martedì 28 aprile 2020

TRE SSORDE â MESURELLA!... (E CCHILL’AMICO DORME)!


TRE SSORDE â MESURELLA!... (E CCHILL’AMICO DORME)!
Questa volta è stato il  caro amico P. G. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) a  chiedermi via e-mail di chiarirgli  significato e portata dell’antica e desueta  espressione partenopea   in epigrafe.Gli ò risposto che la locuzione da rendersi letteralmente con: Tre soldi al misurino (e quel [tale]amico continua a dormire fu usata in riferimento a chi non mantenesse gli impegni assunti (anche quando non fossero eccessivamente dispendiosi e/o gravosi), se ne disinteressasse e/o  li procrastinasse sine die quasi dormendoci sopra.La locuzione originariamente fu legata ad un antichissimo  avvenimento delittuoso che vide protagonista un venditore girovago di caldarroste che usava normalmente  lanciare un suo grido di richiamo: Tre ssorde â mesurella!..., ma che [all’indomani dell’aver accoltellato un suo rivale in amore ed averne occultato il cadavere]cominciò ad addizionare al suo grido di richiamo l’apparentemente incongrua espressione messa tra parentesi,espressione che finí per mettere sull’avviso ed il chi vive i gendarmi che scoprirono il cadavere dell’accoltellato ed assicurarono alle patrie galere il venditore girovago di caldarroste che, condannato quale colpevole dell’omicidio finí i suoi giorni sulla forca di piazza Mercato. Da sottolineare, nell’espressione in esame il termine mesurella s.vo f.le che indicò un misurino della capacità di 180 grammi; il termine normalmente in uso nella vita della città bassa fu ‘o mesuriello  s.vo m.le che [con derivazione dal lat. me(n)sura e suff. diminutivo] indicò un piccolo misurino d’alluminio, provvisto di manico usato   per l’olio  della capacità di 90 grammi; la mesurella,come détto, fu di capacità raddoppiata e ciò secondo il criterio  napoletano  che un oggetto (o cosa quale che sia) è inteso, se maschile, piú piccolo o contenuto di un  corrispondente femminile et versa vice ; abbiamo ad . es. ‘a tavula (piú grande rispetto a ‘o tavulo piú piccolo ),‘a tammorra (piú grande rispetto a ‘o tammurro piú piccolo ), ‘a cucchiara(piú grande rispetto a ‘o cucchiaro piú piccolo), ‘a carretta (piú grande rispetto a ‘o carretto piú piccolo ); ),‘a canesta (piú grande rispetto a ‘o canisto piú piccolo ), fanno eccezione ‘o tiano che è piú grande de ‘a tiana e ‘o caccavo piú grande de ‘a caccavella.La mesurella dell’espressione fu dunque un barattolino/misurino di latta o alluminio, atto – con i sui 180 grammi di capacità a contenere un preordinato numero di caldarroste da vendersi al costo di appena  tre soldi; rammento che il soldo s.vo m.le [lat. tardo sŏldus, per sŏlĭdus (sottint. nummus), nome in origine  di una moneta d’oro del tardo Impero romano; propriam. «intero, fatto tutto dello stesso materiale»]. – 1)Antica moneta europea (soldo d’oro) in uso tra Goti, Franchi e Longobardi, derivante dal solido  del Basso Impero per il tramite della frazione del tremisse(tremisse s.vo m.le [dal lat. tardo tremissis, arbitrariamente formato con tres «tre» e as assis «asse»]. – Moneta d’oro bizantina, del valore di 1/3 del soldo d’oro, che in seguito divenne l’unità della monetazione aurea dei Longobardi e dei Franchi,) 2)Dal 1800 in poi in Italia moneta divisionale della lira.)

     E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico P.G. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú genericamente  chi dovesse imbattersi in queste paginette.Satis est.
 Raffaele Bracale

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