1.PARÉ CA S’’O ZÚCANO ‘E SCARRAFUNE
Ad litteram: Sembrare che lo suggono gli scarafaggi.
Va da sé che si tratta di un’enfatizzazione, non di un fatto
reale; si tratta di una divertita presa in giro fatta nei confronti di soggetti
tanto smunti, macilenti, sciupati, patiti, scavati, smagriti e rinsecchiti
d’apparire quasi del tutto asciutti dei proprî umori vitali iperbolicamente
succhiati da degli scarafaggi. Nella realtà ciò non è assolutamente possibile
in quanto, pur essendo vero che le blatte sono avide di liquidi, non avrebbero
mai possibilità o modo di prosciugare un corpo umano!
zúcano voce verbale (3ªpers. pl.) ind. pres. dell’infinito
zucare = suggere, succhiare,aspirare i succhi; voce dal lat. *sucare denominale
del lat. sucus con il consueto passaggio della fricativa dentale sorda (s)
all'affricata alveolare sorda (z);
scarrafune/i s.vo m.le pl.metafonetico del sg. scarrafone =
blatta, scarafaggio; l’etimo di scarrafone è dal lat. scarabaeu(m) + il suff.
accrescitivo one e con il passaggio di influsso osco della consonante occlusiva
bilabiale sonora (b) alla consonante fricativa labiodentale sorda (f) cfr.
enfrice← lat. imbrice(m), runfà← dal gr. rhómbos, scrofola← lat. scrobula(m).
2.PARÉ CICCIBBACCO ‘NCOPP’ Â VÓTTA
Alla lettera: Sembrare Ciccibbacco sulla botte. Ironico,
colorito riferimento a chi non si lascia turbare da niente e nessuno e persegue
il suo fine indifferente a tutto ciò che gli accada intorno; con l’espressione
si prende a modello una tipica figurina presepiale: il mitico guidatore (cui la
tradizione popolare assegnò l’intraducibile nome di Ciccibbacco) di un carro
trainato da una pariglia di buoi, carro usato per il trasporto di botti di
vino, sulle cui botti trionfalmente assiso il panciuto conducente con
esasperata lentezza (i buoi non son trottatori ed il peso delle botti piene si
fa sentire e rallenta il cammino…) ed incurante sia dell’evento natalizio che
della folla dei pastori, folla che incolonnata si reca alla santa grotta, tira
innanzi per la sua via deciso a portare a termine la lucrosa consegna delle
botti alle rivendite sue clienti.
‘ncopp’ â prep. art. f.le (sulla, sopra la,al disopra della)
derivata da ‘ncoppa(←lat. in+cuppa(m))+ a+’a cfr. antea sub dint’ ô/ ‘int’ ô
del n.ro 12;
vótta s.vo f.le = botte, s. f.
1 recipiente di legno fatto di doghe arcuate e pi ú strette
alle estremità, tenute unite da cerchi di ferro, per cui ha forma simile a
quella di un cilindro ma panciuta; serve per la conservazione e il trasporto di
liquidi (spec. vino), o anche di pesci salati, olive e prodotti simili:
spillare il vino dalla botte; una botte di aringhe | essere in una botte di
ferro, (fig.) essere al sicuro da ogni rischio | dare un colpo al cerchio e uno
alla botte, (fig.) barcamenarsi fra due persone, due partiti, due esigenze in
contrasto fra loro | volere la botte piena e la moglie ubriaca, (fig.) cercare
di ottenere contemporaneamente due cose fra loro incompatibili | prov. : nelle
botti piccole sta il vino buono, per sottolineare le buone qualità di una
persona di statura piccola.
2 la quantità di liquido o di altra sostanza contenuta in
una botte
3 appostamento galleggiante a forma di botte aperta nel lato
superiore, usato per la caccia nelle paludi
4 volta a botte, (arch.) volta a sezione semicircolare
5 a Roma, carrozza pubblica a cavalli; botticella
6 antica unità di misura per liquidi, con valori diversi da
regione a regione | (mar.) antica unità di misura di stazza, equivalente alla
tonnellata.
Voce dal lat. butte(m) con tipica alternanza partenopea
B→V[cfr. bucca-m→vocca – barca→varca ecc.]
3.PARÉ DON TITTA E 'O CANE ( in origine PARÉ SAN ROCCO E ‘O
CANE)
Ad litteram: sembrare don Titta ed il cane Locuzione usata
per fotografare la situazione che veda due individui che procedano
indissolubilmente legati fra di loro al segno che quasi l'uno non possa fare a
meno dell'altro e viceversa. Chiarisco qui che il don Titta della locuzione non
à riferimenti né storici, né letterarî con alcun personaggio esistito o di
fantasia; è usato nella locuzione per un malinteso senso di rispetto, al posto
di san Rocco, che – come ò indicato – in origine fu il protagonista della
locuzione; ed in effetti il santo pellegrino e taumaturgo, nella iconografia
tradizionale è rappresentato accompagnato sempre da un cane; in seguito, per
una sorta di bigottismo,la locuzione popolare fu modificata ed al nome del
santo fu sostituito quello di un non meglio codificato don Titta, che non è
-sia chiaro!- il boia pontificio, personaggio mai entrato nella cultura
partenopea che aveva in un mastro Austino il boia di sua pertinenza.
