ALTERIGIA SUPERBIA,
ARROGANZA, BORIA, TRACOTANZA, PROSOPOPEA, SPOCCHIA & affini
Sollecitato dalla
richiesta dell’amico G.V.(questioni di risevatezza m’impongono le sole
iniziali) che segue ciò che scrivo
passim, qui di sèguito prendo in esame
le voci che si riferiscono al disdicevole comportamento di
tutti coloro che nei rapporti
interpersonali si mostrano scostanti, antipatici,
scorbutici, scontrosi, intrattabili o si relazionano con il prossimo da una posizione
arrogante e/o boriosa, boria che poggia però sul nulla, non avendo la persona
che inalberi quel tal comportamento arrogante veri motivi o conclamate ragioni su cui poggiarlo. Tutto ciò
è reso in italiano – volta a volta con
uno dei seguenti s.vi astratti o dai corrispondenti aggettivi. Abbiamo dunque
- alterígia s. f. a. sprezzante ostentazione di superiorità voce
derivata dall’agg.vo altero che è da alto (lat. altus) ;
- altezzosità/
alterezza s.f.a. il comportamento di chi o che à o rivela
un'alta opinione di sé; superbia e per
ampiamento, fierezza, orgoglio; anche
queste due voci sono derivate dall’agg.vo alto (lat. altus);
- albagía s.f. a. boria, presunzione,arroganza che derivano da una considerazione
troppo alta di sé; non tranquilla l’etimologia: qualcuno si trincera
(procurandomi attacchi d’orticaria…) dietro un etimo incerto o sconosciuto o
oscuro (inopinatamente cosí anche il D.E.I.), qualche altro postula una
derivazione da alba, attraverso un fantasioso significato di «vento dell’alba»;c’è infine chi propone
non disdicevolmente, una derivazione da albàgio (dal lat. albasius) sorta di panno elegante di colore bianco usato
nella confezione di abiti destinati alle persone di alto rango.
- arroganza s.f. a. atteggiamento borioso, superbo, supponente, spocchioso, tronfio,proprio
di chi è saccente, vanaglorioso,
vanitoso. Voce dal lat. arrogantia(m);
bòria s. f. astratto = atteggiamento
di superiorità, di ostentazione della propria posizione o dei propri meriti
veri o piú spesso presunti, ma millantati; altezzosità; l’etimo è forse, ma
fantasiosamente, dal lat. borea(m) 'vento di
tramontana', da cui 'aria (d'importanza)', ma un’altra scuola di pensiero
pensa, probabilmente piú giustamente, ad
un forma aggettivale (vapòrea) da un
iniziale vapor=vapore;benché sia
difficile decidere a quale idea
aderire.., molto mi stuzzica l’idea del vapore secondo il percorso vapòrea→(va)pòrea→pòria→bòria;
supèrbia s. f. astratto =
atteggiamento di superiorità, di ostentazione della propria posizione o dei
propri meriti veri o piú spesso presunti, ma millantati; eccessiva stima di sé
accompagnata da ambizione smodata e da disprezzo verso gli altri; voce che è
dal lat. superbia(m), deriv. di superbus 'superbo'.
Tutte
le voci dell’italiano esaminate si possono riferire indifferentemente sia a
soggetti maschili che a soggetti femminili,poi che la lingua italiana
non è attenta a sottigliezze distintive. Cosa molto diversa avviene con
l’idioma napoletano che volta a volta à voci diverse per indicare il comportamento di uomini o donne che nei rapporti interpersonali si mostrino
scostanti, antipatici, scorbutici, scontrosi, intrattabili o si relazionino con il prossimo da una posizione
arrogantemente boriosa; trattandosi di uomini le voci che piú si confanno sono
in ordine crescente
arbascía,
ària, auterézza, presumènzia,‘nfamità,sfarzètto
vàvia;
esaminiamole singolarmente:
arbascía s.f.
a. =
albagía, vanità, vanagloria, atteggiamento (tipico dell’uomo) di superbia, di boria,
di presunzione tenuto soprattutto nell’incedere o nel proporsi; la voce come l’ italiana albagia di cui appare adattamento attraverso
la rotacizzazione della liquida e la palatizazione della sillaba gía→scía,
quanto all’etimo risulta una
derivazione da albàgio (dal lat. albasius) sorta di panno elegante di
colore bianco usato nella confezione di abiti destinati alle persone di alto
rango.
