sabato 16 dicembre 2017

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1.PORTA CU TTICO E MMAGNA CU MMICO
Ad litteram: Porta (qualcosa) con te e mangia con me
L’espressione cela il perentorio invito a presentarsi, se invitati, per una qualsiasi ragione, a desinare, a presentarsi non a mani vuote, ma muniti di un dono da offrire a mo’ di ringraziamento per l’invito ricevuto. Piú ampiamente la locuzione può essere usata in qualsiasi occasione per significare che nulla può essere ottenuto gratuitamente e che invece ogni cosa va meritata a fronte di un corrispettivo.Preciso infine che la locuzione non à il significato, come impropriamente pensa qualche sprovveduto, e come ad una frettolosa lettura potrebbe intendersi, non à il significato di un invito a portar seco delle cibarie da condividere, ma – come ò détto - à il significato di un invito a portar seco uno o piú doni da offrire all’anfitrione.
Linguisticamente faccio notare che nell’espressione in esame è presente un doppio uso pleonastico, ma rafforzativo del cu (= con che è dal lat. cu(m)) già presente in posizione enclitica nei successivi ttico (= con te che ripete dritto per dritto il lat. tícu(m), comp. di tí (abl. di tu) e cum 'con') e mmico (= con me che ripete dritto per dritto il lat. mícu(m), comp. di me e cum 'con').
Rammento in chiusura che il cu = con va correttamente scritto senza alcun segno diacritico e ciò rispondendo alla regoletta del napoletano per la quale i termini apocopati di consonante/i e non di sillaba vocalica, non necessitano di segni diacritici (ad es.: cu= con da cum – pe=per da per – mo=ora da mox – po= poi da post ).
2.PUTESSE MURÍ 'E TRUONO A CCHI NUN LE PIACE 'O BBUONO.
Letteralmente: possa morire di violenta bastonatura chi non ama il buono. In una città come Napoli dove vi è un'ottima e succulenta cucina chi non è buongustaio merita di morire bastonato violentemente, sino a morirne; . in napoletano TRUONO [da un lat. reg. tronus
3.PRIMMA T'AGGI''A 'MPARÀ E PPO T'AGGI''A PERDERE....
Ad litteram: prima devo insegnarti(il mestiere) e poi devo perderti. Cosí son soliti lamentarsi, dolendosene, gli artigiani partenopei davanti ad un fatto incontrovertibile: prima devono impegnarsi per insegnare il mestiere agli apprendisti, e poi devono sopportare il fatto che costoro, diventati provetti, lasciano la bottega dove ànno imparato il mestiere e si mettono in proprio, magari facendo concorrenza al vecchio maestro.
4.PULICENELLA SPAVENTATO DÊ MMARUZZE.
id est: Pulcinella spaventato dalla visione di un secchio colmo di innocue lumache, cosí come in una divertente farsa di Antonio Petito.
5.PUOZZ'AVÉ MEZ'ORA 'E PETRIATA DINTO A 'NU VICOLO ASTRITTO E CA NUN SPONTA, FARMACIE 'NCHIUSE E MMIEDECE GUALLARUSE!
Imprecazione malevola rivolta contro un inveterato nemico cui si augura di sottostare ad una mezz'ora di lapidazione subíta in un vicolo stretto e cieco, che non offra cioè possibilità di fuga ed a maggior cordoglio gli si augura di non trovare farmacie aperte ed imbattersi in medici erniosi e pertanto lenti al soccorso. PUOZZ’ AVÉ = possa avere  id est: possa subire; puozze= possa voce verbale (2° pers. sing. cong. pres.) dell’infinito puté =potere, avere la forza, la facoltà, la capacità, la possibilità, la libertà di fare qualcosa, mancando ostacoli di ordine materiale o non materiale che lo impediscano; nell’espressione a margine puozze vale ti auguro; l’etimo di puté/potere  è dal lat. volg. *potìre (accanto al lat. class. posse), formato su potens -entis; avé= avere  e molti altri significati positivi  come: conseguire, ottenere; ricevere; entrare in possesso o negativi come: subire; per l’etimo vedi sopra;
PETRÏATA/PETRATA sost.vi femm diversi l’uno dall’altro: letteralmente la voce  petrata è la sassata,il tiro e il  colpo di una singola pietra, mentre con la voce petrïata si intende una prolungata  gragnuola di colpi di pietra, quasi una lapidazione; anticamente a far tempo dalla fine del ‘500, a Napoli soprattutto in talune zone della città quali Arenaccia, Arena alla Sanità, San Carlo Arena,san Giovanni a Carbonara ricche di detriti sassosi, residuali di piogge che trasportavano a valle terriccio e sassi provenienti dalle alture di  Capodimonte, Fontanelle etc. o, nelle stagioni secche, residui di fiumiciattoli (es. Sebéto) in secca  si svolgevano, tra opposte bande di scugnizzi e/o bassa plebaglia, delle autentiche battaglie(petrïate o guainelle)  un tempo a colpi di bastoni, poi a colpi di  pietre e sassi con feriti spesso gravi; ai primi del ‘600 tali battaglie divennero cosí cruente che i viceré dell’epoca furono costretti ad emanar prammatiche, nel (peraltro) vano tentativo di limitare il fenomeno… Si ricorda una divertente espressione in uso tra i contendenti di tali petrïate: Menàte ‘e grosse, pecché ‘e piccerelle vanno dint’ a ll’uocchie! (Tirate le (pietre) grandi, giacché quelle piccole vanno negli occhi!).
