1.'A CARNE SE JETTA I 'E CANE S'ARRAGGIANO.
Letteralmente: la carne si butta ed i cani s'arrabbiano. Id
est: c'è abbondanza di carne, ma mancanza di danaro per acquistarla e ciò
determina profonda rabbia in chi, non avendo pecunia, non può approfittare
dell'abbondanza delle merci. Per traslato, il proverbio è usato in tutte le
situazioni in cui una qualsiasi forma di indigenza è ostativa al raggiungimento
di un fine che parrebbe invece a portata di mano; ciò vale anche nei rapporti
tra i due sessi: per es. allorchè la donna si offra apertamente e l'uomo non
abbia il coraggio di cogliere l'occasione; un terzo - spettatore, magari
concupiscente, commenta la situazione con le parole in epigrafe.
2.'A CARNE SE VENNE Â CHIANCA
La carne viene venduta in macelleria.
Id est: per acquistare qualcosa bisogna rivolgersi al suo
commerciante o per ottenere alcunché bisogna necessariamente rivolgersi a chi
ne sia esperto;
insomma per ottenere qualcosa, non si può improvvisare, ma
bisogna rivolgersi sempre al competente.
Di per sé la voce chianca (dal lat. planca) come significato
primo varrebbe asse di legno; il significato di macelleria gli viene dal fatto
che anticamente la carne venduta al minuto era esposta e sezionata su di un
asse di legno; linguisticamente è normale in napoletano il passaggio di pl a
chi (cfr. ad es. plus→cchiú, platea→chiazza, plumbeum→chiummo, clavum→chiuovo,
plattu-m→chiatto etc.).
3.'A CARTA VÈNE E 'O JUCATORE S'AVANTA.
Il giocatore si vanta
delle buone carte che riceve.
Il proverbio si cita a mo' di rimbrotto allorché qualcuno
inopportunamente si glori di un qualche risultato positivo otte nuto, e voglia
far credere che il fatto sia dipeso dalla sua abi lità e non dalle
sopravvenute, fortunose circostanze favore voli; e tale è l'atteggiamento
tipico di taluni spocchiosi gioca tori di carte non particolarmente abili, ma
eccezionalmente fortunati, quelli che vengon detti pigliatori di carte, quelli
cioè che - favoriti dalla sorte - vengono, nella distribuzione delle carte
fomiti di un numero eccessivo di carte di per sé vincenti.
4. CASA CA NUN SÎ 'MMITATO NUN CE JÍ
Non andare nella casa dove non sei invitato..
...correresti il rischio di essere messo alla porta come
fastidioso ed indesiderato.
5. CASA D' 'O FERRARO, 'O SPITO 'E LIGNAMMO...
Letteralmente: In casa del ferraio, lo spiedo è di legno. La
locuzione è usata a commento sapido allorché ci si imbatta in persone dalle
quali con le loro azioni (per la loro supposta, vantata professionalità) ci si
attenderebbero, risultati adeguati ben diversi da quelli che invece sono sotto
gli occhi di tutti. Locuzione usata ad
ironico commento di tutte quelle situazioni nelle quali, per accidia o
insipienza dei prota gonisti vengono a mancare elementi che invece si pre
supponeva non potessero mancare e ci si deve ac contentare di succedanei
spesso non confacenti. Il proverbio consiglia di non meravigliarsi del fatto
che spesso chi dovrebbe, per il suo status, essere in possesso di confacenti
ferri del mestiere o adeguati arnesi, deve invece accontentarsi di vili succedanei. Talvolta il proverbio non
è usato come tale, ma - nel l'identica formulazione - come locuzione a
sarcastico commento dei risibili risultati ottenuti da chi faceva le viste di
fare mirabilie ed invece, per sua insipienza e dappocaggine, con la sua erronea azione à prodotto scadenti
risultati.
6. CASA D''O JUCATORE NUN C'È ÀUTRO CA DELORE.
Ad litteram: A casa del giocatore non v’è altro che dolore.
Id est: in casa di chi è dedito al giuoco regnano solo disagio per i debiti
accumulati e fastidio per le umiliazioni provate nel dover rimandare la
soddisfazione di quei debiti.
Brak
Nessun commento:
Posta un commento