ària,
s.f. a. = aspetto, atteggiamento vanitosi
(soprattutto degli uomini) ; apparenza, espressione di sussiego, contegno
grave e sostenuto, da cui traspare una spudorata altezzosità; voce derivata dal
lat. aëra, accus. alla greca di aer aëris masch., gr. ἀήρ.
auterézza, ,
s.f. a. = aspetto, atteggiamento
(soprattutto maschile: il corrispondente aspetto o atteggiamento riferito al sesso femminile è autanza) di
chi (uomo) abbia o riveli
un'alta opinione di sé; superbo, altezzoso;voce costruita su un lat. volg. *alteritia con il consueto passaggio di al a au come in auto che è da altus.
presumènzia,
s.f. a. = aspetto presuntuoso, atteggiamento
(soprattutto maschile: il corrispondente al femminile è ‘mpettatura) di chi à o
rivela un'alta opinione di sé;di chi inceda con andamento superbo ed altezzoso e si esprima presumendo troppo di sé, come chi creda di poter fare cose superiori alle
proprie capacità;voce costruita su un lat. volg. tardo *praesumentia(m),
deriv. di praesumíre 'presumere';
ufanità,/ofanità
, s.vo f.le astratto dalla doppia morfologia di cui la
seconda è un adattamento letterario della prima che è la voce piú usata nel
parlato;
1aspetto, atteggiamento
gradasso e sussiegoso (tipicamente
maschile; non esiste un corrispondente
al femminile),
2 boria,
vanagloria, vano orgoglio di chi, per eccessiva stima di sé e per il gusto di
essere lodato dagli altri, si vanta fatuamente di qualità e meriti inesistenti;
voce derivata dallo spagnolo ufanía di
significato analogo;
sfarzètto,
s.f. a. =
iattanza,alterigia, aspetto, atteggiamento
sussiegoso, (soprattutto maschile: il corrispondente al femminile è fummo) voce derivata quale diminutivo
(cfr. il suff. etto) dal s.vo sfarzo 'vanto infondato', deriv. di sfarzare
'simulare, ostentare', dallo sp. disfazar 'fingere, mascherare'
vàvia s. f. astratto = boria, presunzione,
alterigia, superbia,
arroganza, tracotanza, prosopopea, spocchia; sufficienza, sussiego; la voce a
margine (di pertinenza quasi esclusivamente maschile, ma talvolta anche femminile)
è un derivato di vava (bava)= liquido
viscoso che cola dalla bocca di taluni animali, spec. se idrofobi, o anche da
quella di bambini, vecchi, o di persone
che si trovino in un'anormale condizione fisica o psichica come càpita in chi
viva uno stato continuo di superbia tracotante; etimologicamente la voce a
margine si è formata partendo da *baba, voce onom. del linguaggio
infantile voce che in napoletano, con consueta alternanza b/v (cfr. bocca→vocca –
barca →varca etc.), diventa vava ed aggiungendovi il suffisso
latino atono delle voci astratte ia si ottiene vàvia; si fosse adottato
il suff. greco tonico si sarebbe
ottenuto vavía.
Esaminate
le voci di esclusiva (o quasi) pertinenza del maschile, passiamo a quelle usate
in riferimento alle donne che si
mostrino scostanti, antipatiche, scorbutiche, scontrose, intrattabili o si relazionino con il prossimo da una posizione
boriosa; per le donne si useranno volta a volta i sostantivi seguenti:
autanza,fummo,’mpettatura, scemanfú.
