venerdì 17 aprile 2020

SFORTUNA e dintorni


SFORTUNA e dintorni

Anche questa   volta mi trovo a  raccogliere una garbata  provocazione  del mio caro amico P.D.F.(i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) che,memore ch’io abbia piú volte affermato che il napoletano sia piú preciso e circostanziato dell’italiano, mi à sfidato  ad elencare ed a  parlare delle eventuali voci del napoletano che rendano piú acconciamente  quella  italiana dell’epigrafe. Come ò già détto alibi e qui ripeto  il caro amico – come diciamo dalle mie parti -  m’ à rattato addó me prore (letteralmente: mi à grattato dove mi prude, id est: mi à sollecitato sul mio terreno preferito) per cui raccolgo pure questo   guanto di sfida cominciando con il dire che in napoletano sfortuna si può rendere,  a seconda del grado della cattiva fortuna, della sorte avversa da cui si sia perseguitati in uno dei seguenti modi:
 disgrazzia, gliannola/gliànnula, iella, pioneca, sbentura, scalogna, scajenza, schiúoppeto,trunata.
Comincio con l’esame delle voci piú generiche per poi soffermarmi sulle altre; abbiamo dunque: disgrazzia  e sbentura  che sono s.vi f.li usati per indicare  qualsivoglia mala ventura, sorte avversa, apportatrici di infelicità e/o disagio;  piú esattamente disgrazzia s.vo f.le  è 1) in primis e genericamente  lo stato di privazione della benevolenza, della simpatia, del favore da parte di altra persona; 2) piú determinatamente, la sfortuna, la sventura,  la cattiva sorte sventura che colpisca, specialmente nello stato domestico o economico; la voce è composta da dis- (dal lat. dis-, che si riduceva a di- davanti a consonante sonora, si assimilava davanti a f (come in differre, difficĭlis), e in qualche caso si mutava in dir- (come in emĕre - dirimĕre), prefisso verbale e nominale che in molti vocaboli derivati dal latino o formati modernamente indica separazione (per es. disgiungere), dispersione e grazzia[dal lat. gratia, der. di gratus «gradito; riconoscente.];sbentura s.vo f.le caso, avvenimento, circostanza che arreca danno e/o dolore; molestia,  grave avversità, disgrazia; voce  dal lat. ventūra→bentūra, neutro pl. di venturus (v. venturo): propr. «le cose che verranno», quindi «il futuro» con protesi di una esse distrattiva. Proseguimo trattando le voci piú circiostanziate:
gliannola/gliànnula s.vo f.le 1)in primis ghiandola, gozzo;
2)per traslato come nel caso che ci occupa malanno fisico che ingeneri fastidio, disagio, molestia, noia, scocciatura, seccatura, come – nella fattispecie l’ingrossamento ed il turgore morboso di gola e/o tonsille; voce dal lat. med. glangula-m per glandula-m.
 iella, s.vo f.le cattiva fortuna, sorte avversa,stortura, disdetta, annullamento, rescissione; lo si usa con  riferimento ad avvenimenti che ex abrupto e senza ragionevole o convincente spiegazione si mutino da positivi in negativi; voce da una base greca antica kellós (storto) [cfr. Rohlfs 1977].
 pioneca, s.vo f.le1)in primis sbornia, avventatezza di ubriaco; 2)per traslato come nel caso che ci occupa miseria, sfortuna continuata al giuoco intesa procurata da sbadataggine, imprevidenza, imprudenza, leggerezza, sconsideratezza tipiche dell’ubriaco; voce da un lat. med. plionica-m→p(l)ionica-m→pionica-m→pioneca.
scalogna, s.vo f.le  persistente iattura, danno,  guaio o malaventura che perseguiti un individuo senza che se ne possano stabilire genesi o motivo.voce dal lat. ascalōnia (cepa) "(cipolla) di Ascalona", antica città della Palestina, di cui è  originario il bulbo edibile; semanticamente la voce in esame si collega alla cipolla per la sgradevolezza vuoi della iattura che del bulbo che se affettato induce alla lacrimazione.
scajenza, s.vo f.le 1)in primis miseria, povertà continuata  indotta da disgrazia o sfortuna  addebitabili però  ad  proprio errato   comportamento; 2)per estensione riduzione di valore, di qualità e d’importanza, o perdita in tutto o in parte dell credito e/o del prestigio precedentemente goduti; voce dal lat. ex-cadentia-m
schiúoppeto s.vo m.le, avvenimento spiacevole, di cui non si à colpa o responsabilità; contrattempo increscioso che si verifichi d’improvviso ed inopinatamente; voce deverbale di schiuppà a sua volta deniminale  del lat. sclŏppus→schioppo→schioppare→schiuppà, voce onomatopeica;
trunata s.vo f.le1)in primis deflagrazione, scoppio inatteso; 2)per estensione improvvisa notizia di un malanno di un’avversità, una  disgrazia, un guaio, una  sventura., una calamità personale e collettiva , che lasci sorpresi e sgomenti; voce denominale di truono lettura metatetica del  lat. tonĭtrus
E qui faccio punto fermo augurandomi d’essere stato chiaro ed esauriente ed aver soddisfatto la curiosità dell’amico P.D.F.   quella dei miei ventiquattro lettori  e di chi forte si imbattesse in queste  tre paginette.Satis est.
R.Bracale Brak

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