domenica 29 gennaio 2017

VARIE 17/112

1.DICERE 'A MESSA CU 'O TEZZONE. Celebrare la messa con un tizzone ardente(in mancanza di ceri...)Id est: quando c'è un dovere da compiere, bisogna farlo quale che siano le condizioni in cui ci si trovi, adattandosi alle circostanze. La locuzione è usata altresí a sapido e divertito commento di situazioni in cui regni l’inopia piú grande come quella di un mitico don Paolino, povero curato costretto a celebrar messa illuminando l’altare con un economico tizzone ardente e non con i previsti costosi ceri che non poteva acquistare. 2.DICERE VONGOLE variante DICERE SCAROLE. Profferire sciocchezze, parlare commettendo strafalcioni logici e/o grammaticali; oggi piú semplicemente s'usa dire: dicere fessarie (dire stupidate)ma tutte le espressioni, sia quelle in epigrafe, che quella or ora richiamata ànno tutte la medesima origine atteso che sia il richiamo ittico (vongole voce napoletana trasmigrata nel toscano, etimologicamente è dal latino conchula diminutivo di concha=conchiglia) che quello ortofrutticolo (scarole: altra voce napoletana trasmigrata nel toscano con derivazione dal latino scarìola da escarius= commestibile) si riallacciano all'organo sessuale femminile (oggi pi ú comunemente detto.fessa( part. pass. del verbo latino findere) da cui fessaria= sciocchezza, stupidata) ma che un tempo fu chiamato alternativamente vongola o scarola ed altro come dirò alibi. 3.DICETTE ‘A FIGLIOLA QUANN’’O VEDETTE : “’AZZÓ, E CCHE BBELLU CAPITONE SENZA RECCHIE!” La ragazza che lo vide (la prima volta)disse: “Accidenti che bel capitone privo d’orecchie!” Espressione icastica e furbesca che però non à alcuno intento né proverbiale, né didascalico come invece molte delle locuzioni popolari napoletane. Questa si limita a riportare un salace accostamento messo sulla bocca di un’ignota ragazza che vedendo la prima volta un membro maschile in erezione lo paragonò ad un capitone, cioè alla famosa anguilla femmina di grosse dimensioni, pregiata per le sue carni, che è cibo tradizionale delle feste di Natale, ma precisò che si trattava di un capitone privo d’orecchie; in effetti il capitone e cioè la grossa anguilla femmina, regina delle napoletane tavole di magro della vigilia di Natale, allorché viene ammannito arrostito alla brace, in carpione, in umido, all’agro o fritto à una morfologia particolare e la sua grossa testa appare fornita di due minuscole appendici laterali traslucide, volgarmente détte orecchie ; rammento che la voce capitone etimologicamente è dall’accusativo latino capitone(m) da capito/onis collaterale di caput/tis in quanto oltre il corpo à una testa molto pronunciata; rammenterò che nelle tombole familiari quando si estraesse il num. 32 chi lo estraeva annunciava trionfante: trentaroje ‘o capitone!,ma súbito chiosava: cu ‘e rrecchie volendo significare che si intendeva riferire proprio alla grossa anguilla provvista ai lati del capo di due piccole, trasparenti appendici ritenute orecchie, e non intendeva, col dire capitone, riferirsi ad altro furbesco richiamo non ittico, di appendice maschile spesso ricordata con la voce: ‘o capitone senza recchie (il capitone privo d’orecchie). ‘Azzó! esclamazione costituita attraverso l’uso aferizzato e con spostamento d’accento sulla seconda sillaba(per marcarne il tono esclamativo) del s.vo cazzo→’azzo→’azzó ; come ò già ricordato (cfr. alibi) il s.vo cazzo è usato come inter., come in questo caso, per esprimere stupore, ira, dispetto e sim. Talora ed alibi sempre come esclamazione si usa la morfologia ‘azze!, ma trovo piú corposo e forse eufemistico l’uso di ‘azzó! Etimologicamente da una voce gergale marinaresca greca akatiòn→(a)katiòn→cazzo= albero della nave. 4.DICETTE ‘A GOLPA: QUANNO GALLINE E CQUANNO SCARRAFUNE Disse la volpe: talvolta (mangerò) galline, talvolta scarafaggi. Id est: non sempre si può ottenere il meglio, spesso occorre accontentarsi di ciò che càpita. 5.DICETTE ‘A SIÉ NUNZIATA: CE PONNO CCHIÚ LL'UOCCHIE CA 'E SCUPPETTATE! Letteralmente: Disse la signora Nunziata: Ànno piú potenza gli occhi (il malocchio) che le schioppettate.Il napoletano teme piú il danno che gli possa derivare dagli sguardi malevoli di taluno, che il danno che possono arrecargli colpi di fucile: dalle ferite da arma da fuoco si può guarire, piú difficile sfuggire alla iettatura ed ai suoi deleterei effetti! BRAK

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