autanza ,
s.f. a. = aspetto, atteggiamento
(soprattutto di persona di sesso femminile: il corrispondente riferito al sesso maschile, come visto, è autérezza) di
chi à o rivela un'alta opinione di sé; superba, vacuamente
altezzosa;voce costruita marcandola su
un lat. volg. *alteritia con il consueto passaggio di al ad au come in auto che è da altus e con cambio di
suffisso usando cioè antia→anza dei sostantivi astratti(cfr. ignor-anza, iatt-anza, fall-anza etc.)in
luogo di itia→ezza;
fummo
s.m. a. = iattanza,alterigia, aspetto,
atteggiamento sussiegoso, (soprattutto femminile con il corrispondente al maschile in sfarzetto) di
chi à o rivela un'alta opinione di sé, opinione che in realtà
poggia sul nulla; la voce a margine in primis indica il residuo gassoso della
combustione, che trascina in sospensione particelle solide (ceneri, fuliggine
ecc.) assumendo forma di nuvola bianca o grigiastra: il fumo di un incendio,
di una ciminiera, di un camino | segnali di fumo, quelli
ottenuti soffocando parzialmente e a intermittenza un fuoco | far fumo,
emanarlo | prendere, sapere di fumo, acquistare, avere un sapore
sgradevole di fumo (detto di cibi cotti) | andare, andarsene in fumo,
bruciare completamente; (fig.) svanire, fallire | mannà ‘nfummo quaccosa,
bruciarla completamente; e figuratamente mandare
a vuoto, far fallire: |sempre figuratamente (ed è il caso che ci occupa) si dice di persona (donna) boriosa, ma di poco valore | vennere fumo, (fig.)
raccontare fandonie, vantarsi di un credito che non si à |assaje fummo e poco arrusto ( molto fumo e poco arrosto), (fig.)
si dice di persona o cosa che, nonostante l'apparenza, conclude o vale poco ed
in tal caso è riferito sia al maschile che al femminile | vedé quaccosa o
quaccuno come ô fummo dinto a ll’ uocchie (vedere qualcosa o qualcuno come il fumo
negli occhi), (fig.) averlo in forte antipatia | la voce a margine è dal lat. fumu(m) con
raddoppiamento espressivo della labiale.
‘mpettatura, s.f.
a. = aspetto,
atteggiamento fastidioso tipico di certe
donne che non solo incedono tenendo il corpo ben diritto ed il petto in fuori,
spec. per orgoglio o vanità, ma si relazionano con il prossimo con iattanza e/o
alterigia; voce costruita marcandola sul lat. in +pectus→’mpettus o meglio da un verbo(‘mpettí/irse?) da esso ricavato preceduto, come ò détto da
un in illativo e seguito dal suffisso latino ura che in origine serviva per la
formazione di parole deverbali per cui si può pensare che la voce a margine sia
scaturita da un verbo (‘mpettí/irse?) a
sua voltamarcato su pectus.
Tutte le voci fin qui esaminate (sia di pertinenza del
maschile che del femminile) sono voci antichissime già presenti e registrate
negli antichi calepini napoletani (D’Ambra – Volpe e altri); l’unica voce piú
recente (presente infatti solo nei dizionari piú moderni è la seguente
scemanfú
s.m. a. = aspetto
vanitoso, atteggiamento borioso e fastidioso tenuto da
certe donne che si pongono e si comportano
verso i terzi in maniera scostante, antipatica,
scorbutica, scontrosa, intrattabile; come ò détto è voce recente peraltro molto
usata ed espressiva, marcata sull’espressione francese je m’en fous (me ne frego locuzione verbale del riflessivo se foutre= fregarsene).
E qui avrei finito, ma mi piace aggiungere a margine di tutto
quanto fin qui détto una tipica espressione partenopea che sintetizza il disdicevole
comportamento di taluni (soprattutto
umini)che nei rapporti interpersonali si
mostrano scostanti, antipatici, scorbutici, scontrosi, intrattabili e si relazionano con il prossimo da una posizione
arrogantemente boriosa, boria che poggia però sul nulla, non avendo la persona
che inalberi quel tal comportamento arrogante, serii motivi o ragioni su cui poggiarlo.L’
espressione è
PIGLIÀ VAVIA E
METTERSE 'NGUARNASCIONA.
Letteralmente: prender bava (cioè boriarsi) e porsi in guarnacca. Id est: assumere aria e contegno da arrogante; lo si dice soprattutto di coloro che, saccenti e supponenti, essendo assurti per mera sorte o casualità a piccoli posti di preminenza, si atteggiano ad altezzosi ed onniscienti,cercando di imporre agli altri (sottoposti e/o conoscenti) il loro modo di veder le cose, se non la vita, laddove in realtà poggiano la loro albagía sul nulla.Tale vacuo atteggiamento è spesso proprio di coloro che soffrono di gravi complessi di inferiorità e che nella loro vita familiare non son tenuti in nessun cale ed in alcuna considerazione (cosa che fa aumentare nel loro animo esacerbato un senso di astio nei confronti dell’umanità tutta) di talché – appena ne ànno il destro - sfogano astio e malumore sui poveri sottoposti e/o conoscenti che però, ovviamente, si guardano bene dall’accettare o addirittura dal considerare ciò che i boriosi saccenti tentano di esporre o imporre.
