LA ELISIONE DELLA VOCALE I DI CI
Dacché apparve sulla scena politica il dottor Tonino Di Pietro ex magistrato, che
spesso bisticca con la lingua italiana, non passa giorno che nelle sue
esternazioni in piazza, parlamento o televisione non usi un suo tormentone che
si sostanzia nell’espressione dialettale: “Che ci azzecca?”[corrispondente al
nostro Che ce azzecca?] domanda
retorica da intendersi: Non ci son punti
di contatto tra i fatti di cui si parla! Ora fin quando si tratta di ascoltarlo, nulla
quaestio; il suono favorisce l’intendimento di quel ci azzecca che perviene
all’orecchio correttamente come un ciazzecca.
Il problema è sorto quando i
giornalisti o altre persone, al pari d’essi probabilmente non molto versati
nènella lingua italiana,nè negli idiomi
meridionali, ànno voluto mutuare l’espressione e riportarla per iscritto. Per usare l’icastico
idioma napoletano, songo jute dint’ê chiavette (son finiti nel difficile) incorrendo molti di loro nello
svarione di apostrofare l’espressione
ottenendo in luogo del “Che ci azzecca?”
uno scorretto “Che c’azzecca? da
leggersi che cazzecca ” Il guaio è
che non contenti d’usare l’errore riportando l’espressione del molisano, si
sono innamorati di quella locuzione al
segno di usarla continuamente in altri contesti disseminando i loro scritti di
strafalcioni.
Vorrei
perciò rammentare a tutti costoro una regoletta grammaticale che - per esser
buoni - mostrano d’aver dimenticato, se
non – se siamo cattivi – di non aver mai appreso. La regoletta è la seguente: è
buona norma elidere la i solo davanti ad altra i ed a mio avviso sarebbe
piú elegante addirittura evitare sempre
tale elisione ; in particolare la vocale i di ci si può elidere solo davanti ad
altra i oppure davanti alla e e tale elisione è corretta poi che comunque
la consonante (c)
d’accompagnamento continua a mantenere il suo suono palatale favorito dalla vocale (e) non genera un suono gutturale come invece avviene per l’
impossibile elisione della i di ci davanti
a, o,u (cfr. ci è →c’è che si legge ce (di celebre), mentre non si può elidere la i di ci abbiamo perché c’abbiamo si legge o leggerebbe cabbiamo,con il suono gutturale del ca (di casa) e non si può elidere la i
di ci ostacolano perché c’ostacolano
si legge o leggerebbe costacolano, con il suono gutturale del co (di cosa) né perciò può essere
elisa la i di ci azzecca perché c’azzecca si
legge o leggerebbe cazzecca, con il
suono gutturale del ca (di casa) né si
può elidere, sempre per esempio, la i
di ci usano perché c’usano si legge o leggerebbe cúsano o cusàno, con il
suono gutturale del cu (di custodia).Ovviamente per la stessa
regoletta non può essere elisa (come invece m’è spesso occorso di leggere…) la i di ci ho oppure, come preferisco,di ci ò
perché c’ho/c’ò si leggerebbero cò
con il suono gutturale del co (di cosa) e non come è corretto
leggere ciò con il suono palatale di ciondolo.Va
da sé che il problema non si pone per la i di altri digrammi (ti – di – si)
per i quale l’elisione della i è sempre consentita davanti a tutte le vocali,
atteso che non si generano mutamento di
timbro dei suoni consonantici. In
conclusione mi perdonerete se dico che o i giornalisti e quanti altri mettono penna
in carta si rassegnano ad imparare la grammatica o son destinati ad incorrere
in sesquipedali brutte figure elidendo l’espressione dipietrina ed altre
similari.
Tanto
dovevo! R.Bracale
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