TE FACCIO SCUNTÀ MERCURE E PPALUMME
Quest’oggi il
caro amico E.P. D. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono
ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) mi à
chiesto via e-mail di chiarirgli significato
e portata dell’ espressione partenopea
in epigrafe. Dopo avere almanaccato tra libri e calepini son potuto
risalire alla datatissima e quasi desueta locuzione, nata a gli inizi del 1900
in provincia e poi pervenuta nella città dapprima bassa e poi collinare ed ò
potuto riferire all’amico che l’espressione connaturò ed ancóra, connaturerebbe,
se la si usasse, una corrucciata minaccia che si poteva cogliere ed ancóra affiorerebbe
sulle labbra di uno spaziento marito o innamorato gelosissimo per intimidire la
sposa o quanto meno l’innamorata, [ritenuta, non si sa quanto veritieramente
fedigrafa] di farle espiare [la supposta colpa]di avere ignoti manutengoli,
messaggeri, mezzani o ruffiani che le facessero da tramite con un eventuale
segreto innamorato. Quanto vengo dicendo si deduce dal fatto che sotto il
termine Mercure è celato il nome della mitica divinità latina e greca Mercurio
[in greco Ἑρμῆς, Hermês] messaggero degli Dei, mentre con ils.vo palumme,
plurale di palummo [dall’acc.vo latino palumbu-m con normale esito “mb→mm”]
quando non ci si riferisca all’omonimo pesce nostrano, s’ intende relazionarsi
con coloro che alibi son detti “portapullaste” cioé latori di messaggi segreti
e bigliettini amorosi. E
qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto
l’amico E.P.D. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú
genericamente chi dovesse imbattersi in
queste paginette.Satis est.
Raffaele Bracale
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