SCIORBA
– SCIORBACCA
Nei primi anni
’60 del 1900 quando ancóra a Porta
Capuana, una delle piú note zone popolari della città bassa, veniva celebrata la festività
dell’Assunta, con festa, luminarie e processione della statua della
Vergine dormiente e poi di quella della Vergine destata con ai piedi delle pianelle consunte, per averle usate
durante la notte della sua dormitio, per recarsi a far visita ai derelitti
figli d’’a Maronna accolti e cresciuti
nella vicinissima Casa Santa dell’ Annunziata istituzione benefica nata
nel XIV secolo, insieme all'annessa Chiesa, come istituzione assistenziale per
la cura dell'infanzia abbandonata.Détta Casa fu ricostruita una prima volta nel
XVI secolo in forme rinascimentali e poi nel XVIII secolo dopo un incendio, da Luigi e
Carlo Vanvitelli. Dal monumentale cortile della Casa si accedeva alla "Ruota" lignea che era quella
che accoglieva i bambini abbandonati che
venivano introdotti in una sorta di tamburo di legno, di ovvia forma cilindrica e raccolti all'interno da
monache e bàlie, avvertite dal suono
della campanella annessa alla ruota, monache
e bàlie pronte ad intervenire ad ogni
chiamata. All'esterno, al di sopra della ruota, vi era un puttino di marmo con
un cartiglio dittante: "O padre e
madre che qui ne gettate, alle vostre Limosine
siamo raccomandati". All’interno proprio accanto alla bocca della
ruota v’è una fontanella dove gli abbandonati ricevevano per mano delle
medesime monache e bàlie, illico et immediate, appena raccolti, il santo Battesimo ed una sommaria prima abluzione.Gli ospiti dell'istituzione venivano chiamati "Figli della Madonna", "Figli d'Annunziata", o "Esposti" e godevano di particolari privilegi. Alcuni venivano trovati con al collo un foglio di carta con il nome dei genitori, o portavano con sé qualche pezzo d'oro o d'argento. Tutto quello che indossavano e qualsiasi segno particolare, veniva annotato in un libro, in modo da rendere piú facile in futuro un eventuale riconoscimento da parte dei genitori pentiti dell’abbandono . La "Ruota" con il suo triste fascino, era una delle piú note d'Italia e non venne piú utilizzata dal 22 giugno 1875. La basilica attuale fa parte di un vasto complesso monumentale costituito in origine, oltre che dalla chiesa, da un ospedale, un convento, un ospizio per i trovatelli ed un "conservatorio" per le esposte (le ragazze povere e/o prive di famiglia, che venivano internate per conservarne la virtù, ma anche fornite di una piccola dote per essere maritate; tali ragazze (una volta che fossero in età da marito) erano, durante un’annuale cerimonia che si teneva il 5 agosto giorno della festività della Madonna Annunziata, presentate a pretendenti [spesso sottoufficiali provenienti dall’Accademia militare della Nunziatella] che sceglievano la propria sposa lanciando un fazzoletto di seta alla ragazza prescelta).L'istituzione, dedicata alla cura dell'infanzia abbandonata, era patrocinata dalla Congregazione della Santissima Annunziata, fondata nel 1318. Nel 1343 la regina Sancia di Maiorca, moglie di Roberto d'Angiò, provvide a dotare la congregazione, che crebbe, da allora, all'ombra dei re di Napoli, assumendo la veste giuridica di Real Casa dell’Annunziata di Napoli.
La congregazione, sostenuta dalle famiglie nobili di Napoli, fu ricca ed ebbe vita assai lunga, giungendo fino a metà del Novecento.
Nei secoli gli edifici che costituivano il complesso furono variamente rimaneggiati: l'edificio che ancora oggi ospita l'ospedale ginecologico e pediatrico fu restaurato ancóra a metà del XVIII sec. dai Borbone, come recitano le iscrizioni del cortile interno.
Ma questo è un altro discorso.
Torniamo alla festa
dell’Assunta a Porta Capuana. Lí in una delle ultime (1964 o 1965, non
ricordo) processioni con il simulacro della Vergine dormiente, nel transitare accanto
ad una bettola dove si servivano in
ciotole di coccio, su di un lettuccio di spezzettate freselle, polpo bollito con il suo brodo e zuppe di
cozze udii le parole in epigrafe, parole non piú udite alibi o ritrovate negli scritti sia pure di autori
figli del popolo (Petito, Altavilla, Scarpetta). Quando le udii la prima volta
non ne compresi súbito il significato,
ma esso mi fu chiarito da un avventore
della bettola che per festeggiare
l’Assunta e lenire i morsi della fame, consumava del polpo bollito ed una zuppa di cozze lesse
con un suo sughetto forte di pomidoro e peperoni piccanti; l’avventore indicandomi la scodella con la zuppetta di
cozze disse:È chesta, è chesta ‘a
sciorba!( È questa, è questa la sciorba!) Io che all’epoca conoscevo solo
l’assonante sciorda (sciolta, diarrea) ne presi perciò a ridere, ma una volta che superai la confusione, seppi alfine che la parola sciorba
valeva zuppa ed ovviamente la voce
sciorbacca, con quel suo suffisso dispregiativo (acca) valeva zuppa pessima.
Riascoltai un
paio di anni piú tardi e sempre nella medesima zona le voci in epigrafe, ma
questa volta sulla bocca di alcuni giovinastri e non riferite a polpi o cozze
bolliti o in zuppa, bensí per evidente traslato semantico, nei confronti di una
donna non avvenente ed a maggior disdoro lamentosa, fastidiosa e lutulenta tal
quale una sciorba(zuppa). Oggi a
Napoli di una tale donna (seppure inelegantemente si direbbe: “Lète, le’ ca sî ‘na zuppa!” (Lèvati,
lèvati,togliti via,sparisci giacché sei
una zuppa!) Temporibus illis a Porta Capuana si disse analogamente Lète, le’ ca sî ‘na sciòrbacca!
Sono trascorsi
ormai piú di quarantanni e non so se a Porta Capuana c’è ancóra qualcuno che
usi le voci in epigrafe. Forse no, ma me ne dispiace; ò sempre ritenuto la voce
sciorba ed il dispregiativo sciorbacca due parole interessanti degne
di entrare nell’olimpo della parlata napoletana e non condannate a restare nel
limbo delle voci familiari e/o rionali. Per quanto riguarda l’etimo ritengo che
la voce sciorba debba derivare ,
nel significato di zuppa,, dall’arabo-persiano sciorbah
o tsciorbach che à fornito
chiaramente sciorbacca; le voci sciorbah
o tsciorbach traggono origine da un tema verbale sciaríba= bere in quanto in origine si
trattava di zuppa molto liquida; con il medesimo termine sciorbah o tsciorbach in Turchia si indica una lenta vivanda a
base di riso.
Purtroppo tutto
passa, dilegua e sparisce.E pazienza se la parlata napoletana che fu majateca, ricca di parole e di sonorità espressive si impoverisce
ogni giorno di piú, come si sono impoverite le tante feste religiose e popolari
della città di Napoli e nessuno piú ci ridarà la processione della Vergine
dormiente e della Vergine con le pianelle sporche. Pazienza: c’est la vie!
Raffaele
Bracale
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