martedì 16 settembre 2008

UN’ANTICA PAROLA NAPOLETANA: NIBBA & dintorni.

UN’ANTICA PAROLA NAPOLETANA: NIBBA & dintorni.
La voce riportata in epigrafe: nibba nel significato di per niente, per nulla, assolutamente no è un antichissimo avverbio di negazione che , piú che nello scritto (ne ò trovato pochissime, quasi nulle attestazioni negli scrittori come il Cortese, lo Sgruttendio, il Basile etc.) fu usato soprattutto nel parlato popolare partenopeo con diretta derivazione dalla parlata di gerganti (cfr. la cosiddetta parlèsia dei suonatori ambulanti),vagabondi e malviventi cosí come attestato nei repertori di A.Prati (1940), di L.Pulci (sec. XV) B. Puoti (1841) e nei piú vecchi dizionarî della lingua napoletana (D’Ambra, Andreoli,P.P.Volpe)oltre che nei moderni calepini (Altamura, D’Ascoli, Salzano) che copiano i vecchi dizionarî.
Per il vero la voce nibba non fu voce esclusivamente partenopea; me lo confermano il poeta Gigi Zanazzo (1890 circa) che in un suo repertorio la riporta come voce d’uso popolare romanesco ed il glottologo Carlo Malaspina (1858) che l’elenca – sia pure come voce furbesca- in un suo vocabolario parmigiano – italiano; e tutto ciò a probabile riprova che in origine si trattò di voce di gerganti ambulanti adusi a passare di regione in regione.
Ciò premesso, rammenterò che, quantunque non riportato da alcun calepino antico la voce d’origine usata quale avverbio per indicare per niente, per nulla, assolutamente no non fu nibba ma nisba voce quest’ultima, ancóra viva e presente nei moderni dizionarî (romanesco,siciliano, italiano etc.) nei medesimi significati attestati per nibba ed usatissima dagli sceneggiatori dei films italiani prodotti o girati nell’Urbe a Cinecittà.
Ma torniamo alla voce in epigrafe : nibba e vediamo se è possibile indicarne o trovarne l’etimologia.
Manco a dirlo, non v’è alcuna identità di vedute, tra gli addetti ai lavori, circa l’etimo di questa voce che ci occupa.
Non tutti la prendono in esame, e quelli che lo fanno o svicolano (etimo ignoto o incerto) oppure danno libero sfogo alla fantasia; ad es. Altamura ipotizza il lat. nihil senza spiegare il cammino morfologico seguíto per giungere a nibba partendo da nihil; idem dicasi per i compilatori del G.D.L.I. Garzanti che ipotizzano il tedesco nichts senza spiegarne il cammino morfologico per giungere a nibba; ed infine neppure mi convince il D’Ascoli che si inventa un inesistente francese ne pas che comunque non mi convincerebbe morfologicamente neppure se fosse un esistente n’ai pas o anche un n’ est(ce) pas.
A mio avviso la faccenda si risolve per tutt’ altra via e cioè tenendo presente che – come ò già accennato – la voce originaria fu nisba donde con assimilazione regressiva nibba. E per quanto riguarda l’etimo bisogna dunque pigliare in considerazione nisba donde poi nibba.Orbene la parola nisba, esiste nell'onomastica araba dove indica il luogo di appartenenza o di provenienza geografica, reale o simbolica, recente o antica di una persona.In genere tale nisba è collocata alla fine della sequenza onomastica e non è raro il caso in cui una persona ne annoveri piú di una o al contrario che non ne riporti nessuna . Dal che si può ragionavolmente dedurne che, in tempi andati, arabi vagabondi che si aggregavano ad altri vagabondi o, peggio ancóra!,malviventi arabi che si univano a malviventi della città partenopea, talvolta celassero ad arte il loro luogo di appartenenza o di provenienza geografica, reale o simbolica, recente o antica, di talché la loro nisba risultasse nulla,e semanticamente la parola nisba come riguardante qualcosa che non era indicata o era inesistente potette finire per significare nulla, niente. E da nisba (come visto ancóra presente, usato ed attestato), per assimilazione regressiva il passaggio a nibba voce abbondantemente desueta e forse in uso solamente nella parlèsia dei posteggiatori partenopei che non avessero ancóra accolta la piú comune nisba oggi registrata dal F. Ravaro e dal Chiappini come voce romanesca.
raffaele bracale

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