domenica 5 marzo 2017

VARIE 17/283

1.USO NUN METTERE E USO NUN LEVÀ Ad litteram: non creare (nuove) abitudini e non toglierne; id est: lascia stare il mondo cosí com'è; non impegnarti a tentare di cambiarlo introducendo nuove abitudini che specialmente se si concretano in liberalità, omaggi e donativi nei confronti di terzi, diventano con il trascorrere del tempo eccessivamente onerosi e difficili se non impossibile toglier via; la cosa vale anche quando si trattasse di togliere inveterate abitudini; il tentativo di estirparle potrebbe ingenerare malumori nei terzi che vedendo eliminati o lesi alcuni pregressi privilegi potrebbero ribellarsi anche violentemente. 2.VA' A FFÀ 'E PPEZZE! Ad litteram: va’ a raccattare cenci! Eufemistica espressione usata in Luogo di altra piú corposa anche se becera, che qui di seguito illustrerò, per invitare un importuno, fastidioso individuo a liberarci della sua sgradita presenza, ed andare a raccattare cenci. 3.VA' A FFÀ 'NCULO! ma meglio VALLO A PPIGLIÀ 'NCULO! Superfluo tradurre questi conosciutissimi modi di rendere l'italiano: va' a quel paese!La variante è sí piú becera, ma quanto piú corposa, esplicita, icastica ancorché dura, atteso che colui cui è rivolta la locuzione è invitato a tenere nell'ipotetico rapporto sodomitico la posizione soccombente, non quella attiva prevista dalla prima locuzione; ambedue però, si rivolgono ad un importuno, fastidioso soggetto, invitato a dedicare il suo tempo ad altre attività che non quella di infastidire. Rammento che nel fiorito linguaggio espressivo popolare talora la prima espressione in esame, (nello sciocco intento di evitar di pronunciare la parola culo ingiustamente intesa volgare o becera) viene imbarocchita in VA’ A FFÀ DINTO A ‘NA CHIEJA ‘E MAZZO che ad litteram è: vai a fare (coire) in una piega di sedere dove con il termine piega di sedere si intende il solco anatomico di separazione delle natiche solco che icasticamente rappresenta una piegatura di quelle. Nel pronunciare tuttavia quest’ultima espressione accade che in luogo di pronunciare il termine culo,[ritenuto, non so perché, becero e volgare], se ne pronuncia uno analogo: mazzo di talché per ovviare a tutto ciò qualcuno trasforma eufemisticamente l’espressione in un’altra di analogo significato, ma che suona VA’ A FFÀ DINTO A ‘NA CHIEJA ‘E VESTA! che ad litteram è: vai a fare (coire) in una piega di veste e con essa espressione si dà luogo ad una precisazione utilissima , con cui si chiarisce che la piega di sedere da prendere in considerazione è esattamente una piega femminile, cosa che si evince dal fatto che la veste è un indumento femminile! chieja sv.vo f.le =piega, piegatura, ma anche incavo, solco; voce dal lat. plica-m con consueta risoluzione del digramma latino pl seguito da vocale nel napoletano chi (cfr. chiummo←plumbeu(m) - chiazza←platea – pluere→chiovere etc.). mazzo sv.vo m.le di per sé in primis è l’ano e poi per sineddoche il culo, il sedere,il deretano, il complesso delle natiche e dell’ ano complesso che è tipico degli esseri umani e degli animali quadrupedi di grossa taglia; gli uccelli come il gallo (cfr. ultra) non son forniti di natiche, ma del solo ano; cionnonpertanto nella locuzione ‘a gallina fa ll’uovo e ô vallo ll’abbruscia ‘o mazzo si preferisce mantenere la voce mazzo riferito al gallo, voce piú rapida e forse meno volgare de ‘o buco d’’o culo con cui in napoletano, accanto ad altre voci come fetillo,feticchio, taficchio, màfaro etc. si indica l’ano;etimologicamente la voce mazzo nell’accezione indicata è dall’acc. lat. matia(m)=intestino e la voce femminile matiam è stata poi maschilizzata ed in Luogo di dare mazza à dato mazzo;la maschilizzazione si rese necessaria per scongiurare la confusione tra un’eventuale mazza (ano) e la mazza (bastone) e si addivenne al maschile mazzo anche tenendo presente che nel napoletano un oggetto (o cosa quale che sia) è inteso se maschile piú piccolo o contenuto del corrispondente femminile; abbiamo ad . es. ‘a tavula (piú grande rispetto a ‘o tavulo piú piccolo ),‘a tammorra (piú grande rispetto a ‘o tammurro piú piccolo ), ‘a cucchiara(piú grande rispetto a ‘o cucchiaro piú piccolo), ‘a carretta (piú grande rispetto a ‘o carretto piú piccolo ); ),‘a canesta (piú grande rispetto a ‘o canisto piú piccolo ), fanno eccezione ‘o tiano che è piú grande de ‘a tiana e ‘o caccavo piú grande de ‘a caccavella; nella fattispecie l’ano, per vasto che possa essere, è certamente piú piccolo d’ un bastone e dunque mazzo l’ano/il sedere e mazza il bastone. A margine di questa voce rammento che nel napoletano esiste un omofono ed omografo mazzo che vale però fascio (di fiori, ortaggi o carte da giuoco) ed à un diverso etimo derivando non dall’acc. lat. matia(m)=intestino , ma da un nom. lat. med. macĭus. 4.VA' DINTO Ê CHIESIE GRANNE CA TRUOVE SEGGE E SCANNE... Va' nelle chiese grandi dove troverai sedie e scranni - Cioè: Chi vuol qualcosa lo deve cercare nei negozi piú grandi che sono i piú forniti.Per ampliamento semantico: chi vuole aiuto deve rivolgersi ai piú attrezzati e o versati alla bisogna per scienza e coscienza. 5.VA' FÀ LL'OSSE Ô PONTE Letteralmente: vai a racimolare le ossa al ponte. Id est: mandare qualcuno a quel paese. Infatti la locuzione suona pure: mannà ô ponte, con il medesimo significato. Un tempo a Napoli presso il ponte della Maddalena, già ponte Licciardo esisteva un macello, dove il popolo si recava ad acquistare le carni delle bestie macellate. I meno abbienti si accontentavano di prelevare gratis et amore Dei le ossa, per farne del brodo, per cui spingere qualcuno a fare le ossa al ponte significa augurargli grande miseria. La medesima accezione vale per la locuzione mannà a ‘o ponte; (mandare al ponte) tenendo presente che questa seconda locuzione la si usa nei confronti di uomini attempati e un po’ rovinati dagli acciacchi e dall’età ecco che essa locuzione à una valenza un po’ piú amara della prima giacché la si rivolge a chi - probabilmente - non à la capacità di ripigliarsi ed è costretto a subire gli strali dell’avversa fortuna. BRAK

Nessun commento: