domenica 3 maggio 2009

VERRIZZO

VERRIZZO
Con l’antica voce in epigrafe ( voce peraltro nota ormai quasi solamente ai napoletani piú anziani, essendosi irrimediabilmente depauperato il lessico d’antan) verrizzo, che al plurale fa verrizze, nella parlata napoletana vengono indicati le bizze, i capricci stizzosi,le stravaganze, le voglie irrazionali ed estensivamente anche quelle lussuriose, libidinose; chi ne va soggetto è détto verruto/a, ma pure verrezzuso/osa.
Annoto innanzi tutto che ‘e verrizze son quasi sempre riferiti nel loro significato primo di bizze, capricci,stranezze, voglie irrazionali o ai bambini o alle donne, nella presunzione che un uomo fatto, difficilmente possa lasciarsi prendere da bizze o capricci, di talché i termini verruto o verrezzuso, riferiti ad un uomo fatto, stanno quasi esclusivamente ad indicare un soggetto proclive alla lussuria o libidine, cosí come dal significato estensivo di verrizzo.
Quanto all’etimologia del termine in epigrafe, la questione non è di poco conto; la maggior parte dei compilatori di dizionarî, che accolgono il termine se la sbrigano con un’annotazione pilatesca: etimo incerto.
Qualche altro, lasciandosi però chiaramente trasportare dal significato estensivo della parola, propone una timida paretimologia, legando la parola verrizzo, al termine verro che è il porco non castrato atto alla riproduzione, nella pretesa idea che il verro sia portato, almeno nell’immaginario comune, a pratiche libidinose, ma la proposta paretimologia, proprio per essere tale, poco mi convince.
A mio sommesso parere, penso che la parola in epigrafe possa tranquillamente derivare dall’unione del verbo latino velle ( letto rotacizzato come verre) con il sostantivo izza agganciandosi semanticamente ad un comportamento originariamente iracondo, stizzoso e poi capriccioso, stravagante,strano; la voce izza è piú nota nella forma varia ed intensiva bizza (ma sia izza che bizza provengono dall’antico sassone hittja = ardore).
Partendo da vell(e)+izza si può pervenire a vellizzo e di qui a verrizzo con tipica alternanza della liquida L→R, successivo affievolimento della piena e tonica mutatasi nella evanescente e e maschilizzazione del termine passato da verrizza a verrizzo adattamento resosi necessario atteso che – pur trattandosi di un difetto (che comunque comportava una manifestazione d’ardore,non ipotizzabile di pertinenza del sesso femminile) era piú consono (in epoca di maschilismo) ritenerlo di genere maschile (suff. in o) piuttosto che femminile (suff. in a).
Infine, a margine di tutto ciò che ò detto su verrizzo,voglio rammentare che esiste un altro antico vocabolo partenopeo, fortunatamente ancóra usato con cui si indica il capriccio, la bizza, le testarde impuntature, il reiterato insistere in richieste sciocche e pretestuose, quasi esclusivamente da parte dei bambini; il vocabolo è ‘nziria che estensivamente indica anche il prolungato, lamentoso pianto, apparentemente non supportato da cause facilmente riscontrabili o riconoscibili; tale lamentoso piagnucolare è, ovviamente, costume dei bambini e segnatamente degli infanti, ai quali – impossibilitati a rispondere – sarebbe vano o sciocco chieder ragione del loro pianto; spesso di tali piccoli bambini che, all’approssimarsi dell’ora del riposo notturno, comincino a piagnucolare lamentosamente se ne suole commentare l’atteggiamento con l’espressione:Lassa ‘o stà… è ‘nziria ‘e suonno… (lascialo stare, è bizza dovuta al sonno… per cui bisogna aver pazienza!).
Rommento ancóra che un tempo accanto alla forma ‘nziria, vi furono anche, con medesimo significato:zírria, zirra ;per quanto riguarda l’etimologia del vocabolo ‘nziria (da cui gli aggettivi ‘nzeriuso/’nzeriosa che connotano i bambini/e che si abbandonano ai capricci ed alle bizze) scartata l’ipotesi che provenga da un in + ira: troppo distanti sono infatti l’idea di ira e di bizza, capriccio, non mi sento neppure di aderire a ciò che fu proposto dall’amico avv.to Renato de Falco nel suo Alfabeto napolitano e cioè che la parola ‘nziria potesse discender dal greco sun-eris = con dissidio stante quasi il contrasto che si viene a creare tra il bambino in preda alla ‘nziria e l’adulto che dovrebbe dar corso alle richieste, in quanto reputo l’eventuale contrasto solo un effetto della ‘nziria, non il suo sostrato; penso che sia molto piú probabile una discendenza dal latino insidiǽ a sua volta da un in + sideo = sto sopra, mi fermo su, che semanticamente ben mi pare possa rappresentare l’impuntatura che è tipica di chi si abbandona alla ‘nziria.

Raffaele Bracale

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