TIRÀ 'A RECCHIA
Ancóra una
volta tenterò di dare adeguata risposta ad un quesito dell’amico P.G. (al solito, motivi di
riservatezza mi impongono di riportar
solo le iniziali di nome e cognome di chi mi scrive per sollecitar ricerche)
che mi à chiesto di mettere a fuoco portata, significato e valenza dell’ antica espressione partenopea in epigrafe,
molto usata un tempo e che ancóra si puó cogliere sulle labbra dei napoletani
d’antan. Gli ò risposto:
Ad litteram: tirare
l'orecchio ma il padiglione auricolare
non c'entra nulla; la locuzione è un simpatico modo di dire per intendere:
giocare a carte, con riferimento al noto tipico movimento che compiono le mani
per spizzicare, spillare o succhiellare le carte
tenute con una mano, mentre con l'altra si stropicciano l'una contro
l'altra stringendone l'angolo superiore , per solito, destro e soffregandolo contro il similare di un'
altra carta, tenuta sotto, per scoprire
lentamente il seme ed il valore della carta nascosta; la posizione dell'angolo
fa pensare quasi che si tratti di un
metaforico orecchio della carta da giuoco che nell’atto del succhiellamento
venga tirato. Rammento in coda che nel
napoletano lo spizzicare, spillare o succhiellare le carte
è reso con il verbo terzià oppure trezzià ‘e ccarte. Quanto all’etimo del verbo terzià/trezzià
non c’è identità di vedute: il Giammarinaro vi lègge un lat. reg. tortiāre= torcere per il classico torquēre; Iandolo ipotizza uno spagnolo torcer= porre di sbieco; altri e
modestamente io con loro vi leggono un classicissimo lat. tertiare,
der. di tertius «terzo» che di per sé indica nella terminologia agraria del passato, l’arare per
la terza volta un campo in senso normale alla direzione precedente, ma che per
analogia semanticamente puó accostarsi al movimento reiterato di chi spizzicando, spillando
o succhiellando le carte le fa
strusciare fra di loro nel medesimo punto e direzione sino a che non scopra
seme e valore della carta sottostante.
E
qui giunto mi fermo convinto d’avere esaurito l’argomento, d’aver adeguatamente risposto al quesito
dell’amico P.G. e sperando d’avere
interessato i miei consueti ventiquattro
lettori.
Satis est.
R.Bracale
Brak
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