4.PARÉ LILLO E LLÉLLA Ô PERE ‘E SANT’ ANNA.
Ad litteram: Sembrare Lilloe Lélla al piede di sant’Anna.id
est: prostrati ai piedi di Sant’Anna. Cosí con l’espressione in epigrafe ci si
riferisce con bonario divertimento a tutte le attempate coppie di coniugi in
ispecie quelli che si recano insieme a partecipare a quotidiane funzioni
religiose o anche quelle coppie di anziani che non ricevono mai visite di
parenti od amici e si devono contentare della reciproca compagnia; la locuzione
rammenta una coppia di attempati coniugi realmente esistiti e dimoranti in
quella strada napoletana détta ‘a ‘nfrascata, coniugi che non si volevano
rassegnare alla mancanza di figli e solevano recarsi in una cappella privata
della zona a prostarsi davanti all’effige di sant’Anna per impetrare la grazia
di un erede,che ovviamente (data la tarda età) non ebbero e restarono
indefettibilmente soli.
L’espressione in esame nacque in origine come Lillo, Lélla e
‘o pere ‘e sant’ Anna con riferimento ad un’abitudine invalsa nel popolino di
recarsi a venerare una presunta reliquia di Sant’ANNA (un piede!) conservato
nella cappella della propria abitazione napoletana dal conte Giovan Battista di
Tocco di Montemiletto (abitazione ubicata appunto alla confLLUenza piú alta
della suddetta strada detta ‘a ‘nfrascata) discendente del capostipite
Guglielmo di Tocco che s’ebbe il titolo di conte di Montemiletto (Av) al tempo
degli Angioini sotto Carlo III Durazzo. L’incredibile reliquia (oggetto della
venerazione di creduli fedeli) era esposta dal conte in occasione della
ricorrenza di sant’Anna (26 luglio) sull’altarino della propria cappella,
conservata in una preziosa teca di cristallo tempestata di gemme preziose, ma a
mio avviso – probabilmente si trattava – come è lecito supporre! - solo di un
reperto artistico ligneo e/o di cartapesta che in quell’ epoca (fine ‘500
principio ‘600) di smaccata credulità popolare era stata accreditata come
autentica reliquia; questo piede di sant’Anna faceva il paio con altra presunta
reliquia (il bastone di san Giuseppe) protagonista d’un’altra espressione che
suona
5.SFRUCULIÀ 'A MAZZARELLA 'E SAN GIUSEPPE
Ad litteram: sbreccare il bastoncino di san Giuseppe id est:
annoiare, infastidire, tediare qualcuno molestandolo con continuità asfissiante.
La locuzione si riferisce ad un'espressione che la leggenda
vuole affiorasse, a mo' di avvertimento, sulle labbra di un servitore veneto
posto a guardia di un bastone ligneo ceduto da alcuni lestofanti al credulone
tenore Nicola Grimaldi, come appartenuto al santo padre putativo di Gesú. Il
settecentesco tenore espose nel suo palazzo il bastone e vi pose a guardia un
suo servitore con il compito di rammentare ai visitatori di non sottrarre, a
mo' di sacre reliquie, minuti pezzetti (frecole) della verga, insomma di non
sfregolarla o sfruculià.
Normalmente, a mo' di ammonimento, la locuzione è usata come
imperativo preceduta da un corposo NON.
Torniamo alla locuzione di partenza per la quale si può
ipotizzare che correttamente l’originario Lillo, Lélla e ‘o pere ‘e sant’ Anna
(Lillo, Lélla e il piede di sant’ Anna) sia stato poi trasformato in Lillo,
Lélla ô pere ‘e sant’ Anna. (Lillo, Lélla al piede di sant’ Anna id est: Lillo,
Lélla(prostrati) ai piedi di sant’Anna) quando ci si rese conto che il piede
oggetto di venerazione non era una reliquia del corpo di sant’Anna, ma solo un
pregevole (?) manufatto e con l’espressione si voleva indicare non la
venerazione d’un piede della santa, ma si indicava l’abitudine di prostrarsi ai
piedi della santa per chiedere grazie e/o protezione, per cui non l’articolo ‘o
(il) ma la preposizione articolata ô (= al);ô è infatti la crasi di (a+ ‘o)=
al).
BRAK
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