giovedì 21 maggio 2020

‘NZIRIA & CAPRICCI


‘NZIRIA & CAPRICCI
Anche questa volta faccio sèguito ad  un  quesito rivoltomi dall’amico N.C. (al solito, motivi di riservatezza mi impongono di  riportar solo le iniziali di nome e cognome di chi mi scrive per sollecitar ricerche) occupandomi brevemente di tre voci napoletane che rendono, con puntiglio e precisione la generica   voce italiana capriccio. Intendo cioè parlare delle voci napoletane: ‘nziria, verrizzo,tirrepetirro ognuna delle quali è usata per indicare un particale tipo di capriccio.  Prima di dedicarci alle voci napoletane diamo un contenuto sguardo alla voce italiana
capriccio s.vo m.le usato con molte accezioni:
1.   a. Voglia improvvisa e bizzarra, spesso ostinata anche se di breve durata: venire, saltare un c. (con il dativo della persona: gli vengono tutti i c.; le è venuto il c. di un orologio molto costoso; ma che capriccio ti salta, ora?); levare, cavare un c., soddisfarlo; fare passare i c.; essere pieno di capricci; avere piú c. che capelli in testa; modo prov., ogni riccio un c., di bambino assai capriccioso (ma anche riferito talora, scherz., a donne); fare, agire a capriccio, seguendo i proprî impulsi improvvisi, senza una ragione plausibile; fare i c., spec. di bambini, fare le bizze. Riferito a cose, non funzionare bene: la mia vecchia macchina stamattina à fatto i c. e mi à lasciato per strada; oggi il computer à fatto i capricci.

b. Amore superficiale e instabile, passioncella amorosa: non era vera passione, ma un c. giovanile.

2. Fenomeno strano, anomalo, bizzarria: un c. del caso, della natura; i c. della sorte, della fortuna.

3.  Componimento strumentale (meno spesso vocale) di forma varia e libera e di carattere fantasioso, quasi improvvisatorio.
Quanto all’etimologia non vi sono certezze, quantunque i piú optino per un’agglutinazione funzionale di capo+riccio→cap(o)riccio→capriccio dando l’impressione che semanticamente una testa ricciuta possa essere indice di una mente bizzarra quando non bizzosa;l’idea non mi convince benché seguita anche dal D.E.I. e non essendo abituato a  cantare nel coro preferisco seguire l’idea caldeggiata dal Pianegiani che riferisce d’un verbo latino caprizare= saltellare a mo’ di capro, animale bizzarro, di cervello corto,che saltella in continuazione  quasi che semanticamente  il capriccio sia un’idea balzana, stravagante  tipica di soggetto (il capro) aduso a comportamenti irrequieti.
E passiamo alle voci napoletane: 
'nziria s.vo f.le= è il capriccio proprio del bambino piccolo, d''o criaturo, capriccio accompagnato dal piagnucolare senza motivo apparente. l'etimologia è controversa potendosi o ipotizzare un latino  in-ira o meno probabilmente un greco sun-eris (con dissidio); reputo migliore e mi associo all’idea di chi prospetta una derivazione da un latino in-sideo (mi fermo su – mi impunto).
verrizzo s.vo m.le = capriccio futile e ripetitivo, astiosa richiesta di un quid inopportuno e demotivato, irrazionale atteggiamento di chi la vuole aver vinta ad ogni costo, con modi velleitarii e pretestuosi: tipicamente femminile!, per cui 'o verrizzo è tipico della donna, giovane o meno giovane che sia(il prof. D'Ascoli (parce sepulto)nel suo dizionario, molto usato ma anche impreciso, si inventò al proposito dei verrizze un che di libidinoso che non trova riscontro né in cielo, né in terra  e ciò se non è da attribuire alla sua provenienza paesana - fu originario mi pare di Mercogliano,o di Ottaviano - lo posso solo far dipendere dall'arteriosclerosi che , alla sua età , gli  logorò probabilmente  il cervello); l'etimologia è squisitamente latina la parola infatti è costruita sull'antico velle (volere) con tipica rotacizzazione della liquida l  e successivo ampliamento del primitivo  verre.
tirrepetirro s.vo m.le = capriccio squisitamente femminile e piú corposo che non la imberbe 'nziria o il velleitario verrizzo di cui sopravanzano il vuoto isterismo , pur configurandosi in  comportamento nevrotico tali da degenerare in forme convulsionanti tenendo presenti le quali si giunge all'etimologia della parola  che non deriva come proposto da qualcuno dallo spagnolo tirria che denota invece la semplice antipatia  (che non à nulla a che vedere con il capriccio); ‘o tirrepetirro che al pl. è 'e tirrepetirre promana invece dalle voci greche tiros(spasmo) + pitulos(convulsione) manifestazioni tipiche della cocciutagine che attiene al tirrepetirro.
Preciso che tutte le voci napoletane fin qui esaminate si riferiscono a quei capricci che risultano fastidiosi per i terzi. Esistono però altri tipi di uzzoli, voglie,bizzarrie, stranezze, stravaganze, stramberie, bizze, se non. Ghiribizzi che non sono semplicemente fastidiosi, ma addirittura pericolosi per gli altri atteso che si tratta di capricci furiosi che spesso precipitano in violenza; tale tipo di stramberia in napoletano è detta sbòria oppure sbòrria quando la furia  non era limitata   ed in tempi andati anche sbòrrio se la furia connotante il capriccio era di intensità contenuta; etimologicamente la voce sboria è da una S intensiva protetica del lat.  borea(m) 'vento di tramontana', da cui 'aria (d'importanza)', ma un’altra scuola di pensiero pensa, probabilmente piú giustamente,  ad un forma aggettivale (vapòrea) da un iniziale vapor=vapore;benché sia difficile  decidere a quale idea aderire.., molto mi stuzzica l’idea del vapore secondo il percorso vapòrea→(va)pòrea→pòria→bòria;sinonimo della voce sboria or ora esaminata è schirchio s.vo m.le deverbale di schierchià = perdere i cerchi contentivi della testa, vista come una sorta di botte,  come se la furia capricciosa sia dipesa dal fatto che l’individuo titolare del capriccio furioso d’improvviso avesse visto senza apparenti ragioni  allentarsi  gli ipotetici cerchi contentivi delle doghe della botte contenente il suo cervello d ando la stura al suo furore capriccioso.
Esisono infine dei capricci, voglie, bizzarrie, stranezze, stravaganze che non sono nè fastidiosi, nè pericolosi, ma assolutamente innocui ancorché evidenti; ogni manifestazione di tal genere  in napoletano è detta cerenfrusculo oppure vezzaria ; la prima è voce datata derivante dall’incrocio tra le voci lat.  caerenfolium + frustulum  e serve ad indicare ogni modo strambo di abbigliarsi al solo scopo di distinguersi dagli altri nella massa; la seconda voce [vezzaria] è sinonimo della pregressa  [cerenfrusculo] però è voce piú moderna derivata dall’iberico bizzarro→vezzaro  addizionato del suffisso  tonico –ía usato per formare sostantivi astratti.
Non mi pare ci sia altro da aggiungere per cui mi fermo qui, sperando d’avere accontentato l’amico N.C. ed interessato qualcun altro  dei miei ventiquattro lettori e  chi  forte dovesse imbattersi in queste  due paginette. Satis est.
Raffaele Bracale


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