SPIGGÏARSE – significato ed etimologia
Sarebbe inutile cercare nei vari lessici della parlata napoletana il verbo in epigrafe. Infatti tutti i calepini in commercio (con la sola eccezione del piccolo DIZIONARIO ETIMOLOGICO NAPOLETANO (nov. 2004) curato dall’amico prof. Carlo Iandolo, che accoglie il termine, ma – quanto all’etimologia si salva e nasconde dietro un etimo incerto) ànno il torto di registrare solo i lemmi rinvenuti nei classici e soprattutto in quelli piú datati ed accolti nell’ Olimpo della letteratura napoletana, e tengono in non cale i vocaboli piú recenti formatisi nel linguaggio in uso nel popolo (che è poi quello che invece fa la lingua...) a far tempo dagli anni 1940 e ss., vocaboli ingiustamente ritenuti non confacenti con la purezza della parlata napoletana. A mio avviso è sciocco tale comportamento, perché qualsiasi linguaggio vero ed il napoletano lo è non può ridursi ad un linguaggio morto, ma si deve rinnovare e si rinnova giorno per giorno sulla bocca di chi l’usa e non solo sulle sudate carte di chi, proclamatosi professore, si arroghi il diritto di essere il notaio ed il conservatore di una parlata che, a ben riflettere, sarebbe morta se restasse fedele a se stessa in eterno.
Ciò premesso, veniamo al verbo spiggïarse.
Chiariamo subito che esso vive esclusivamente nella forma riflessiva connotando un’azione che nata dal soggetto, ricade sul medesimo e non è pensabile in altra forma attiva o passiva che sia; insomma, diremo a mo’ d’esempio che Tizio può spiggïarse, ma mai può spiggïare qualcuno o essere spiggïato.
E veniamo al significato. Nel parlato corrente chi se spiggea è lo smanceroso, lo smorfioso che assume con tutta la persona atteggiamenti di dispetto, scherno o soltanto pose e movenze strane, non al fine di dileggiare, ma di conseguire un vantaggio o un risultato positivo; tali atteggiamenti vengono assunti non solo dalla faccia, ma anche dalle restanti parti del corpo, tanto è vero che si usa dire che ci si spiggea sano sano nel senso non della salute, ma della totalità del corpo(sano infatti, in napoletano è intero, tutt’intero, non essendo l'opposto di malato, ma di rotto); a mo’ di completezza diremo che un uomo si spiggea quando con un artefatto atteggiamento tenti di far colpo su di una donna, cercando, attraverso innaturali, fittizie movenze di apparire piú bello o piú simpatico di quel che sia, mentre un ragazzo ca se spiggea, di solito lo fa tentando di assumere le movenze di un adulto, per esser maggiormente considerato dai suoi coetanei etc. etc.
Per ciò che attiene all’etimologia del verbo, al momento, purtroppo,brancolo nel buio,ma trattandosi di voce piuttosto recente e popolaresca, mi sentirei, sulle prime, di escluderne derivazioni dotte dal latino o dal greco e propenderei per una culla francese od inglese o anche tedesca.
Sarebbe inutile cercare nei vari lessici della parlata napoletana il verbo in epigrafe. Infatti tutti i calepini in commercio (con la sola eccezione del piccolo DIZIONARIO ETIMOLOGICO NAPOLETANO (nov. 2004) curato dall’amico prof. Carlo Iandolo, che accoglie il termine, ma – quanto all’etimologia si salva e nasconde dietro un etimo incerto) ànno il torto di registrare solo i lemmi rinvenuti nei classici e soprattutto in quelli piú datati ed accolti nell’ Olimpo della letteratura napoletana, e tengono in non cale i vocaboli piú recenti formatisi nel linguaggio in uso nel popolo (che è poi quello che invece fa la lingua...) a far tempo dagli anni 1940 e ss., vocaboli ingiustamente ritenuti non confacenti con la purezza della parlata napoletana. A mio avviso è sciocco tale comportamento, perché qualsiasi linguaggio vero ed il napoletano lo è non può ridursi ad un linguaggio morto, ma si deve rinnovare e si rinnova giorno per giorno sulla bocca di chi l’usa e non solo sulle sudate carte di chi, proclamatosi professore, si arroghi il diritto di essere il notaio ed il conservatore di una parlata che, a ben riflettere, sarebbe morta se restasse fedele a se stessa in eterno.
Ciò premesso, veniamo al verbo spiggïarse.
Chiariamo subito che esso vive esclusivamente nella forma riflessiva connotando un’azione che nata dal soggetto, ricade sul medesimo e non è pensabile in altra forma attiva o passiva che sia; insomma, diremo a mo’ d’esempio che Tizio può spiggïarse, ma mai può spiggïare qualcuno o essere spiggïato.
E veniamo al significato. Nel parlato corrente chi se spiggea è lo smanceroso, lo smorfioso che assume con tutta la persona atteggiamenti di dispetto, scherno o soltanto pose e movenze strane, non al fine di dileggiare, ma di conseguire un vantaggio o un risultato positivo; tali atteggiamenti vengono assunti non solo dalla faccia, ma anche dalle restanti parti del corpo, tanto è vero che si usa dire che ci si spiggea sano sano nel senso non della salute, ma della totalità del corpo(sano infatti, in napoletano è intero, tutt’intero, non essendo l'opposto di malato, ma di rotto); a mo’ di completezza diremo che un uomo si spiggea quando con un artefatto atteggiamento tenti di far colpo su di una donna, cercando, attraverso innaturali, fittizie movenze di apparire piú bello o piú simpatico di quel che sia, mentre un ragazzo ca se spiggea, di solito lo fa tentando di assumere le movenze di un adulto, per esser maggiormente considerato dai suoi coetanei etc. etc.
Per ciò che attiene all’etimologia del verbo, al momento, purtroppo,brancolo nel buio,ma trattandosi di voce piuttosto recente e popolaresca, mi sentirei, sulle prime, di escluderne derivazioni dotte dal latino o dal greco e propenderei per una culla francese od inglese o anche tedesca.
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