lunedì 30 gennaio 2017

VARIE 17/120

1.'E FATTE D' 'A TIANA 'E SSAPE 'A CUCCHIARA. Letteralmente: i fatti della pentola li conosce il mestolo. La locuzione sta a significare che solo gli intimi possono essere a conoscenza dell'esatto svolgimento di una faccenda intercorsa tra due o piú persone e solo agli intimi di costoro ci si deve rivolgere se si vogliono notizie certe e circostanziate. La locuzione è anche usata da chi non voglia riferire ad altri notizie di cui sia a conoscenza. 2.È FERNUTA 'A ZEZZENELLA! Ad litteram: È finita (id est: si è svuotata) la piccola mammella. Sorta di ammonimento che vuol significare: è terminata la pacchia,si appresano tempi difficili, oppure - con diversa valenza -(ragazzo!,) la mammella è ormai vuota, è tempo di crescere! Zezzenella s.f. = piccola mammella il sostantivo a margine è quale diminutivo (con doppio suffisso (ina + ella→nella)) , una forma collaterelale di zezzella e cioè di piccola zizza=mammella dal lat.: titta(m); rammento che in napoletano esiste anche la voce zezzeniello che è un s. m.le ed è una sorta di maschilizzazione della voce a margine, ma indica cosa assolutamente diversa e cioè la parte alta del collo, quella che, nei maschi, insiste sul pomo di adamo e che proprio per la sua forma blandamente pizzuta può richiamare alla mente la forma di una piccola tetta, una zezzella appunto di cui maschilizzato riprende il nome. 3.'E FESSE SO' SSEMPE 'E PRIMME A SSE FÀ SÈNTERE... I fessi son sempre i primi a parlare - cioè: gli sciocchi, quelli che non ànno argomenti seri, profondi, autorevoli, affidabili, posati, contegnosi, ponderati da proporre, son sempre i primi ad esprimere un parere... 4.'E FFÉMMENE ‘E CASANOVA PISCIANO ‘NTERRA E DDÍCENO CA CHIOVE Le meretrici orinano in terra e dicono che piove. Icastica antica espressione che fotografa una realtà incontrovertibile quale quella delle meretrici che ànno l’abitudine (dettata da necessità) di mingere per istrada (sul ... posto di lavoro) e di scusarsi (con chi dovesse redarguirle di questa pratica invetereta) accampando scuse e dicendo che esse non ànno colpa in quanto il bagnato della strada lo si deve alla pioggia e non al loro orinare. L’espressione è usata in senso esteso per sarcasticamente commentare il vigliacco comportamento di chi codardo , ignobile, abietto, sistematicamente evita di assumersi le responsabilità delle proprie azioni e la scarica su altri o sulla fatalità dell’esistenza umana. ‘e ffémmene ‘e Casanova =ad litteram le donne di Casanova ma da leggersi come: le sacerdotesse d’amore è locuzione nominale usata in Luogo di uno dei tanti sinonimi napoletani di prostitute, meretrici, etc. (cfr. alibi sub Meretricio): fémmene s.vo f.le pl. di fémmena s.vo. f.le1 nome generico di ogni individuo umano o animale portatore di gameti femminili atti a essere fecondati da quelli maschili, e quindi caratterizzato dalla capacità di partorire figli o deporre uova; 2 essere umano di sesso femminile; donna, bambina ( vocedall’acc. latino foemina(m) = femmina, donna)con tipico raddoppiamento espressivo popolare della postonica m in parole sdrucciole). Casanova Giovanni Giacomo. – Dissoluto avventuriero, donnaiolo, gran tombeur de femmes (Venezia 1725 -† Dux, Boemia, 1798); figlio di attori, presto orfano di padre ed affidato dalla madre (Giovanna Maria C., detta Zanetta) alla nonna materna, fu studente a Padova, chierico a Venezia e in Calabria, segretario del cardinale P. Acquaviva a Roma, soldato dell'armata veneta in Oriente, violinista dal 1746 nel teatro S. Samuele a Venezia. Accolto come figlio dal senatore M. G. Bragadin, nel 1750 riprese la sua vita randagia attraverso la Francia, Dresda, Praga e Vienna, finché, tornato a Venezia nel luglio 1755, fu rinchiuso nei Piombi sotto l'accusa d'aver tentato di diffondere la massoneria. Evaso, tornò in Francia, ove introdusse il gioco del lotto nel 1757, e, sotto il nome di cavaliere di Seingalt, fu in Olanda, Germania, Svizzera, Italia, Polonia, Russia, seducendo donne, giocando, battendosi a duello, esercitando la magia, speculando sui valori pubblici e facendo perfino il confidente degli inquisitori di stato di Venezia. Finí la sua vita come segretario e bibliotecario del conte C. G. di Waldstein. Attivo, energico, intraprendente, il C. fu un avventuriero anche della penna e scrisse, tra l'altro, la Confutazione della storia del governo veneto di A. de la Houssaie (1769), la Storia delle turbolenze della Polonia (1774), una traduzione, incompleta, in ottava rima dell'Iliade (1775), l'opuscolo Scrutinio del libro: Eloges de M. de Voltaire par differens auteurs (1779), il romanzo Icosameron (1788); ma la sua notorietà è dovuta soprattutto alla drammatica narrazione dell'evasione dai Piombi (Histoire de ma fuite, 1788) e ai fantasiosi e licenziosi Mémoires, sostanzialmente veridici quanto alla rappresentazione della società di gaudenti e intriganti del Settecento. Stucchevole, ma forse veritiera, invece, la rappresentazione di sé stesso quale genio della seduzione. pisciano = mingono, orinano voce verbale (3ª pers.pl. ind. pres.)dell’infinito piscià = orinare, mingere (dal latino pitissare→pi(ti)ssare→pissare→pisciare→piscia(re)→piscià. 5.'E FODERE CUMBATTONO I 'E SCIABBOLE STANNO APPESE. Letteralmente: I foderi combattono e le sciabole stanno appese. La locuzione viene usata per commentare l'inettitudine di taluni che demandano, per indolenza o incapacità, il loro compito ad altri, cercando di esimersi dal lavoro. BRAK

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