PUOZZ’AVÉ ‘E SSETTE RICCHE SCIORTE!...
Accontento, o mi auguro
di farlo..., qui di seguito l’amico S.C.
(al solito, motivi di riservatezza mi impongono di riportar solo le iniziali di nome e cognome
di chi mi scrive per sollecitar ricerche) che mi à chiesto di mettere a fuoco ,
significato ed origine dell’
antica espressione in epigrafe, molto usata un tempo e che ancóra si può
cogliere soltanto sulle labbra di
napoletani d’antan.
Comincio con il dire che l’espressione non va
tradotta ad litteram risultando limitativa nel suo significato augurale, ma
dev’essere intesa cosí come qui di seguito la rendo: Possa essere destinatario/a
di sostanziosa buona fortuna nel suo massimo grado e ciò perché il sette
dell’espressione non va inteso come semplice numero cardinale, ma va concepito
come indice del massimo grado di qualcosa, così come nel Vangelo quando a Gesú
che parla del perdono, Pietro chiese se dovesse perdonare fino a sette volte il
fratello che sbagliasse nei suoi riguardi. A questa domanda Gesù rispose con la
frase volutamente paradossale: « Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta
volte sette. » (Matteo 18,22). Ed ò
detto paradossale perché già nell’inteso comune ebraico il sette indicava una
quantità enorme e settanta volte sette sulla bocca di Cristo stette a significare sempre. Tornando
specificatamente all’espressione ricordo che essa fu un’espressione augurale
che in tempi andati veniva rivolta soprattutto alle neonate da chi
intervenisse alla cerimonia [cfr. alibi]
dell’ombelico al fuoco. Ad ogni neonata si era soliti augurare ogni buona sorte
nel massimo grado e segnatamente nella
bellezza,nella salute e nella ricchezza tutte cose che preconizzavano per la neonata un buon matrimonio con uno
sposo facoltoso conquistato dall’avvenenza della ragazza ed una lunga vita priva di problemi. E qui
giunto mi fermo convinto d’avere esaurito l’argomento, d’aver adeguatamente risposto all’amico S.C. e spero d’avere altresí interessato i miei consueti ventiquattro lettori.
Satis est. R.Bracale
Brak
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