venerdì 27 gennaio 2017

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1.COPPOLA Ê DENOCCHIE! Ad litteram: coppola alle ginocchia È questo il modo piú cogente per suggerire il saluto piú deferente possibile, consistente nel cavarsi di testa il berretto e portarlo con ampio gesto ossequioso all’altezza delle ginocchia, da rivolgere ad un’autorità o un uomo o donna da rispettare. Preciso qui che taluno erroneamente non lègge l’ ê della locuzione come contrazione di a + ‘e cioè alle, bensí la lègge - errando- come congiunzione E e stravolge il significato della locuzione facendola diventare in Luogo del corretto coppola alle ginocchia, lo scorretto coppola e ginocchia, quasi che il saluto dovesse consistere in un cavarsi il berretto e piegare le ginocchia, cosa invero assurda, essendo il napoletano aduso ad inginocchiarsi solo innanzi ad oggetti di culto. 2.COPPOLA PE CCAPPIELLO E CCASA A SSANT'ANIELLO. Ad litteram: Berretto per cappello, ma casa a sant'Aniello (a Caponapoli). Id est: vestirsi anche miseramente, ma prendere alloggio in una zona salubre ed ariosa, poiché la salute viene prima dell'eleganza, ed il danaro va speso per star bene in salute, non per agghindarsi. 3.CORE CUNTENTO Â LOGGIA. Ad litteram: Cuor contento alla Loggia. Cosí a Napoli si suole appellare chi si dimostri sempre allegro, spensierato, buontempone al segno d’apparire di non aver mai pensieri di sorta che possano preoccuparlo , ma di vivere piuttosto sempre pacioso e beato fino a meritarsi l’appellativo in epigrafe, il medesimo che temporibus illis si meritò lo scrittore nolano Michele Somma (Nola1776-†ivi1835), che pubblicò agli inizi del 1800 una raccolta amena e faceta di cento racconti; lo scrittore tenne studio in Napoli in piazza Larga agli Orefici, nei pressi della Loggia de’ Genovesi dove la colonia degli abitanti di Genova, residenti in Napoli si autoamministrava . 4.CU ‘O CAVALLO ‘O SPRONE, CU ‘A MUGLIERA ‘O BASTONE. Con il cavallo (occorre) lo sperone, con la moglie il bastone Id est: sia con la bestia che con la moglie, per ottenere qualcosa, occorre usare le maniere forti. 5.CU ‘O FURASTIERO ‘A FRUSTA E CU ‘O PAISANO ARRUSTO Ad litteram: con il forestiero occorre usare la frusta (per scacciarlo)mentre con il compaesano bisogna servirlo di adeguato sostentamento, proverbio che viene di lontano ed è attualissimo, quantunque proverbio un po’ strano per la filosofia comportamentale del popolo napoletano,abituato da sempre ad accogliere chicchessia e per solito ligio ai precetti divini del soccorso e dell’aiuto fraterno anche verso gli stranieri. Furastiero s.vo ed agg.vo m.le= che, chi proviene da un altro paese; voce che è dal fr. ant. forestier, deriv. del lat. foris 'fuori'; paisano s.vo ed agg.vo m.le =1 abitante di paese (talora con sfumatura spreg.) 2 e qui compaesano; voce derivata del sost. paese (che a sua volta è dal lat. *pagensis agg.vo, der. di pagus «villaggio») con l’aggiunta del suff. di appartenenza aneus→ano. BRAK

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