SFORTUNA e dintorni
Anche questa volta mi trovo a raccogliere una garbata provocazione
del mio caro amico P.D.F.(i consueti problemi di riservatezza mi
costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) che,memore ch’io
abbia piú volte affermato che il napoletano sia piú preciso e circostanziato
dell’italiano, mi à sfidato ad elencare
ed a parlare delle eventuali voci del
napoletano che rendano piú acconciamente
quella italiana dell’epigrafe.
Come ò già détto alibi e qui ripeto il
caro amico – come diciamo dalle mie parti -
m’ à rattato addó me prore
(letteralmente: mi à grattato dove mi prude, id est: mi à sollecitato sul
mio terreno preferito) per cui raccolgo pure questo guanto di sfida cominciando con il dire che in napoletano sfortuna
si può rendere, a seconda del grado della
cattiva fortuna, della sorte avversa da cui si sia perseguitati in uno dei
seguenti modi:
disgrazzia, gliannola/gliànnula, iella,
pioneca, sbentura, scalogna, scajenza, schiúoppeto,trunata.
Comincio con l’esame
delle voci piú generiche per poi soffermarmi sulle altre; abbiamo dunque: disgrazzia e sbentura che sono s.vi f.li usati per
indicare qualsivoglia mala ventura, sorte avversa, apportatrici di
infelicità e/o disagio; piú esattamente disgrazzia s.vo f.le è 1) in primis e genericamente lo stato di privazione della benevolenza, della simpatia, del favore da
parte di altra persona; 2) piú determinatamente, la sfortuna, la sventura, la cattiva sorte sventura che colpisca,
specialmente nello stato domestico o economico; la voce è composta da dis- (dal lat. dis-,
che si riduceva a di- davanti a consonante sonora, si assimilava davanti a f
(come in differre, difficĭlis), e in qualche caso si mutava in dir- (come in
emĕre - dirimĕre), prefisso verbale e nominale che in molti vocaboli derivati
dal latino o formati modernamente indica separazione (per es. disgiungere),
dispersione e grazzia[dal
lat. gratia, der. di gratus «gradito; riconoscente.];sbentura s.vo f.le caso, avvenimento, circostanza che arreca danno e/o
dolore; molestia, grave avversità,
disgrazia; voce dal lat. ventūra→bentūra,
neutro pl. di venturus (v. venturo): propr. «le cose che verranno», quindi «il
futuro» con protesi di una esse distrattiva. Proseguimo trattando le voci piú
circiostanziate:
gliannola/gliànnula s.vo f.le 1)in primis ghiandola, gozzo;
2)per traslato come nel caso che ci occupa malanno fisico che ingeneri fastidio, disagio, molestia, noia, scocciatura, seccatura,
come – nella fattispecie l’ingrossamento ed il turgore morboso di gola e/o
tonsille; voce dal lat. med. glangula-m per glandula-m.
iella, s.vo f.le cattiva fortuna, sorte avversa,stortura, disdetta, annullamento, rescissione; lo si usa con riferimento ad avvenimenti che ex abrupto e
senza ragionevole o convincente spiegazione si mutino da positivi in negativi;
voce da una base greca antica kellós (storto) [cfr. Rohlfs 1977].
pioneca, s.vo f.le1)in primis sbornia, avventatezza di ubriaco; 2)per traslato come nel caso che ci occupa
miseria, sfortuna continuata al giuoco intesa procurata da sbadataggine, imprevidenza, imprudenza, leggerezza,
sconsideratezza tipiche dell’ubriaco; voce da un lat. med. plionica-m→p(l)ionica-m→pionica-m→pioneca.
scalogna,
s.vo f.le persistente iattura, danno, guaio o malaventura che perseguiti un
individuo senza che se ne possano stabilire genesi o motivo.voce dal lat. ascalōnia (cepa) "(cipolla) di
Ascalona", antica città della Palestina, di cui è originario il bulbo edibile; semanticamente
la voce in esame si collega alla cipolla per la sgradevolezza vuoi della
iattura che del bulbo che se affettato induce alla lacrimazione.
scajenza,
s.vo f.le 1)in
primis miseria, povertà continuata indotta da disgrazia o sfortuna addebitabili però ad
proprio errato comportamento; 2)per
estensione riduzione di valore, di qualità
e d’importanza, o perdita in tutto o in parte dell credito e/o del prestigio
precedentemente goduti; voce dal lat. ex-cadentia-m
schiúoppeto
s.vo m.le, avvenimento spiacevole, di cui non si à colpa o
responsabilità; contrattempo increscioso che si verifichi d’improvviso ed
inopinatamente; voce deverbale di schiuppà a sua volta deniminale del lat. sclŏppus→schioppo→schioppare→schiuppà,
voce onomatopeica;
trunata
s.vo f.le1)in
primis deflagrazione,
scoppio inatteso; 2)per estensione improvvisa notizia di un malanno
di un’avversità, una disgrazia, un guaio, una sventura., una calamità personale e
collettiva , che lasci sorpresi e sgomenti; voce denominale di truono lettura
metatetica del lat. tonĭtrus
E qui faccio punto fermo augurandomi d’essere stato chiaro ed
esauriente ed aver soddisfatto la curiosità dell’amico P.D.F. quella dei miei ventiquattro lettori e di chi forte si imbattesse in queste
tre paginette.Satis est.
R.Bracale Brak
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