mercoledì 25 gennaio 2017

VARIE 17/94

1.CARUSO, MELLUSO, MIETTE 'A CAPA ‘INT' Ô PERTUSO, E PPO VÈNE 'O SCARRAFONE E TTE ROSECA 'O MELLONE... Filastrocca quasi intraducibile ad litteram, ma che si può rendere opportunamente con: ”Pelato, tosato poni la testa nel buco e poi arriva una blatta che ti rode la testa calva”. Con tale filastrocca, recitata con tono canzonatorio, a Napoli un tempo si soleva prendere in giro i ragazzi che - per igiene - portavano la testa completamente rapata; li si insolentiva preconizzando per loro che avrebbero avuto la testa rosicchiata da uno scarafaggio.Per il vero in origine la filastrocca era usata per insolentire non solo i ragazzi, ma soprattutto quegli adulti che in preda a furiose emicranie si radevano completamente il capo e lo introducevano auspicandone una miracolosa guarigione, in un foro esistente sul muro di cinta della chiesa di S. Aspreno al Porto, nota anche come chiesa di Sant'Aspreno ai Tintori,antico luogo di culto di Napoli; l'edificio è situato nei pressi del porto, in via Sant'Aspreno, a fianco del Palazzo della Borsa nel luogo dove esisteva una grotta che la tradizione volle dimora del santo vescovo; prima dell'VIII secolo venne realizzata la chiesa che successivamente, nel XVII secolo, fu restaurata su commissione del mercante Salvatore Perrella per grazie ricevute; nel 1895 fu ulteriormente rimaneggiata e inglobata nel Palazzo della Borsa.Tornando alla filastrocca c’è da notare che, essendo il foro presente sul muro di cinta della chiesa (ubicata in una zona insalubre) molto umido, era ricettacolo di blatte,insetti notoriamente avidi di liquidi e non era improbabile che qualche scarafaggio assalisse il cranio rapato di chi l’introduceva nel foro. Linguisticamente parlando faccio notare che i termini d’attacco della filastrocca: caruso, melluso altro non sono che giocosi sinonimi e valgono ambedue “testa rapata”: caruso è un s.vo. m.le deverbale di carusà= rapare; trattasi di voce etimologicamente da collegarsi al verbo greco kéirō = tosare verbo in cui è ravvisabile la radice kar presente in kara= testa; melluso è un s.vo. m.le adattamento, per cambio di desinenza, di comodo (per rimare con caruso e con pertuso) di un originario mell-one→mell-uso che 1 in primis vale cocomero, anguria; 2 per traslato testa calva, testa rapata; voce dall’acc.vo tardo lat. melone(m) con raddoppiamento espressivo della consonante laterale alveolare (L). scarrafone s.vo. m.le = 1 in primis scarafaggio, blatta; 2per traslato individuo brutto, repellente; voce da un acc.vo lat. scarabaeu-m + un suff. accrescitivo one , raddoppiamento espressivo della consonante liquida vibrante (R) ed esito d’influsso osco di ba in fa (cfr. runfà←rhombus, scrofola←scrobula-m). 2.CAZZE, CAZZILLE E SS’ ’O TRUVAJE PICCIRILLO Détto di chi eternamente indeciso/a, incerto/a, dubbioso/a, esitante, tentennante, irresoluto/a,insicuro/a procrastini indefinitamente le sue scelte o decisioni finendo per fare o prendere quelle meno esatte o utili; nella fattispecie lo si dice sarcasticamente di una donna che incerta o incontentabile, dopo d’aver indagato lungamente fra varî tipi di uomini finí per scegliere il meno provvisto di quell’attributo maschile inteso come emblema di forza, intelligenza e capacità. cazze s.vo m.le pl. di cazzo s.vo m.le 1 (come nel caso che ci occupa)membro virile, pene; 2 (fig.) imbecille, persona sciocca, minchiona. testa di cazzo, accr. cazzone 3 (fig.) nulla, niente: nun valé, nun capí, nun cumbinà ‘nu cazzo (non valere, non capire, non combinarenulla) | usato come rafforzativo spreg. in locuzioni negative: sono guarito... in grazia dell'aver fatto a modo mio, cioè non aver usato un cazzo di medicamenti (LEOPARDI Lettere) 4 pl. (fig.) casi, fatti propri di qualcuno: nun se fa maje ‘e cazze suĵe( non si fa mai i fatti suoi) || 5 Usato come inter. per esprimere stupore, ira, dispetto e sim. etimologicamente da una voce gergale marinaresca greca akatiòn→(a)katiòn→cazzo= albero della nave; cazzille s.vo m.le pl diminutivo della voce precedente (cfr. il suff. ille pl. di illo) truvaje voce verbale (3ªpers. sg. pass. remoto)dell’infinito truvà =trovare, ma anche e qui imbattersi in;forse da un lat. volg. *tropare,(esprimersi per tropi, che fu il modo tipico dei trovatori) dal class. tropus 'tropo'(qualsiasi uso linguistico che trasferisca una parola dal significato suo proprio ad un altro figurato; traslato: la metafora, la metonimia, la sineddoche, l'antifrasi, l'iperbole sono tropi ); ma preferisco pensare che l'etimo sia dal lat. volg. *truare propriamente rimestare in un brodo quasi andando alla ricerca di qualcosa; tipico del napoletano la epentesi eufonica di una consonante (qui v) donde *truare→truvare ; piccerillo/rella s.vo ed agg.vo m.le o f.le piccolino, minuto scarso, esiguo; sparuto limitato, leggero,modesto; etimologicamente voce derivata da un lemma fonosimbolico pikk (donde anche l’italiano: piccino) con ampliamento della base attraverso rillo/rella(piccerillo/piccerella) o altrove reniello/renella (piccereniello/piccerenella). 