giovedì 1 gennaio 2009

CRAJE, CRAJE ‘O FFA ‘A CURNACCHIA.

CRAJE, CRAJE ‘O FFA ‘A CURNACCHIA.
Ad litteram: cra, cra lo fa la cornacchia id est: lo cra, cra è il verso della cornacchia.
Cosí a Napoli ironicamente si suole rispondere a chi faccia le viste di voler rimandare ad un non meglio precisato domani (cras) i suoi obblighi ed i suoi adempimenti, laddove sarebbe tenuto ad un rapido adempimento di quanto dovuto. A chi, interrogato sul quando avrebbe intenzione di tener fede al promesso, dovesse rispondere con un latineggiante: “Cras, cras” nel chiaro intento di procrastinare sine die il suo obbligo, gli si può opporre la locuzione in epigrafe per indurlo a tener fede al suo dovere. Trovandomi a dire di cras, continuo a parlare di tempo ricordando che una volta in napoletano oggi si disse con derivazione dal lat. hodie, oje; epperò taluni sprovveduti scrittori partenopei usarono impropriamente questo termine oje al posto del vocativo oj (ehi!); per la verità il termine oje è un termine ormai in disuso e viene usato il piú italianizzato ogge, ma un tempo era usatissimo come usati erano i termini
craje (domani) dal lat. cras
piscraje (dopodomani) dal lat. bis+ cras
pescrillo (il terzo giorno dopo) lat. bis+cras+ille
Oggi usiamo, purtroppo termini italianizzati: dimane, doppodimane, e non facendo piú progetti a lunga scadenza, non parliamo proprio del terzo giorno dopo.
raffaele bracale

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