RUMMANÉ
P’’A VETRINA
Ad litteram: Restare per la vetrina cioè  per l’esposizione nella vetrina; espressione
sarcastica  usata nella città bassa a far
tempo da gli anni’40 e ’50 del secondo ‘900 e riferita ad ògni attempata
signorina che, non avendo trovato partito e non essendo riuscita ad accasarsi,  restava nella casa degli anziani  genitori o un parente consacrato prendendosene
cura in cambio di vitto ed allogio. Si trattava cioé delle cosiddette “zitelle”
id est quelle donne nubili d'età avanzata, dalla  femminilità oramai  appassita e  spesso di umore lunatico che anche nel fior
degli anni non erano riuscite, un po’ per mancanza di avvenenza, un po’ per
difficoltà caratteriali a suscitare l’interesse di un giovanotto qualsivoglia  vanificando, spesso, i sacrifici dei genitori
che, nella speranza di procurare un incontro che sfociasse in un fidanzamento e
poi in un matrimonio, continuando la tradizione di fine ‘800,soprattutto nella
città bassa, organizzavano le cosiddette “periodiche” cioè delle riunioni
organizzate con cadenza settimanale,  tra
amici, parenti e semplici 
conoscenti  a scopo dichiarato
di  intrattenimento, ma, in realtà
finalizzato a dar partito ad una o piú figliole.
L’espressione in esame fu, diciamo, mutuata dal linguaggio
dei commerciati di abbigliamento che non riuscivano ad esitare completamente  tutti i capi  di un dato modello ed erano costretti a
trattenere come invenduto/i il/i capo/i usato/i per vestire il/i
manichino/i  da esposizione in vetrina e
perciò logorati ed invendibili; sarcasticamente si parlò delle “zitelle” come
di merce invenduta restata in esposizione e sciupata da tempo e dalla polvere,
quasi che si trattasse di  abiti da
mettere in vendita.
R.Bracale

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