PERACOTTARO/PERACUTTARO
Questa volta è stato
il caro amico S. C. (i consueti problemi
di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome)
a chiedermi per le vie brevi di
chiarirgli significato ed etimo della
voce partenopea in epigrafe. Gli ò cosí
risposto: In primis, caro amico tieni presente che il termine di cui mi chiedi
non à nulla che spartire con le “peracotte” di cui alla datata espressione “Pavà
o fà pavà ‘e peracotte”dove il termine peracotte non deve intendersi come
agglutinazione di pere cotte, quanto come corruzione della voce peraconne = ippericon pianta medicinale, nota anche con
il nome di erba di san Giovanni con proprietà astringenti e/o decongestionanti. Infatti etimologicamente
alla base della voce in epigrafe ci sono proprio le pere cotte addizionate del
suffisso aro che è suff. di competenza per sostantivi o aggettivi derivati dal
latino o formati in napoletano, che indicano oggetti,ma soprattutto, come nel caso che ci occupa un mestiere ( verularo,putecaro,rilurgiaro,
riggiularo etc.) oppure luoghi(lutammaro/letamaio), ambiente pieno di qualcosa
o destinato a contenere o accogliere qualcosa; il suffisso aro continua il lat. arius→aro/ero; lo stesso
latino a(r)iu(s) à dato il napoletano
ajo (in italiano aio);torniamo al
termine in esame che indica infatti di
partenza il venditore girovago di pere cotte e glassate con una dolce giulebbe.
Indica, per traslato cosí come spesso è usato, un uomo da nulla, un incapace; chiarisco: sino
a tutti gli anni ’50 del 1900 nella città, soprattutto bassa la gustosa
pera cotte e glassata nel modo che ò
detto rappresentò un vero godimento per i bambini che la reclamavano ed ebbe
perciò facile mercato ed ecco perché al venditore di pere cotte [peracottaro/peracuttaro],
mestiere facile, di poco impegno e di alcuna complicazione, fu associata l’idea
dell’uomo da nulla, dell’incapace che
per lucrare la giornata si dava ad un lavoro di tutto riposo. Rammento in coda che il termine in epigrafe
si trova nella locuzione: "fà 'a fijura d''o peracuttaro." che vale:
comportarsi da inetto. E qui penso di poter far punto convinto
d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico S.C. ed interessato qualcun
altro dei miei ventiquattro lettori e piú genericamente chi dovesse imbattersi in queste
paginette.Satis est.
Raffaele Bracale
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