Letteralmente: prender bava (cioè boriarsi) e porsi in guarnacca. Id est: assumere aria e contegno da arrogante; lo si dice soprattutto di coloro che, saccenti e supponenti, essendo assurti per mera sorte o casualità a piccoli posti di preminenza, si atteggiano ad altezzosi ed onniscienti,cercando di imporre agli altri (sottoposti e/o conoscenti) il loro modo di veder le cose, se non la vita, laddove in realtà poggiano la loro albagía sul nulla.Tale vacuo atteggiamento è spesso proprio di coloro che soffrono di gravi complessi di inferiorità e che nella loro vita familiare non son tenuti in nessun cale ed in alcuna considerazione (cosa che fa aumentare nel loro animo esacerbato un senso di astio nei confronti dell’umanità tutta) di talché – appena ne ànno il destro - sfogano astio e malumore sui poveri sottoposti e/o conoscenti che però, ovviamente, si guardano bene dall’accettare o addirittura dal considerare ciò che i boriosi saccenti tentano di esporre o imporre.
Mi limito qui ora, avendo già esaminato le voci boria, albagía e vavia, a prendere in esame la voce
guarnasciona s.vo f.le=guarnaccia,
elegante sopravveste medievale ampia e lunga,bordata di pelliccia portata soprattutto dagli uomini di riguardo; in realtà la voce a margine è un accrescitivo (cfr. il suff. one) formato partendo da un originario ant. provenz. guarnacha (da leggere guarnascia donde l’accrescitivo guarnasciona; guarnacha fu modellata sul lat. gaunaca(m) 'mantello di pelliccia',.
elegante sopravveste medievale ampia e lunga,bordata di pelliccia portata soprattutto dagli uomini di riguardo; in realtà la voce a margine è un accrescitivo (cfr. il suff. one) formato partendo da un originario ant. provenz. guarnacha (da leggere guarnascia donde l’accrescitivo guarnasciona; guarnacha fu modellata sul lat. gaunaca(m) 'mantello di pelliccia',.
A margine ed a completamento di quanto fin qui détto
ricordo il termine napoletano strafuttenza che è l’atteggiamento di chi dimostra una sfacciata
ed arrogante noncuranza degli altri, delle loro opinioni e dei loro diritti,è
il comportamento dell’ impudente, dello sfrontato, di chi manchi di pudore, di
ritegno, di chi sia sfacciato/a, spudorato/a, di chi (non tenendo in alcun
conto le opinioni, le idee, le raccomandazioni e/o i moniti altrui) abbia un
contegno insolente, sfacciato, impudente, impertinente, irriguardoso; tutto ciò
– mi ripeto - è détto, con icastico
sostantivo, in napoletano strafuttenza
voce approdata anche nell’italiano, ma
registrata come strafottenza,
sinonimo di menefreghismo,arroganza,impudenza, insolenza, impertinenza. Quanto
all’ etimo il s.vo f.le strafuttenza/strafottenza è un deverbale di strafottersene che è forma intransitiva pronominale di strafottere v. tr. [voce centro-merid., comp. di stra-
e fottere (dal lat. vol. (ex)tra+fottere)→strafottere] 1.
non comune propriamente, fottere piú volte. 2.
Come intr. pron., strafottersi,
infischiarsi: l’intimo degli uomini si strafotte
delle previsioni dei critici e vivaddio di ogni previsione (Boine);
com. soprattutto nell’espressione strafottersene di qualcuno,
di qualche cosa, non curarsene affatto,
infischiarsene, fregarsene: i’ me ne strafotto ‘e chello ca penza
‘a ggente; me ne strafotto ‘e tutto e ttutte (io me ne infischio di quello che pensa la gente;
me ne frego di tutto e di tutti). 3.
Con altro sign. nella locuz. avv., a strafottere, in gran
quantità: tène denare a strafottere(à
quattrini ad iosa).
Ed ora posso, penso, ben dire: Satis est convinto d’aver
soddisfatto l’amico G.V. ed interessato
qualche altro dei miei ventiquattro lettori
Raffaele Bracale
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