SANTA
MARIA Ê CRASTULELLE
Questa volta è stato la
cara amica B. G. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad
indicare solo le iniziali di nome e cognome) a
chiedermi via e-mail di chiarirle
significato e portata dell’espressione partenopea in epigrafe.
Le ò testualmente risposto che
l'espressione fa riferimento non ad un
bombardamento, come ella ipotizzava,
bensí ad un terremoto, quello del 1293 che procurò serissimi danni alla
chiesa di santa Maria Donnaregina (vecchia), distruggendo, muri, pilastri e
vetrate delle bifore ridotti in macerie e framtumi donde nacque la proverbiale espressione Fà
unu santa Maria ê crastulelle che ad litteram è: Ridurre (qualcosa) a macerie/rottami (come
per la chiesa di) santa Maria riferita a chi maldestramente, per imperizia,
negligenza procuri danni ad arredi e/o suppellettili demolendoli e
riducendoli in frantumi spesso minuti e quindi irrecuperabili.
Rammento che la chiesa di santa Maria Donnaregina (vecchia), è una
famosa chiesa della città di Napoli costruita
agli inizi del XIV secolo in stile gotico per il convento
omonimo di monache clarisse; ubicata nel centro storico della città, nei pressi del
Palazzo arcivescovile e del duomo di Napoli, è anche chiamata Donnaregina Vecchia
per distinguerla dalla omonima chiesa del XVII secolo, denominata, infatti, Donnaregina Nuova.
Danneggiata,
come ò accennato da un terremoto
del 1293,
venne ricostruita, con il convento dalle fondazioni grazie alle donazioni della
regina di Napoli Maria d'Ungheria[(1257 – †25 marzo
1323) appartenente alla
dinastia ungherese
degli Arpadi,
fu regina consorte di
Napoli.]. La nuova chiesa, aperta al culto nel 1316 venne consacrata nel 1320 e la regina vi venne
sepolta in una tomba monumentale, opera di Tino di Camaino
completata nel 1326.
Quanto alla voce crastulelle si tratta del
diminutivo del s.vo f.le crastula o crasta/grastula o grasta che indica un frammento generico, un coccio di
terracotta, un rottame d’un vaso, di un piatto, di un ninnolo, ma anche un
frantume di vetro, di specchio etc. etimologicamente piú che al greco grasta (=vaso di terracotta) penso ci si
debba riferire al greco clasmata pl. di clasma
(=frammento) attraverso il seguente
percorso morfologico:clàsmata→cràsmata→cràstama→cràstula
con normale alternanza delle liquide (L→R) e metatesi.
E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento,
soddisfatto l’amica B.G. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro
lettori e piú genericamente chi dovesse
imbattersi in queste paginette.Satis est.
Raffaele Bracale
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