Etimologicamente sia petrata  che petrïata  sono un derivato metatetico  di preta  metatesi del lat. . petra(m), che è dal gr. pétra; nella voce petrïata  generata dopo petrata  si è avuta l’anaptissi (inserzione di una vocale in un gruppo consonantico o tra una consonante ed una vocale; epentesi vocalica) di una i durativa allo scopo di espander nel tempo il senso della parola d’origine;l’anaptissi di questa i atona non à influito sull’accento tonico della parola   e si è avuto petrïata→petriàta in luogo di petríata;
DINTO (A) = dentro (ad)  avverbio e prep. impropria  dal basso  lat. de intus; da notare che in napoletano, come prep. impropria,  dinto debba sempre essere accompagnata dalla prep. semplice  a  o dalle sue articolate â = a + ‘a (alla ) ô=  a + lo ( al/allo) ê= a + i/a + le (ai/alle) per modo che si abbia ad es. dint’ ô treno (dentro al treno ) di contro il corrispondente italiano dentro il treno. La medesima cosa càpita come alibi dissi per ‘ncoppa (sopra) ,sotto (sotto), ‘mmiezo (in mezzo) fora (fuori) ed ogni altro avverbio e/o preposizione impropria;
VICULO = vicolo, vico via molto stretta e di secondaria importanza, in un centro urbano ; l’etimo è dal  lat. viculu(m), dim. di vicus;
ASTRITTO o ASTRINTO agg. qual. masch. stretto,  poco sviluppato nel senso della larghezza; non largo, non ampio; angusto; l’etimo è dal lat. *a(d)strictus  part. pass. di un *a(d)stringere, rafforzativo di stringere;
CA NUN SPONTA letteralmente: che non sfocia in altra strada cioè: vicolo (stretto e) cieco; SPONTA =sfocia voce verbale (3° pers. sing. ind. pres.) dell’infinito spuntà= sbottonare, spuntare,
comparire all’improvviso,sfociare; in primis spuntare  con etimo dal latino *ex-punctare vale toglier la punta, metter fuori la punta ed il senso di spuntare, comparire all’improvviso,sfociare deriva dal fatto che chi spunta (appare), compare all’improvviso o sfocia in qualche luogo proveniente da un altro,  non lo fa di colpo, ma paulatim et gradatim quasi mettendo fuori innanzi tutto la propria punta e poi il resto del corpo; ugualmente il senso di sbottonare è dato dal fatto che il bottone vien fuori dall’asola prima per la parte limitrofa(punta.) poi tutt’intero;
FARMACÍE sost. femm. plurale di farmacía  che in napoletano,  piú restrettivamente del corrispondente italiano,( dove con derivazione dal greco pharmakéia 'medicina, rimedio', da phármakon 'farmaco'si intende l'insieme degli studi e delle pratiche che ànno per oggetto le proprietà, l'uso terapeutico e la preparazione dei medicinali) si intende, derivato dal francese pharmacie   esclusivamente il  locale destinato alla vendita e, soprattutto nel passato, anche alla preparazione dei medicinali;
NCHIUSE  agg. plur. femm. = chiuse, serrate, strette  etimologicamente trattasi del part. pass. aggettivato femm. del verbo nchiurere= chiudere,  ostruire, sbarrare, impedire un accesso; bloccare un passaggio con etimo dal basso latino cludere, per il class. claudere; faccio notare come nel verbo napoletano nchiurere  si è avuta la consueta trasformazione di cl→chi  come altrove ad es.: chiesia←(ec)clesia, chiuovo←clavus etc, la tipica rotacizzazione mediterranea d→r e la protesi di una  n eufonica che non va marcata con alcun segno diacritico (‘n) in quanto essa n non è l’aferesi di in, ma solo una consonante eufonica come nel caso di nc’è= c’è,  ragion per cui  erra chi dovesse scrivere la voce a margine ‘nchiuse da un inesatto ‘nchiurere  atteso che , come ò detto,  nchiurere deriva da n(eufonica)+ cludere non da in(illativo)→’n+cludere;
MIERECE sost. masch. plurale di miedeco/miereco= medico, chi professa la medicina avendo conseguito il titolo accademico e l'abilitazione all'esercizio della professione; l’etimo è dal lat.medicu(m), deriv. di medìri 'curare, soccorrere'con dittongazione  nella sillaba d’avvio intesa breve ie←e, e rotacizzazione mediterranea d/r;
GUALLARUSE agg. masch. plur. di guallaruso= affetto da ernia probabilmente inguinale tale da limitare il movimento deambulatorio; la voce a margine (che è maschile, come dal suff. use plurale di uso, il femminile avrebbe avuto il metafonetico  suff. ose pl. di osa) è un derivato del sostantivo  guallera(= ernia)  che è dall’arabo wadara.
BRAK

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