‘A MONACA D’’O BBAMMENIELLO
‘A monaca d’’o Bbammeniello: ògne nove mise, fasciatóre e savaniello!
Antichissima desueta espressione che tradotta letteralmente
suona:
La monaca del Bambin Gesú:
ogni nove mesi fasce e sottofasce; espressione che fino a tutti gli anni
cinquanta fu usata con sarcasmo nei confronti di spose
eccessivamente prolifiche ed usata altres
í, per traslato giocoso,
nei confronti di chiunque che,
per colpevole
iperattività in qualsivoglia campo d’azione,
necessitasse
di aiuti continui. L’espressione nacque in àmbito popolare
con malevola cattiveria,
chiamando
in causa le pie Suore del Bambino Ges
ú, dell’omonimo Istituto Suore del
Bambino Ges
ú sito in Napoli in
san Giovanni Maggiore Pignatelli
a
ridosso dell’Università degli Studi in pieno centro storico;
l’istituto
era
nato
(per opera di un tal Nicola Barrè dell’Ordine dei Minimi di s.
Francesco di Paola, noto professore di
teologia e Bibliotecario a Parigi) in Francia nel 1666,(con il fine
dell’assistenza ed istruzione di bambini,
ragazzi/e bisognosi) e solo nel 1906 era approdato in Italia,dapprima nel
Bergamasco e poi si era esteso , rispondendo agli appelli della Chiesa
Italiana, con molte comunità in Calabria
, nelle periferie di Roma, nel centro storico di Napoli ed in diversi luoghi
della regione campana , dove le pie
suore stavano accanto ai bambini, alle
famiglie in difficoltà , condividendo la vita delle persone semplici. e
distinguendosi per la catechesi e l’istruzione di tutti i ragazzi/e
e facendosi amare per la loro presenza fattiva nei confronti di tutti coloro che ne avevano bisogno; tra coloro
che si mostravano bisognosi di aiuto vi furono i primis le ragazze traviate che, per essere assistite,
venivano spesso accolte nell’istituto
(dove ricevevano accanto ad una migliore istruzione anche un avviamento ai
lavori donneschi) e poiché moltissime di esse vi entravano da gravide, diventando madri
nell’istituto, si diffuse l’infame credenza che i bimbi generati lo
fossero stati, non dalle ragazze madri accolte nell’istituto, ma dalle stesse
monache del Bambino Gesù e si coniò
persino, con inusuale cattiveria,(per un popolo come il napoletano sempre
paziente e comprensivo difronte ai casi della vita...), si coniò persino l’espressione in epigrafe con la quale si fa riferimento al continuo
sciorinio di fasce e sottofasce imbandierate alle finestre del’Istituto.
monaca
s.f. suora,
appartenente a un ordine monastico femminile;
voce che è dal lat. tardo monacha(m), che è dal gr. monaché;
fasciatóre s. f. plurale di fasciatóra =fascia per neonato, striscia di tessuto robusto usata un tempo per avvolgere strettamente i
neonati; quanto all’etimo si tratta di
un deverbale di fasciare (dal lat.
tardo fasciare ) aggiungendo al part. pass. fasciato il suff. ora usato
per ottenere dei sostantivi verbali;
savaniello/
savanella s. m.o f. sottofascia, topponcino, pannolino in cui
avvolgere il bacino del neonato prima fasciarlo; quanto all’etimo si tratta di un
derivato dello spagnolo sabanilla; da
notare che la voce savaniello maschilizzazione dell’originaria savanella fu coniato per indicare un pannolino alquanto
piú piccolo della corrispondente voce
femm.le savanella che indicò un
pannolino piú ampio secondo il noto criterio che in napoletano considera femminile un oggetto piú
grande del corrispondente maschile (es.: tammurro
piú piccolo – tammorra piú
grande, tino piú piccolo – tina
piú grande, carretto piú piccolo – carrettapiú grande etc.) Brak
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