INQIETARE, IMPORTUNARE, INFASTIDIRE & dintorni
Questa volta prendo spunto da una richiesta fattami da un caro amico,P.G.(motivi
di riservatezza mi impongono le sole iniziali delle generalità) facente parte
della Ass.ne Ex Alunni del Liceo classico G.Garibaldi di Napoli, per parlare
delle voci italiane in epigrafe ed illustrare a seguire quelle che le rendono
in napoletano. Entriamo súbito in medias res e troviamo:
inquietare
v. tr.
1 rendere inquieto; turbare, preoccupare: pensieri che inquietano l'animo
2 (ant.) vessare, perseguitare, irritare, spazientire inquietarsi v. intr.
pron.
1 (non comune) mettersi in ansia per qualcosa; preoccuparsi
2 irritarsi, spazientirsi: si inquieta con tutti per un nonnulla.
Quanto all’etimo è un verbo derivato dal lat. inquietare, deriv. di inquietus
'inquieto';
importunare
v. tr.
dar fastidio, disturbare, recare molestia:
specialmente con richieste ripetute: importunare una donna, infastidirla con un
eccesso di galanteria o con apprezzamenti sconvenienti | in formule di cortesia:
scusi se la importuno; non vorrei importunarla.
Quanto all’etimo è un verbo derivato dall’aggettivo importuno che è dal lat.
importunu(m), comp. di in- 'non' e (op)portunus 'opportuno';
infastidire
v. tr.
dar fastidio, disturbare, recare molestia:
1 recare noia a qualcuno: infastidire gli altri con le proprie lamentele
2 (ant.) provare ripugnanza per qualcosa; avere a noia ||| infastidirsi v.
intr. pron. seccarsi, perdere la pazienza: s'infastidisce per cose da nulla.
Etimologicamente è verbo derivato dal sostantivo fastidio con il prefisso di un
in illativo; fastidio è dal lat. fastidiu(m) 'ripugnanza, disdegno', probibile
contaminazione di fastus 'orgoglio' e taedium 'noia, disgusto'.
I limitati verbi dell’italiano or ora illustrati trovano nel napoletano
numerosissimi e forse piú precisi alleati che sono:
abbafà
v. intr. che in primis vale: inaridire,
alidire, insecchire, riardere per effetto dell’eccessivo calore; per
traslato vale: tediare, seccare, importunare che è del comportamento
tipico delle persone fastidiose che si appiccicano addosso tal quale un’aria
greve e calda; quanto all’etimo si tratta d’un denominale del sostantivo
d’àmbito laziale e romano bafa
collaterale di afa = calore eccessivo,
alidore fastidioso;
fruscià
v. intr. e trans. che in primis vale fluire, scorrere copiosamente; per
traslato vale: molestare, contristare, importunare (che è del comportamento
tipico delle persone fastidiose) ed ancóra dissipare, sciupare; nella forma
riflessiva frusciarse vale: affannarsi, affaccendarsi, pavoneggiarsi, darsi
importanza (che è del comportamento tipico delle persone che affaccendate a
fare alcunché, non ànno voglia e tempo di accorgersi degli altri ritenuti
inferiori;) quanto all’etimo si tratta d’un derivato del lat. frustiare;
‘ncuità
v. trans. in primis vale: Inquietare, dar fastidio a ql.cn, e poi anche:
beffeggiare, fare, giocare una beffa a qualcuno, canzonare, deridere; la forma
riflessiva ‘ncuitarse vale adirarsi, irritarsi; quanto all’etimo si tratta d’un
verbo denominale formato partendo da un in→’n distrattivo + il lat.
quietus=quieto, tranquillo e cioè incuitare/’ncuità sta per toglier la quiete,
la tranquillità;
adafarse v.bo intrans. desueto, usato quasi esclusivamente
nella forma riflessiva a margine nel significato primo di sbuffare,smaniare e poi in quelli traslati di infastidirsi, infuriarsi,spazientirsi; il significato primo fa
riferimento all’atteggiamento tenuto da
chi in preda ad un attacco di eccessivo calore, soffi, ansi, ansimi finendo per
seccarsi, spazientirsi, irritarsi; etimologicamente è voce denominale di afa
=aria soffocante (dal greco aphê
piú che da un non attestato latino parlato *(b)afa)
sbaní
v.bo intrans. desueto, usato in primis nel senso di 1 svanire, venir meno; e poi 2 vaneggiare, farneticare,
sragionare, sconnettere, delirare, dare
i numeri; ed infine nel senso
traslato che ci occupa di innervosire,
stizzire, indispettire, seccare, scocciare
che è ciò che fa chi sragioni, sconnetta,
deliri. etimologicamente è voce denominale del lat. vanum con protesi di una s intensiva
ed alternanza v→b (cfr. varca→barca -
vaso→bacio, botte→votta etc.)
