‘E
SSOVERE ‘E NATALE S’ARRAPPANO MA NUN T’’E MMAGNE
Della locuzione in epigrafe mi à chiesto il caro amico
F.D.M. (
di cui, al solito, per motivi di riservatezza, indico solo le iniziali di nome e cognome) . Gli ò
risposto chiarendo súbito che si tratta di una datata espressione gustosamente ironica che ad litteram suona: “Le sorbe natalizie avvizziscono,
ma non le gusti” nella quale si fa riferimento non alle emorroidi (come
nell’espressione minacciosa [alibi già esaminata] “FÁ
ASCÍ ‘E SSOVERE ‘A CULO”.
Letteralmente: fare uscire le sorbe dal culo; id est:
percuotere qualcuno, torchiandolo fino allo spasimo, quasi strizzandolo fino a
che non dica o confessi ciò che sa o abbia fatto, costringendolo iperbolicamente
ad emettere le emorroidi (eufemisticamente détte sòvere che sono in realtà i
frutti del sorbo, dal lat.: sorbere→sobere→sòvere in quanto frutti succosi se
maturi, quasi da suggere);come le sorbe, frutto piccolo e sferico, son ricche
se mature di succhi, cosí le emorroidi (sacche sferiche) son piú ricche, se irritate, di sangue.); nella
lucuzione in esame si parla delle
autentiche sorbe cioè quel frutto la cui specie è originaria dell'Europa Meridionale,che in Italia si trova sporadicamente in tutta la
penisola soprattutto in Campania e nelle isole, specie in Sicilia nei boschi
montani di latifoglie con substrati calcarei; l’albero della sorba è molto
longevo, alto fino a 13 metri, i rami presentano foglie alterne imparipennate,
composte, lunghe fino a 20 cm.Il frutto e' un pomo subgloboso o piriforme lungo
da 2 a 4 centimetri, di colore giallo-rossastro e punteggiato, quindi bruno a
maturità; la polpa e' verdognola dolce, con endocarpo membranaceo e semi angolosi
bruni. Esistono varietà che differiscono per forma e pezzatura del frutto che è
tipicamente autunnale, aspro e duro sulla pianta ma morbido e dolce una volta maturato
e
ammezzito quando la sua polpa diventa farinosa e quasi molle, cosa che avviene circa
un paio di mesi dopo la raccolta e dopo che abbia riposato prima di consumarlo. Accade però che talora
che per imperizia del contadino che procrastina il tempo di maturazione ecco
che il frutto comincia a trasudare ed a perdere il succo avvizzendo e
raggrinzando la pelle e risultando non piú edibile. Ed è proprio di questo frutto raggrizato [portato in tavola
addirittura a Natale, quando già dai primi di dicembre poteva esser consumato…
] che si parla nella locuzione per fare sarcastico riferimento a talune
testarde persone maldisposte ed anzi
stizzosamente, animosamente restie dal recedere dalle proprie opinioni. Non à
senso perciò l’idea che qualcuno divulgò
e cioè che le sorbe destinate al pranzo natalizio non si potessero mangiare,
per una sorta di devozione [non attestata, né prescritta…], prima anche se
mature.
Non mi pare ci sia altro da aggiungere per cui mi fermo
qui, sperando d’avere accontentato l’amico F.D.M. ed interessato qualcun
altro dei miei ventiquattro lettori
e chi
forte dovesse imbattersi in queste paginette. Satis est.
Raffaele Bracale
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