LEVA ‘A FELINIA
Anche questa
volta faccio sèguito ad un quesito rivoltomi dall’amico N.C. (al solito,
motivi di riservatezza mi impongono di riportar solo le iniziali di nome e cognome di
chi mi scrive per sollecitar ricerche) occupandomi della espressione napoletana
in epigrafe
L’espressione Leva ‘a felinia (togli la fuliggine) usata piú
spesso al plurale Leva ‘e felinie(togli le fuliggini) che
coniuga all’imperativo (2ª p.sg.) l’infinito levà ‘a felinia/’e ffelinie
(togliere la/e fuliggine/i) è l’invito ad esser franchi; è l’esortazione cioè
spesso perentoria, rivolta ad un interlocutore, perché privi di inutili
orpelli e/o false sovrastrutture le proprie azioni o intenzioni palesandole per
quel che sono, senza ammantarle di finzioni,
imposture, inganni, simulazioni che (per essere sottili ed evanescenti tal
quali fuliggini) non possono mascherare quelle
azioni o intenzioni che sono in ogni caso riconoscibili.
La
voce felinia
è un s.vo f.le [da un lat. med. felinĕa per il class. fuligo]= fuliggine, sostanza bruno-scura leggera, finemente
suddivisa, che si deposita nei camini di stufe, caldaie e sim. dove si bruciano
combustibili, contenente carbonio e, a seconda del combustibile di provenienza,
sostanze catramose, sostanze inorganiche (sali di potassio, di calcio, ecc.);
usata (soprattutto in passato) per preparare colori, trovò anche alcune
applicazioni in medicina. La voce felinia è usata anche nell’espressione “appennerse
p’’e ffelinie” cioè attaccarsi alle fuliggini usata icasticamente e
figuratamente in riferimento a chi tenti di discolparsi di sue acclarate
manchevolezze apportando risibili ragioni scusanti, prive però di solida sostanza e/o
robusta struttura tal quali le impalpabili fuliggini. Non
mi pare ci sia altro da aggiungere per cui mi fermo qui, sperando d’avere
accontentato l’amico N.C. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e chi forte dovesse imbattersi in questa
paginetta. Satis est.
Raffaele
Bracale
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