martedì 5 ottobre 2021

LA METAFONESI NEL NAPOLETANO

 

LA METAFONESI NEL NAPOLETANO

 Premesso che la metafonesi (o metafonia) è un fenomeno tipico degli idiomi centromeridionali ed in particolare del napoletano dirò ch’essa   consiste nel cambiamento della vocale tonica di una parola per influsso della vocale o della sillaba seguente o finale. Ora prima di addentrarci nell’argomento si tenga ben presente che negli esempi che farò bisogna porre attenzione al timbro delle vocali accentate non dimenticando che l’accento grave (`) indica la pronuncia aperta della vocale: (è) di ‘sètte’, (ò) di ‘còsa’, mentre l’accento acuto (´) indica pronuncia chiusa: (é) di ‘séra’, (ó) di ‘cóme’.E veniamo al tema in epigrafe.

 Con nomi, aggettivi e pronomi la metafonesi riguarda   il genere: sòcra/sócro - ‘suocera/suocero’; viécchio/vècchia - ‘vecchio/vecchia’; chistu/chésta - ‘questo/questa’; oppure il numero:  ‘o parènte/ ‘e pariénte - ‘parente/parenti’; cafóne/cafúne - 'cafone/cafoni’; con i verbi riguarda la persona (in genere 1ª e 2ª singolari): véco/vire - ‘vedo/vedi’; sènto/siénte - ‘sento/senti’.

 

Bisogna notare  che mentre  nel toscano/italiano per distinguere il genere ed il numero cambia solo la desinenza: freddo/fredda - signore/signori - sento/senti; nelle forme degli idiomi regionali investite dalla metafonesi il cambiamento riguarda invece non solo la desinenza ma anche la vocale tonica: friddo/frédda - signóre/signure - sènto/siénte.

 

Nei termini napoletani  con vocale finale di tono  indistinto/evanescente  la metafonesi à una precisa funzione morfologica perché consente di distinguere il numero [con i sostantivi] il  genere e numero [con gli aggettivi] e la persona [con i verbi] che non è desumibile dalla desinenza:  mése/mise - ‘mese/mesi’; fetènte/fetiénte – fetente/fetenti, sènto/siénte - ‘sento/senti; negli esempi fatti tutte le vocali finali sono di tono  indistinto/evanescente  ed è  la metafonesi della tonica a rendere possibbile riconoscere    numero e persona. Allorché invece  la vocale finale è di timbro forte e chiaro (es. nell’alto-campano: niru/néra - ‘nero/nera’, mésu/misi - ‘mese/mesi’, sèntu/sénti - ‘sento/senti’), la metafonesi può ritenersi una sovrabbondanza di marche perché la sola desinenza sarebbe sufficiente a evitare confusioni, ma tant’è e ce la teniamo!

A mo’ di riepilogo finale rammento che il gioco di variazione vocalica [cioè metafonesi/metafonia ] dipende innanzitutto dall’intrinseco timbro (aperto/chiuso, cioé breve o lunga nel latino) della tonica, poi dal tipo di vocale finale a seconda del gruppo d’appartenenza: 1°[a,o,e] o2°[ŭ,ī] e faccio qui un sommario spero esauriente: la  È (aperta) resta è se c’è il primo gruppo finale [a,o,e], diventa se c’è il secondo gruppo finale [ŭ,ī]; la É (chiusa) resta tale se c’è il primo gruppo, ma diventa í(chiuso) se c’è il secondo; la Ò (aperta) resta tale se c’è il primo gruppo, ma diventa (aperta) se c’è il secondo gruppo; la Ó (chiusa) resta tale se c’è il primo gruppo e diventa u se c’è il secondo;la Ì(aperta) diventa é (chiusa) col primo gruppo, ma resta i  con il secondo gruppo; la Í (chiusa) resta tale quale che sia il gruppo finale;  la Ù (aperta) diventa ó (chiusa) col primo gruppo, ma resta u con il secondo gruppo; la ú (chiusa) resta tale qualunque sia la vocale finale.

Satis est.

 

 

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