, ma talora,
sia pure con poca precisione anche rucche donde rucche-rucche) riproducente il tubare dei colombi nel periodo degli
amori; poiché il mezzano, il ruffiano,il paraninfo nello svolgere il suo compito di
mediatore o intermediaro (che tende a persuadere solitamente una donna ad accettare gli approcci d’un uomo) è
solito tenere un atteggiamento di estrema prossimità fisica con il soggetto da
convincere, parlandogli sommessamente e fittamente tale atteggiamento è
molto simile a quello che tengono i
colombi quando amoreggiano donde il rucc→rucco dei colombi se ne è tratto la
voce a margine.
Ed a questo punto sarebbero esaurite le voci che strictu
sensu ripeterebbero quelle dell’italiano e dell’epigrafe e potrei far punto
fermo, ma nel napoletano esistono numerose altre voci partenopee di cui mette
conto dire perché ripetono ad un dipresso quelle dell’italiano di cui mi sono occupato
parlandone per estensione; esse sono:
accordamessere s.vo m.le
e f.le letteralmente chi accorda o compone rapporti interpersonali e dunque intermediario/a, mediatore/trice ed
in senso esteso anche lenone, prosseneta,
ruffiano, mezzano, paraninfo; la voce deriva dall’agglutinazione
funzionale della voce verbale accorda con
il s.vo messere; accorda è la 3ª
pers. sg.ind. pres.dell’infinito accurdà =accordare, comporre rapporti, mettere
d'accordo, conciliare dal lat. mediev. *accordare
'conciliare', deriv. del lat. cor - cordis 'cuore', sul modello di concordare;
messere è un s.vo
m.le = signore; voce antica ed ormai desueta, di sapore ironico, voce che
si ritrova anche nel significato
canzonatorio di stupido, sciocco e credulone in qualche poeta d’antan ( ad es.:
E. Murolo che in una sua gustosa canzone di cui ora mi sfugge il titolo, lo usa
ironicamente appunto in luogo di becco, affermando che una donna supera, se
intende tradirlo, tutte le pastoie approntatele dal proprio uomo, giungendo,
metaforicamente, a fumarselo e a farlo messere id est becco in quanto l’uomo è
sciocco, stupido e credulone); la voce, ò detto di per sé etimologicamente sta per mio signore, mio
sire risultando esser composta dal provenz.: mes=mio +sere/sire=signore e nella
voce in esame à un significato piú generico stando ad indicare qualsiasi
soggetto maschile messo d’accordo, conciliato con un soggetto dell’altro sesso
dall’opera compositiva, persuasiva del/della intermediario/a, mediatore/trice ;
custiunante, s.vo m.le
f.le intermediario/a,
mediatore/trice di affari illeciti con
comportamenti implicanti dispute e diverbi;etimologicamente è una voce verbale (participio
pr. dell’infinito custiunà=questionare);
a sua volta custiunà è un denominale
di custione
che è dal lat. quaestione(m), deriv. di quaerere 'domandare,
interrogare'; tipica ed interessante nel napoletano il passaggio della consonante
(q) alla l'occlusiva velare sorda(c).
facenniere/facennèra s.vo
m.le o f.le mestatore, intrigante,
intrallazzatore, traffichino, voce denominale attraverso il suff.
di competenza iére (per il m.le) ed èra (per il f.le) voce denominale di facenna dal lat. facienda→facenna 'cose da
farsi', propr. neutro pl. di faciendus, gerund. di facere 'fare'.
mettennante s.vo m.le e
f.le intermediario/a, mediatore/trice
intrigante e traffichino/a avvezzo/a a proporre, consigliare, suggerire
soprattutto donne di cui è solito esporre, porre innanzi le qualità migliori
vere o presunte; la voce deriva dall’agglutinazione della voce verbale mette con l’avverbio annante=avanti; mette è la 3° pers.
sg.ind. pres.dell’infinito mettere =,porre, disporre, collocare, mettere dal lat. mittere 'mandare' e
poi 'porre, mettere' annante è dal lat. tardo abante,
comp. di ab 'da' e ante 'prima';
mmezzejapiccerille s.vo m.le e f.le di per sé in primis chi istiga ed aizza bambini invogliandoli ad
azioni malevoli e dunque intermediario/a, mediatore/trice intrigante
e traffichino/a infido, infedele, perfido, sleale; anche questa voce deriva da
una agglutinazione, quella della voce
verbale mmezzeja con il s.vo pl.piccerille;mmezzeja è la 3ª pers. sg.ind.