crucifiggere v.bo trans. desueto nell’accezione figurata, usato in primis nel senso di 1 sottoporre
al supplizio della croce
2 (fig.) tormentare,
assillare seccare, infastidire, irritare
etimologicamente è voce dal
lat. crucifigere, da cruci+ figere 'affiggere alla croce'
‘nfanfarí
v. trans. che in primis vale: Inquietare, dar fastidio a ql.cn, e poi anche:
frastornare,stordire, intontire; quanto all’etimo si tratta d’un verbo
denominale formato partendo da un in→’n illativo + il s.vo fanfaro/’nfanfaro =
fanfarone, smargiasso, millantatore etc. che è a sua volta dallo spagnolo
fanfarrón con tipica riduzione della erre come càpita ad es. nell’italiano
caricare che è dal lat. *carricare (da carrus): il napoletano carrecà conserva
invece la doppia di *carricare;
‘nfardà
v. trans. che in primis vale:Insozzare,sporcare e poi anche ripiegare e cioè
dare luogo all’operazione detta infaldatura, operazione finale nella produzione
dei tessuti, consistente nel piegare in falde sovrapposte la pezza del tessuto;
quest’ultima accezione che compendia un’azione lunga, noiosa e fastidiosa,
spiega semanticamente il passaggio del verbo a margine al significato di
infastidire, dar fastidio; il verbo ‘nfardà deve il suo significato primo di
insozzare, sporcare al fatto che etimologicamente è verbo ricavato da un in
(illativo) + il s.vo farda che in napoletano con etimo dall’ ant. francone fard
vale escremento, sterco; il passaggio ad infaldatura è dovuto invece alla
confusione popolare del s.vo farda←fard con farda (falda) che è dal gotico
falda= piega
‘nfettà
v. trans. che in primis vale:Infettare, contaminare; e poi annoiare,
infastidire; etimologicamente è verbo dal lat. infectare 'avvelenare, turbare',
deriv. di infectus; il passaggio semantico tra primo e successivi significati
si spiega intuitivamente: ogni contaminazione, ogni infezione procura noia e
fastidio…;
scuccià
v. trans. e riflessivo che vale: dar noia, fastidio ed esattamente rompere, sia
pure figuratamente, la testa; scocciarsi
v. intr. pron. seccarsi, annoiarsi; etimologicamente è verbo da un ex + coccia
(cranio, testa) derivato da un lat. reg. cocia→coccia per cochlea= guscio della
conchiglia concavo come il capo;
sfastedià
v. trans. e riflessivo che vale: infastidire, disturbare, importunare
sfastediarse v. intr. pron. annoiarsi; etimologicamente è un denominale del
lat. fastidiu(m)= noia, tedio addizionato in posizione protetica di una s
intensiva;
sfruculià
verbo trans. infastidire, stuzzicare, punzecchiare tediosamente. Si tratta di
un verbo della parlata napoletana, pervenuto poi nell’italiano,stranamente
senza alcun adattamento (di solito i napoletanismi (cfr. ad es.
scustumato→scostumato)mutano le chiuse u nelle piú aperte o
) nel significato di tediare, infastidire, punzecchiare, stuzzicare e simili.
Illustro qui di seguito la piú famosa locuzione partenopea costruita con il
verbo a margine:
Sfruculià
'a mazzarella 'e san Giuseppe
Ad litteram: sbreccare il bastoncino di san Giuseppe id est: annoiare,
infastidire, tediare qualcuno molestandolo con continuità asfissiante, quasi
sbreccandone dei pezzetti.
