lunedì 4 dicembre 2017

VARIE 17/1234



1.METTERSE SCUORNO
Letteralmente: Vergognarsi; id est: Quasi analogamente a quanto détto circa il metterse pavura, avvertire su di sé, quasi a pelle,a mo’ d’abito un sentimento che qui è quello di mortificazione derivante dalla consapevolezza che un'azione, un comportamento, un discorso, un atteggiamento ecc., propri o anche di altri, sono disonorevoli, sconvenienti, ingiusti o indecenti e provarne apertamente anche con la manifestazione del rossore del viso, disonore, imbarazzo, disagio, scorno.
scuorno s.vo astratto neutro = scorno, vergogna, umiliazione, beffa, ignominia, infamia, disonore, macchia, onta; voce deverbale di scurnà = mettere in ridicolo, deridere, svergognare che a sua volta è ricavato dal lat. cŏrnu-m.
2.METTERSELO DINT’ Ê CHIOCCHE
Letteralmente: Ficcarselo nelle tempie; id est: porsi bene in mente un’idea,un principio, una norma comportamentale, quasi fissate/o nelle meningi, immagazzinarle/o a puntino nel cervello al fine di non dimenticarle/o mai e metterle in pratica senza avere a scusante il non averle/o apprese/o bene. Espressione usata dai genitori e rivolta a mo’ di monito ai figlioli quasi sempre in forma imperativa/esclamativa : Miettatillo dint’ ê chiocche!
chiocche s.vof.le pl. del sg chiocca = 1 (in primis) tempia 2(per estensione) meningi 3(per sineddoche ) testa, cervello; voce dal tardo lat. clocca-m→chiocca; di per sé clocca-m indicava la campama e semanticamente le tempie sono intese il punto della testa dove le idee risuonano.
3.MIETTE ‘NU SPRUOCCOLO DINTO A ‘NU PERTUSO
Ad litteram: poni un legnetto in un buco! Frase che si usa pronunciare a commento di un avvenimento cosí poco usuale (quale - a mo’ d’esempio - una liberalità da parte di qualcuno notoriamente avaro) da doverselo rammentare con l’introduzione di un ipotetico stecco in un altrettanto ipotetico buco. Probabilmente la locuzione rammenta la consuetudine in uso nel periodo della res publica romana, allorché il praetor maximus conficcava ogni anno - a fini eponimi - un chiodo nel tempio di Giove .
4.MIETTE MANA Â TELA - ARRICIETTE 'E FIERRE
Le due locuzioni indicano l'incipit e il termine di un'opera e vengono usate nelle precise circostanze da esse indicate, ma sempre con un valore di sprone; sub A: metti mano alla tela, ossia, prepara la tela ché è giunto il momento di cominciare il lavoro. sub B: metti a posto i ferri, è giunta l'ora di lasciare il lavoro.
5.MIETTELE NOMME PENNA
Letteralmente: Letteralmente vale : Chiamala penna!; Cosí suole, a mo’ di sfottò, consigliare chi vede qualcuno prestare un oggetto a persona che si ritiene non restituirà mai il prestito, volendo significare: “Ài prestato l’oggetto a quella tale persona? Ebbene, rasségnati a perderlo; non rivedrai mai piú il tuo oggetto che, come una piuma d’uccello è volato via!”
La piuma essendo una cosa leggera fa presto a volar via, procurando un cattivo affare a chi à incautamente operato un prestito atteso che spesso sparisce un oggetto prestato a taluni che per solito non restituiscono ciò che ànno ottenuto in prestito.
SCUORNO  s.vo m.le astr. = vergogna, onta, ignominia [dal antico  fr.se escorn]
MIÉTTELE NOMME letteralmente mettigli nome e cioè chiamalo id est: ritienilo; miéttele= metti a Lui, poni+gli voce verbale (2ª pers. sing. imperativo) dell’infinito mettere=disporre, collocare, porre con etimo dal lat. mittere 'mandare' e successivamente 'porre, mettere'; nomme = nome; elemento linguistico che indica esseri viventi, oggetti, idee, fatti o sentimenti; denominazione, con etimo dal lat. nomen e tipico raddoppiamento espressivo della labiale m come avviene ad es. in ommo←hominem, ammore←amore(m), cammisa←camisia(m) etc.
Rammento che un tempo con la voce penna (dal lat. penna(m) 'ala' e pinna(m) 'penna, piuma', confLuite in un'unica voce) a Napoli si indicò, oltre che la piuma d’un uccello, anche una vilissima moneta (dal valore irrisorio di mezzo e poi un ventesimo di grano. corrispondente a circa 2,1825→02,18 lire italiane) , moneta che veniva spesa facilmente, senza alcuna remora o pentimento; tale moneta che valeva appena un sol carlino (nap. carrino) prese il nome di penna dal fatto che su di una faccia di tale moneta (davanti ) v’era raffigurata l’intiera scena dell’annunciazione a Maria Ss. mentre sul rovescio v’era raffigurato il particolare dell’arcangelo con un’ala (penna) dispiegata; ora sia che la penna in epigrafe indichi la piuma d’uccello, sia indichi la vilissima moneta, la sostanza dell’espressione non cambia, trattandosi di due cose: piuma o monetina che con facilità posson volar via e/o perdersi.
A maggior conferma del fatto si usa dire che se il prestito fosse una cosa buona, si impresterebbe la moglie...
BRAK

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