‘NFACCI’Ê
DENARE, PURE PÀTEMO È ‘NU PARENTE LASCO.
Mi è stato chiesto, via e-mail, dal
caro amico A. A. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad
indicare solo le iniziali di nome e cognome) di spendere qualche parola per
illustrare significato e portata della locuzione in epigrafe. Gli ò cosí risposto: Mi chiedi di un’antica e
giammai desueta locuzione usata per rammentare e fustigare l’interessato egoismo della natura umana che induce taluni
gretti individui a dimenticarsi dei
sacri vincoli parentali e tenerli in non cale,al segno che un pessimo soggetto,
posto davanti al dilemma se sia piú cogente
la prospettiva di lucrar danaro o la necessità di sentirsi legato ad un
genitore dall’affetto filiale, non esita ad optare per la prima
considerando persino il proprio padre, che lo à generato!.., un congiunto sí, ma lontano che pertanto non unisca,
sentimentalmente e moralmente , piú di tanto. Rammento che in napoletano il “lontano”
riferito a rapporto di parentela, che non sia molto forte
è reso con l’aggettivo “lasco” [che è dall’ acc.vo lat. laxu-m addizionato del suffisso “icus”
donde *laxicum→lasscum→lascum ] che vale altresí allentato, rilassato.
E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito
l’argomento, soddisfatto l’amico A. A.
ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú
genericamente chi dovesse imbattersi in
queste paginette.Satis est.
Raffaele Bracale
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