La locuzione si riferisce ad un'espressione che la leggenda vuole affiorasse, a
mo' di avvertimento, sulle labbra di un attento e severo servitore veneto posto
a guardia di un bastone ligneo ceduto, durante un suo soggiorno veneziano da
alcuni lestofanti al credulone tenore Nicola Grimaldi ( 1700 ca), come
appartenuto al santo padre putativo di Gesù. Il settecentesco celeberrimo
tenore il 1° agosto del 1713 rientrò a Napoli da Venezia - dove aveva trionfato
a “La Fenice” - convinto di recare con sé l’autentico bastone (la mazzarella)
al quale San Giuseppe si era sostenuto nell’accompagnare la Madonna alla Grotta
di Betlemme e che (stando almeno a quanto fa intendere Annibale Ruccello) si
favoleggiava fosse efficace strumento per scacciare il Maligno dal corpo degli
indemoniati. Espose dunque il bastone in una nicchia ricavata nel salotto del
suo palazzo (palazzo Cuomo) alla Riviera di Chiaia, e vi pose a guardia un suo
servitore veneto con il compito di rammentare ai visitatori di non sottrarre, a
mo' di sacre reliquie, minuti pezzetti (frecule) della verga, insomma di non
sfregolarla o sfruculià. Come si intende il verbo a margine è dunque un
denominale che partendo dal s.vo latino frecula (pezzettino) addizionata in
posizione protetica di una esse (distrattiva) è approdato a sfruculià/sfreculià
passando attraverso una s (intensiva)+ il lat. volg. *friculiare=sfregare
dolcemente, ma insistentemente fino a sbreccare in tutto o in parte l’oggetto
dello sfregamento; chiaro ed intuitivo il traslato semantico da
sfregare/sbreccare a l’infastidire;
stunà
v. trans. e riflessivo che vale in primis:stordire con logorrea e/o eccessivo
volume di voce, poi turbare, sconcertare ed infine rintronare,tramortire
colpendo alla testa con un colpo;va da sé che lo stordire o il turbare
comportino l’annoiare, il seccare, l’infastidire; stunarse v. intr. pron.
seccarsi, annoiarsi;con altra valenza piú restrittiva il verbo stunà vale
stonare, fare stecche (nella musica o nel canto).Etimologicamente il verbo a
margine è un derivato del fr. étonner 'stupire', dal lat. volg. *extonare;
mentre per la valenza relativa al canto si può accettare una derivazione dal
s.vo tono con la protesi di una esse distrattiva: perdere il tono;
stuzzecà
v.tr.
1 toccare, frugare qua e là, spec. con un oggetto sottile e appuntito; toccare
insistentemente, provocando irritazione, dolore;
2 (fig.) eccitare, stimolare;
3(fig.ed è il caso che ci occupa) molestare, irritare, punzecchiare;
3 (fig.) eccitare, stimolare; Per nulla tranquilla la questione etimologica del
verbo a margine: per alcuni sbrigativamente si tratta di una voce onomatopeica,
ma nessuno si perita di chiarire donde deriverebbe tale gratuita,supposta
onomatopea, per cui mi pare che questa che parla d’onomatopea, sia idea da
scartare; come pure mi pare da scartare l’idea che chiama in causa un non
attestato lat. *tudiare (da tudes= martello) con una sovrapposizione di un
longobardo stuzzian (=?): troppo arzigogolata e poco dimostrabile!...Come
arzigogolata o troppo fantasiosa e poco dimostrabile o significativa è una
ipotizzata derivazione dall’ a.a. tedesco stôzen(=?); ugualmente è – a mio
avviso – da dirsi troppo arzigogolata e poco dimostrabile, oltre che molto
fantasiosa quella che propose il Caix che pensò a non attestati
*stoccicare/*stozzicare che ipotizzò derivati da stocco=arma bianca piú corta
della spada, con lama piú stretta e a sezione triangolare, per ferire di punta.
