mercoledì 6 dicembre 2017

VARIE 17/1240



1.NUN CE STANNO NÈ SSANTE, NÈ MMARONNE
Letteralmente Non ci son né santi, né Madonne (bastevoli a...) Icastica espressione che in maniera direi piú contenuta (in quanto rispettosamente chiama in causa solo i santi e/o la Vergine )richiama quella della lingua nazionale Non c’è barba di Padreterno di analogo senso per significare, riferita ad un pervicace, caparbio, testardo che nessuno, neppure se si trattasse dei santi o della Madonna e di un loro intervento, potrebbe far recedere il testardo da un incaponimento, un’ostinazione,una cocciutaggine, un puntiglio, un capriccio, una fisima quasi mai razionali.
2.NUN DÀ PONIE A CCHI TÈNE MANE!
Non dare pugni a chi è provvisto di mani. Il proverbio consiglia di porre parecchia attenzione al proprio operato per non incorrere - secondo un noto principio fisico - in una reazione uguale e contraria che certamente si verificherà.
3.NUN FÀ BBENE Ô PEZZENTE CA NCE ‘O PPIERDE!
Ad litteram: Non far del bene ad un povero ché lo perdi. Id est: Il bene fatto a chi è veramente povero è irrimediabilmente perduto; infatti in caso di prestito il povero non sarà mai in grado di restituire la cosa avuta in prestito, in caso di liberalità non si otterrà nemmeno riconoscenza: chi è povero, veramente povero per il suo stesso status è purtroppo proclive all’invidia anche del proprio benefattore!
4.NUN FÀ PÌRETE A CHI TENE CULO...
Non fare scorregge contro chi à sedere. Id est: Non metterti contro chi ha mezzi adeguati e sufficienti per risponderti per le rime...
5.NUN FA/FÀ ASCÍ ‘O GGRASSO FORA DÂ PIGNATA
Letteralmente l’espressione si traduce con : Non fa/fare uscire il grasso fuor dalla pignatta. Passando al campo applicativo preciso che la locuzione à un doppio significato:
1) in primis, con il verbo coniugato all’infinito [FÀ] essa vale una sorta di constatazione osservando l’atteggiamento di qualcuno/a che sia molto misurato/a nei consumi, tanto accorto/a e/o parsimonioso/a da evitare qualsiasi spreco al segno di non permettere che il condimento in cottura trabocchi per eccessivo bollore dalla pentola e tale accezione è quella esatta allorché il fa dell’espressione è la 3ª pers. sg. indicativo presente dell’infinito fà.
2)Tutt’altro significato prende l’espressione allorché il verbo  dell’espressione è la 2ª pers. sg. imperativo dell’infinito fà. In tal caso la locuzione diventa non una costatazione, ma quasi un ordine perentorio a non far traboccare il condimento dalla pentola di pertinenza. Tuttavia mentre nel caso sub 1) la locuzione può essere tranquillamente intesa nel senso letterale con riferimento alla avvedutezza e/o parsimonia di chi si adopera per evitare che si cada nell’eccesso facendo traboccare il condimento o conferito in maniera sovrabbondante,o non tenuto sotto controllo durante la sua cottura, nel caso sub 2) con l’uso dell’imperativo l’espressione non si deve intendere come un consiglio/ordine a non far traboccare il condimento o conferito in maniera sovrabbondante,o non tenuto sotto controllo durante la sua cottura,ma deve intendersi in senso traslato come consiglio/ordine dato ad un familiare di non lasciar trapelare all’esterno [dandoli in pasto ai terzi] i fatti e/o i problemi di famiglia che vanno rigorosamente tenuti segreti e sotto il controllo di chi compone la famiglia.Ed ancóra l’espressione sub 2) in un suo sotteso significato metaforico vale: adoperarsi per non permettere che le risorse familiari travalichino i sacrosanti confini della famiglia per essere destinate ad estranei e/o a parenti non molto prossimi.
BRAK

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