pres.dell’infinito ‘mmezzià: riferire dicerie e maldicenze o piú
esattamente:suggerire azioni e/o pensieri malevoli e quindi: istigare;
etimologicamente da riferire ad un tardo latino invitiare deverbale d’un in illativo + vitium = spingere
all’errore e per estensione spingere ad azioni malevoli; qualcun altro
propenderebbe per un ipotetico e peraltro non accertato basso latino in+*malitiare=
spingere alla malizia; ma non si comprendono i motivi per lasciare una via
certa e percorrerne una incerta nemmeno tanto agevole semanticamente parlando,
non essendovi gran che di differente tra il vitium(errore, colpa, irregolarità)
richiamato dalla prima e la supposta
malitia (malizia, astuzia, furberia) della seconda; piccerille è un s.vo m.le pl. di piccerillo = bambino,
piccino, ragazzino etimologicamente è voce derivata da un lemma fonosimbolico pikk
(donde anche l’italiano: piccino)
con ampliamento della base attraverso rillo(m.le)/rella(f.le) (cfr.piccerillo/piccerella) o altrove reniello/renella (piccereniello/piccerenella);
‘mpecajuolo/’mpecajola, s.vo m.le o f.le mediatore/trice intrigante
e traffichino/a importuno/a e fastidioso/a infido/a, infedele, perfido/a,
sleale che non lesina pur di pervenire al suo scopo di litigare; la voce è un
denominale di‘mpeca s.vo
f.le che connota un bisticcio futile, una
faccenda importuna e fastidiosa, destinata però
a risolversi in fretta; etimologicamente tale parola è da
collegarsi ad un ant. tedesco biga (= lite) cui è anteposto un in→’m illativo;alla
parola è unito il suffisso di pertinenza juolo/iola
derivati del lat. olu(s)/ola;
‘mpechiero/‘mpechera, s.vo
m.le o f.le sono parole antiche, ma non desuete che come altre
erano in uso in famiglia e fra il popolo
al tempo della mia fanciullezza ed ancóra oggi mi capita di ascoltare talvolta
sulla bocca di amici o meglio di amiche riferita ad uomo,o piú spesso una donna intrigante, inframmettente,
pettegola, che non disdegni – a maggior cordoglio – il raggiro, l’imbroglio nel
tentativo di impicciarsi dei fatti altrui, impegolandovisi. La ricerca dell’etimo
della voce a margine non mi appare complicatissiva; vi leggo molto chiaramente
un deverbale del greco empleko=intratesso, intreccio addizionato dal solito
suffisso di competenza era; la caduta della e iniziale di empleko giustifica il
segno d’aferesi con cui preferisco scrivere ‘mpechera al posto del semplificato
mpechera dove la m d’avvio priva d’aferisi potrebbe indurre qualcuno a
ritenerla non etimologica, ma mera aggiunta eufonica come càpita ad. es. per la n di nc’è per c’è.
’ndrammera/’ntrammera, agg.vo e talora s.vo f.le e solo femminile atteso che
un corrispondente maschile ’ndrammiero/’ntrammiero,oppure ‘ntrammettiere= uomo ,volgare, intrigante,pettegolo non
è attestato e non è usato né nello
scritto, né nel parlato comune;anche
la voce a margine (unica voce con due grafie leggermente diverse) è voce antica
ed abbondantemente desueta; letteralmente valse: donna pettegola ed intrigante, inframmettente, linguacciuta, che
tesse trame; etimologicamente delle due
grafie riportate la seconda (ntrammera) appare quella piú esatta
e con ogni probabilità originaria atteso che risulta formata da una consonante
eufonica n protetica del s.vo trama (con raddoppiamento espressivo
della nasale bilabiale m) e con il suffisso di pertinenza èra; l’altra
grafia (ndrammera) è palesemente ricavata dalla originaria ntrammera
attraverso la sostituzione della consonante occlusiva dentale sorda t con la piú dolce consonante occlusiva dentale
sonora d;
percacciante agg.vo ed
anche s.vo m.le e f.le procacciatore/trice, mestatore/trice, intrallazzatore/trice,
traffichino/a, mediatore/trice ambiguo/a, ipocrita, sleale;
etimologicamente
la voce è il part. pres. del verbo percaccià
= procacciare, procurare, produrre,
determinare, arrecare etc.; percaccià è
marcato sul fr. pourchasser e
sul prov. percasar che si ritrovano
anche nel siciliano e calabrese pircacciari.
sanzaro/a
s.vo m.le o f.le
di per sé in napoletano, con la voce a margine si intende il
sensale, il mediatore, l’intermediario, spec. per la compravendita di immobili
o di prodotti agricoli e di bestiame. in senso
estensivo chi combina
matrimoni; oppure (ancóra in senso
estensivo e furbesco)ed è il nostro caso)
mezzano, ruffiano. La voce napoletana deriva dall’arabo simsâr→sinsâr→sansâr→sanzaro.
Non mi pare ci
siano altri vocaboli napoletani che
strictu sensu o in maniera estensiva traducano quelli in epigrafe; per cui mi fermo
qui, sperando d’avere accontentato l’amico N.C., interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori. e chiunque
forte dovesse imbattersi in
queste paginette.
Satis est.
Raffaele
Bracale
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