Tutto sommato, a mio avviso, se si vuole evitare di arrendersi ad un etimo
sconosciuto lavandosene le mani, meglio mettersi sulle orme del D.E.I. e
pensare a questo stuzzecà come ad un iterativo di tuzzà = urtare, sbattere
contro etc.(derivato da un *tuccjare→tuzzà con cj→zz come alibi per allazzà –
curazza etc.) iterativo rafforzato da una esse durativa in posizione protetica:
da tuzzà→tuzzecà e poi stuzzecà nel significato di urtare ripetutamente e
dunque molestare, irritare, punzecchiare;
zucà
v. trans. in primis vale: succhiare, suggere, poppare per traslato sta per
seccare, infastidire, tediare; quanto all’etimo di questo verbo (per il quale è
facilmente intuibile il collegamento semantico tra i primi significati e quelli
traslati,) tutti concordemente parlano di una derivazione da un *sucare
(denominale di sucus che diede anche un suculare donde succhiare).
Giunto a questo punto e prima di porre un punto fermo voglio
rammentare un’usatissima, icastica quantunque becera – se non volgare - espressione partenopea che vale incollerire, stizzire, indispettire,
innervosire, spazientire, sdegnare, infastidire, tediare lungamente e
ripetutamente; essa suona: rompere/scassà ‘o cazzo espressione
usata quasi del tutto nella forma esclamatoria: Me/ce staje rumpenno/scassanno
‘o cazzo! o in quella intimidatoria: Nun
mme rompere/scassà ‘o cazzo! ambedue espressioni da intendersi ovviamente
in senso figurato atteso che chi stizzisca, indispettisca, innervosisca,o
spazientisca il suo prossimo non gli rompe e/o lesiona materialmente
l’appendice anatomica; tuttavia la locuzione semanticamente si comprende se si
penza che colui/colei che importuna
qualcuno con un atteggiamento fastidioso e/o tediante possa
indurre o induca il tediato ad usare nei
suoi confronti la piú oltraggiosa punizione ipotizzabile, quella cioè di sodomizzarlo/a per modo che la vittima dell’ipotizzata pratica sodomitica
finisca per arrecar ulteriore molestia
al sodomizzatore procurandogli una reale lesione dell’asta! Ma che si tratti di espressione figurata lo si
ricava anche dal fatto che la locuzione si può cogliere non solo sulle labbra di
uomini, ma anche di donne scurrili che sono ovviamente sprovviste
dell’appendice de qua! Espressione analoga a
rompere/scassà ‘o cazzo ancorché piú becera è quella dittante cacà
‘o cazzo espressione anche essa usata quasi del tutto nella forma
esclamatoria: Me/ce staje cacanno ‘o cazzo! o in quella
intimidatoria: Nun mme/ce cacà ‘o cazzo! Anche questa locuzione è da intendersi
ovviamente in senso figurato in
riferimento a chi stizzisce, indispettisce, innervosisce,o spazientisce il suo
prossimo al segno che il tediato è spinto
ad usare nei suoi confronti la piú oltraggiosa punizione ipotizzabile,
quella cioè di sodomizzarlo/a per modo
che la vittima dell’ipotizzata pratica
sodomitica per liberasi dell’appendice anatomica che lo vilipende debba figuratamente evacuarlo
a mo’ di feci
rompere v.bo trans.
1 fare a pezzi, mandare in frantumi, sbreccare;
2spezzare,
spaccare sfasciare, rovinare, distruggere; voce dal lat.
rumpere;
scassàv.bo trans. 1
fare a pezzi, mandare in frantumi, sbreccare; voce dal latino
ex-quassare=scuotere fino alla rottura
2 (fam.come nel caso che ci
occupa ) rompere, rendere inutilizzabile:
cacà v.bo intr. e tr. [ dal lat. cacare] –
Espellere le feci, defecare; cacarse sotto (cacarsi sotto), anche fig., avere gran paura;cacà
sanco (cacar sangue), per
dissenteria (fig., faticare duramente, ottenere qualche cosa con grande
sforzo).
3 (agr.) lavorare, dissodare il terreno in
profondità
voce dal latino
ex-quassare=scuotere fino alla rottura;
cazzo s.vo m.le1(in primis ) membro
virile, pene
2 (fig.) persona sciocca, minchiona; testa
di cazzo, (fig.) imbecille, minchione
3 (fig.) nulla, niente:
voce del gergo marinaresco dal greco (a)kàtion = albero della nave); è ovvio l’accostamento semantico tra l’albero della nave ed il
pene in erezione.
E qui penso proprio di poter mettere un
punto fermo: satis est.
Raffaele Bracale
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