3.CCA 'E PPEZZE E CCA 'O SAPONE. Letteralmente: Qui gli stracci e qua il sapone. Espressione che compendia l'avviso che non si fa credito e che al contrario a prestazione segue o deve seguire immediata controprestazione. Essa locuzione era usata temporibus illis a Napoli dai rigattieri che davano in cambio di abiti smessi o altre cianfrusaglie, dell’artigianale sapone per bucato (sapone ‘e piazza, che s’ebbe questo nome per il fatto di esser commercializzato in origine solo da rigattieri ambulanti che erano soliti sostare in piazza con le loro mercanzie: piatti, stoviglie, sapone che poi venivano portate a domicilio quale corrispettivo di abiti smessi, cianfrusaglie frutto dello svuotamento di solai e/o cantine e stracci rivenduti per la produzione della carta); dalla consuetudine di cedere del sapone quei rigattieri furon détti appunto sapunare, anche quando smisero di conferire sapone e si adattarono a dare poco, vile danaro in cambio degli abiti smessi,cianfrusaglie, stracci e fondi di solai o cantine. 4.CCA NISCIUNO È FFESSO! Ad litteram: Qui nessuno è sciocco! Affermazione perentoria fatta nei confronti di chi era aduso a ritenere che gli abitanti del Sud dello stivale fossero degli sciocchi, per significare che, invece era ed è in errore chi ritenesse o ancóra ritenga vera una cosa simile .La locuzione, divenuta una sorta di monito, è passata poi a significare: bada che non ci casco, attento ché non riuscirai a prenderti gioco di me,bada bene che son pronto a render pan per focaccia giacché sono tutt’altro che fesso, come chiunque altro viva in questi luoghi. Cca[enon ccà] avv = qui, in. questo Luogo; vale l’italiano qua; etimologicamente dal lat. (ec)cu(m) hac; da notare che in napoletano (cosí come in italiano il qua corrispettivo) l’avverbio a margine va scritto senza alcun segno diacritico trattandosi di monosillabo che non ingenera confusione con altri; in napoletano esistono , per vero, una cong. ed un pronome ca = (che), pronome e congiunzione che però si rendono con la c iniziale scempia, laddove l’avverbio a margine è scritto sempre con la c iniziale geminata ( cca) e basta ciò ad evitar confusione tra i due monosillabi e non necessita accentare l’avverbio, cosa che – invece – purtroppo capita di vedere negli scritti di taluni sedicenti scrittori partenopei, dei quali qualcuno addirittura usa scrivere l’avverbio a margine cca’con un pleonastico erroneo segno (‘´) d’apocope atteso che non v’è alcuna sillaba finale che sia caduta e che vada segnata con il segno diacritico ! 5.“CCA SOTTO NUN CE CHIOVE!” JEVANO DICENNO ‘E PISCE SOTT’ACQUA... Ad litteram: “Qui sotto non ci piove!”dicevano i pesci sott’acqua. L’espressione, pronunciata tenendo puntato il dito indice della mano destra ben teso contro il palmo rovesciato della mano sinistra, viene usata, a mo’ di risentito avvertimento , nei confronti di chi - dopo di aver promesso un aiuto o una liberalità - sia venuto meno clamorosamente a quanto promesso; e ciò nell’intento di fargli capire che non si è piú disposti a sopportare una simile mancanza di parola data e, per converso, si è pronti secondo un noto principio partenopeo che statuisce: fa’ comme t’è ffatto ca nun è peccato (comportati con gli altri come gli altri si sono comportati con te, ché non peccherai…) a restituire pan per focaccia; rammento che l’espressione originaria è quella fuori parentesi, espressione che da sola è significativa e sostanzia l’intendimento vendicativo di chi la pronuncia ; la parte tra parentesi è aggiunta a mo’ di spiegazione che però non dà,ed è perciò inutile e pletorica e non significativa ed infatti nell’uso comune non viene pronunciata! In effetti sott’acqua è ben difficile cogliere gli effetti di una eventuale semplice pioggia che non sia uragano o temporale violento ed è del tutto ovvio che un pesce che nuoti sott’acqua possa affermare che lí sotto non ci piova, ma ciò non offre il destro di cogliere il significato dell’avvertimento lanciato stringatamente con il semplice Cca sotto nun ce chiove! (Qui sotto non ci piove!). chiove = piove voce verbale impersonale ind.pr. dell’infinito chiovere = piovere ; (dal lat. tardo plovere, per il class. pluere) normale il passaggio del digramma latino pl seguito da vocale al napoletano chi (cfr. chiummo←plumbeu(m) - chiazza←platea – chieja← plica(m)). BRAK

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